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Santa Marta, non va per niente bene

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Sul gusto quanto meno opinabile del progetto di piazza proposto per l’area del Santa Marta, la discussione è aperta da giorni. Tra i molti che lo bocciano e i pochi che lo salvano, il progetto firmato da Giuseppe Scannella tiene ormai banco facendo passare in secondo piano le questioni di metodo e di legittimità relative sia all’intervento di demolizione della parte novecentesca dell’ospedale sia alla successiva ‘riqualificazione’.

Eppure si tratta di questioni non marginali.

Come da tempo segnaliamo, il presidente Musumeci, ‘uomo del fare’, non avrebbe la competenza per prendere decisioni di natura urbanistica, che spettano ai cittadini e a chi li rappresenta, cioè al Consiglio Comunale.

Eppure non solo continua a decidere cosa fare della città, ma porta avanti i suoi interventi senza alcun rispetto dei vincoli normativi.

In centro storico, ad esempio, e in particolare in zona A, sono ammessi solo interventi di restauro, ripristino e risanamento conservativo, e quest’ultimo soltanto in presenza di un piano particolareggiato che non ci risulta sia stato redatto.

A chiedere che venisse formulata una attenta analisi dell’area o quanto meno dell’intero isolato, prima di intervenire, era stato anche un appello di 50 esperti, architetti, storici dell’arte, secondo i quali l’intervento singolo doveva inserirsi, come la tessera di un mosaico, “all’interno di un disegno complessivo, dotato di senso e di finalità”.

Cosa abbiamo avuto, invece? Ruspe in azione e la presentazione di un progetto di piazza da realizzare al posto dell’edificio demolito.

Eppure era stata messa in discussione, dagli studiosi, la stessa idea della piazza, che avrebbe creato un vuoto incongruo in un constesto storicamente caratterizzato da corti interne e da edificazione a cortina lungo gli assi viari.

Ma il Presidente ha fretta, cerca e trova sponda nel sindaco Pogliese, che si dichiara d’accordo con qualunque proposta, ignora la richiesta di un progetto “omogeneo, serio, condiviso e durevole” dell’area e dimentica quali siano i ruoli e le funzioni istituzionali.

E dietro tutto questo il sospetto che si voglia anche aprire la strada a successivi interventi privati, come da noi segnalato e paventato dai firmatari dell’appello di agosto, e come ventilato dallo stesso Pogliese, che . in conferenza stampa – ha parlato di ‘effetto domino’ sulla zona, in grado di coinvolgere anche l’edilizia privata.

Ancora. Invece di indire la “gara di progettazione” da lui stesso preannunciata, Musumeci avvia una assegnazione diretta di incarico ad un professionista di fiducia, scelta non illegittima ma di certo poco trasparente.

Eppure c’era, anche su questo, una strada indicata dagli esperti e dagli ordini professionali, quella del ‘concorso di idee’, una tipologia sostanzialmente aperta a tutti i professionisti, anche quelli più giovani o che hanno piccoli studi, meno esclusiva della ‘gara di progettazione’, di fatto riservata a professionisti che hanno un certo fatturato o hanno già realizzato lavori simili.

Assegnando l’esecuzione del progetto all’architetto Scannella, il presidente della Regione ha di fatto aperto una discussione di merito sul progetto stesso e sulla sua qualità artistica. E nel dibattere e prendere posizione, favorevole o contraria al progetto, la città ha l’illusione di stare partecipando al processo decisionale mentre sta solo occupandosi delle ricadute estetiche, dopo aver lasciato le vere decisioni, di cui è stata espropriata, nelle mani del Presidente.

Un vulnus non indifferente alla stessa democrazia, essendo stato ignorato il ruolo dell’organo rappresentativo dei cittadini.

E, come se non bastasse, sulla demolizione del corpo novecentesco abbiamo un parere positivo (da noi ottenuto con richiesta di accesso agli atti) della Soprintendenza, che non ci risulta, però, sia stata coinvolta nel merito della successiva fase di ricostruzione.

La Soprintendenza concede l’autorizzazione a fronte di alcune garanzie e cautele da adottare, troppo poco, comunque, per un’area ancora non esplorata dal punto di vista archeologico.

Oggi i cittadini possono attivarsi per bloccare il progetto di piazza firmando una delle petizioni lanciate on line, ma non dovrebbero considerare concluso così il proprio ruolo. La partecipazione è una cosa seria e richiede impegno costante.

Quanto alle istituzioni, dovrebbero rendere conto ai cittadini della loro funzione. Spesso invece tacciono, come l’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente, con ruolo di controllo sull’operato delle amministrazioni locali, che non ha dato neanche un cenno di risposta al nostro documentato esposto sul caso Santa Marta.

2 Comments

  1. Condivido pienamente tutto quanto scritto in questo articolo.
    Mi ci riconosco, anche in quanto firmataria del documento, personalmente, quale architetto, docente universitario, a riposo da poco, ricercatrice e in quanto iscritta a e componente del direttivo di Italia Nostra, sezione di Catania.
    Una sola notazione in aggiunta a quanto ho letto: non solo in materia di urbanistica la Presidenza della Regione ritiene di poter prevalere sul diritto della città, del Comune e del suo Consiglio Comunale; ma anche in materia di Architettura Urbana e di Architettura degli edifici pubblici.
    Aggiungo che è Urbanistica, nell’accezione di “funzionamento della città, l’atto di destinare aree ed edifici a funzioni. Queste decisioni non possono essere prese al di fuori di una strategia di piano complessiva, del quale la singola allocazione di funzioni non può che essere la ricaduta coerente.
    Aggiungo ancora che mi stupisce l’espressione del parere favorevole della Soprintendenza in merito alla demolizione dell’edificio esistente: esiste una relazione critico-descrittiva che lo ha supportato? Mi incuriosisce ancora di più che un Soprintendente archeologo possa aver espresso parere favorevole per l’edificazione di un apparato edilizio che richieda scavi in fondazione in un’area ad alto tenore di presenze archeologiche nel sottosuolo. Laddove le fondazioni dell’edificio in corso di demolizione ormai sono un dato di fatto. E-mi chiedo- fra le pratiche del progetto architettonico come mai non è stata contemplata la strada della RIPROGETTAZIONE, della rivisitazione tipo-morfologica, in inglese REDESIGN e in francese REMODELAGE?

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