Esperienze di preti che vogliono continuare a vivere la propria scelta sacerdotale senza nascondere, innanzitutto a se stessi, la propria omosessualità sono raccolte in “Sarà mai una grazia la diversità? Sacerdozio e omosessualità”, pubblicato da “La Meridiana”.
Anche l’autore è un prete, che si firma con un nome di fantasia, Andrea Viatore.
“Non ho più accettato né cercato avventure, ma amicizie che avessero una durata nel tempo… compatibili con il ministero (…). Tenendo presente l’attuale disciplina per i preti di rito romano, non vedo altra possibilità se non aderire al celibato, ma non a discapito della mia umanità. La fedeltà a Cristo è ben altro”, scrive don Beniamino sulla difficoltà di conciliare omosessualità e sacerdozio.
C’è chi, invece, si dice sereno per avere trovato un punto di equilibrio: “Ho deciso di scrivere la mia storia perché attraverso essa ho capito il valore della vita e che Dio vuole la felicità di ogni persona, etero o gay che sia. Ho avuto la fortuna – per me si chiama provvidenza divina – di conoscere l’amore e, attraverso esso, riconciliarmi con la mia natura a tal punto da scoprire che ciò che mi spaventava – essere omosessuale – è ciò che mi arricchisce. Penso infatti di essere diventato un prete migliore, da quando ho riconosciuto, accettato e vissuto la mia omosessualità, perché posso comprendere le persone e la vita a partire dalla realtà del proprio essere. Non posso più credere che Dio non ami ciò che ha creato”.
I preti omosessuali che si sono raccontati in questo libro sono consapevoli della posizione intransigente della Chiesa ufficiale che continua a ritenere inconciliabile il sacerdozio con “coloro che praticano l’omosessualità o che presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay” (Congregazione per l’educazione cattolica, 4/11/2005).
Sperano tuttavia che, per il principio dell’accoglienza, valore supremo della cristianità, si riconsideri la questione e si cominci a sperimentare nelle comunità l’accoglienza delle diversità: “Dio non poteva aver creato persone omosessuali e non desiderare per loro la felicità che solo l’amore può dare”.
La Chiesa cattolica è lontana anni luce da altre Chiese, come ad esempio quella valdese, che non solo riconoscono dignità e visibilità a coloro che solitamente sono costretti a tenere nascosta la propria identità sessuale, ma considerano discriminatorio il pregiudizio secondo cui l’omosessualità è un peccato di fronte a Dio.
“La Chiesa valdese, o protestante in generale, – afferma Letizia Tomassone, pastora valdese – ha dato ampia cittadinanza alla presenza di gay, trans e lesbiche, al punto da trasformare la teologia e le liturgie: dal 2010 in Italia le chiese valdese e luterana fanno anche la benedizione di coppie omoaffettive. Quindi il mondo protestante è molto aperto, mentre quello cattolico è molto variegato: in quasi tutte le città italiane esistono gruppi di omosessuali credenti, in maggioranza cattolici e non c’è dubbio che a sostenere il lavoro che si fa su fede e omosessualità sia stato il centro protestante Agape, molto conosciuto fin dagli anni Ottanta, ma, anche se c’è stata la spinta all’ospitalità di gruppi omosessuali credenti in chiese valdesi, questi restano gruppi cattolici”.
Nel libro non si dà spazio solo alle testimonianze di preti che, in anonimato, raccontano la loro sofferenza di omosessuali e che hanno sperimentato il rifiuto della Chiesa istituzionale e delle comunità di credenti, vengono riportate anche le esperienze di chi, per varie ragioni, si è ritrovato ad interagire con questa realtà.
Ad esempio la testimonianza di un prete terapeuta, che ha constatato come i seminari e le case religiose sono stati i luoghi di apprendistato di una condotta omosessuale.
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In appendice al libro si trova l’esperienza di Pippo Gliozzo, prete di Catania, che non ha ragione di mantenere l’anonimato.
In ragione del principio cristiano dell’amore e dell’accoglienza, Gliozzo ha dato e continua a dare ospitalità, da molti anni, ad un gruppo di credenti gay (vedi box) ed a un gruppo di genitori/familiari che vivono questa esperienza in famiglia.
Oggi questo gruppo non si riunisce più separatamente ma è pienamente integrato nella comunità parrocchiale che discute le questioni relative alla omosessualità ogni volta che se ne presenta l’opportunità o la necessità, come avviene per tutti gli altri temi.
Anche il gruppo dei genitori si è sciolto dopo la morte della promotrice e comunque non aveva più ragione di esistere come gruppo a parte, essendo ormai l’accoglienza di queste tematiche piena e condivisa da parte di tutta la comunità.
La parrocchia, Crocifisso della buona morte, ha sempre dimostrato grande disponibilità nell’accogliere ogni tipo di diversità. In essa hanno trovato ascolto, conforto e dignità prostitute, tossicodipendenti, migranti irregolari, etc. E sono anche stati organizzati dibattiti, e finanziate pubblicazioni, su questi temi.
Sebbene questo libro non voglia occuparsi di pedofilia o pederastia, il suo autore ha ritenuto necessaria una appendice sull’argomento, poiché la confusione tra le due realtà – omosessualità e pedofilia/pederastia – è ancora piuttosto diffusa. Così come c’è chi continua a ritenere l’omosessualità una malattia o una nevrosi.
Qualche mese fa la stampa ha riportato questa dichiarazione di Papa Francesco, “gli omosessuali sono figli di Dio e hanno diritto a una famiglia. Nessuno dovrebbe essere estromesso o reso infelice per questo”. Che sia l’inizio di un cambiamento?
Si apprezza la stampa on-line che si occupa, comunque nel massimo rispetto dovuto al Padreterno, di cultura sociale e morale.
Sono sempre più incoraggiata per l’apertura di molti e della Chiesa su questo tema che ha tuttii le caratteristiche per essere affrontato e considerato al pari di qualunque altro aspetto del modo di essere e dei diritti che ne conseguono.
Osservo che mi pare un falso problema quello dei Sacerdoti che rivendicano il proprio diritto a manifestare la propria omosessualità. Come dire che non fosse scontato altrettanto il loro diritto ( ma anche delle religiose, suore o monache) di manifestarsi nei 2 modi.
A mio parere la questione è duplice, ma è uguale: castità sì, castità no.
Se il sacerdote, il monaco, la religiosa scelgono la castità, (non sono d’accordo con l’obbligo dei sacerdoti cattolici a dover scegliere la castità), tale scelta non la vedo in conflito con la manifestazione della propria identità di genere o di propensioni affettive.
SONO ETERO. SONO OMOSESSUALE. PRATICO LA CASTITA’.
sarebbe una questione di coerenza e di credibilità.
Diversamente: SONO ETERO. SONO OMOSESSUIALE. SONO UN RELIGIOSO. VOGLIO AVERE LA MIA RELAZIONE AFFETTIVA E SESSUALE. NON VOGLIO ESSERE CASTO. ETICO, SI’. Non coincide con casto.
In questo caso si pone il problema della coerenza: lotto per rimuovere l’impedimento ai religiosi di sposarsi. ETERO o OMOSESSUALI CHE SIANO.
Oppure ne esco, visto che ci sono entrato accettando questa clausola. Lo faccio lo stesso forse non è etico e non dà testimonianza.
Nel corso della mia vita cedo o ho ceduto, questo è nei limiti delle capacità umane di mantenersi costantemente saldo e coerente e beneficia della comprensione di se stesso e degli altri.