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Santa Marta, un esposto contro l'arbitrio

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Sulla demolizione della parte novecentesca dell’ospedale Santa Marta, annunciata da qualche mese, in vista di una successiva sistemazione dell’area, avevamo già espresso i nostri dubbi, condividendo le preoccupazioni dei 50 esperti, architetti, ingegneri, storici che – nel mese di agosto – hanno rivolto un appello al Presidente della Regione e all’Assessore ai Beni Culturali.

Il Santa Marta si trova, infatti, in area A del centro storico, dove sono consentiti solo interventi di restauro, ripristino e risanamento conservativo, che vanno comunque preceduti da una attenta analisi del tessuto urbanistico dell’area e da un piano particolareggiato di intervento, organico ed unitario, che riguardi almeno l’intero isolato.

Ma di analisi delle caratteristiche dell’area non c’è neanche l’ombra, così come non ci risulta alcun piano organico, e coerente con la tipologia degli edifici circostanti, di sistemazione dell’isolato o di parte di esso.

La demolizione è stata annunciata come già decisa e prossima alla realizzazione, disposta dal Presidente della Regione, senza alcun coinvolgimento dei cittadini catanesi e del Consiglio Comunale.

Si considerava abbastanza scontato che l’opinione pubblica, che apprezza in genere il decisionismo, sarebbe stata ben lieta, in questo caso, di vedere abbattutto un edificio francamente brutto e assolutamente fuori contesto, oltre che ormai degradato.

Le domande sulla liceità dell’operazione sia dal punto di vista del rispetto delle norme sia relative al soggetto a cui compete la decisone vengono spesso confuse con inutili perplessità o segni di irresolutezza e rifiuto del “fare”.

Cercare la correttezza degli atti amministrativi è forse, a Catania, l’ingenua esigenza di alcune anime candide, un lusso? In un certo senso lo è diventato, ma questo sta distruggendo la città, anche da un punto di vista artistico.

L’idea della piazza per valorizzare la facciata settecentesca del Vecchio Santa Marta, tra l’altro attribuita al Vaccarini senza il supporto di alcuna documentazione, come potrebbe essere coerente con l’assetto urbanistico di una zona in cui tutti gli edifici sono collocati “a cortina” lungo gli allineamenti stradali?

Anche le foto d’epoca, forniteci da Armando Villani, confermano che questa facciata dava non sull’esterno ma su una corte interna e che – coerentemente alla tipologia urbanistica dell’area – esisteva un corpo settecentesco allineato lungo la strada, demolito per far posto alla struttura che adesso si vuole abbattere.

E poi come dovremmo immaginare questa piazza? Quali ne sarebbero, oltre alla suddetta facciata, le altre quinte? Un’idea di quello che si vuole realizzare bisognerebbe averla prima di demolire e dopo aver fatto uno studio accurato della situazione pregressa.

Che il “progetto di riqualificazione” non ci sia ancora, è scritto, nero su bianco nella risposta del Genio Civile alla nostra richiesta di accesso agli atti, inoltrata proprio per conoscere meglio il progetto in via di realizzazione e per capire su quali basi Urbanistica e Soprintendenza abbiano espresso parere positivo all’intervento.

Gli atti ci sono stati inviati per via telematica e anche il progetto, quello della “demolizione selettiva e controllata”.

Quanto ai pareri espressi dalla Direzione Urbanistica e dalla Soprintendenza, abbiamo potuto constatare che mancano di fondata motivazione.

Il parere dell’Urbanistica cita soltanto una serie di norme che hanno ben poco a che vedere con l’intervento di demolizione di cui bisognava attestare la conformità urbanistica.

Quello della Soprintendenza, a parte il rituale riferimento ad una eventuale sospensione delle operazioni nel caso di ritrovamenti, si limita ad imporre cautele nella demolizione per evitare di danneggiare gli edifici storici adiacenti. Nessuna menzione del Piano Territoriale Paesistico Regionale e delle sue disposizioni sui tessuti urbani storici.

Si tratta, quindi, di pareri sostanzialmente omissivi che è opportuno chiedersi se possano essere considerati legittimi. Forse è lecito anche chiedersi se, procedendo così, questi Uffici assolvano il dovere istituzionale di vigilanza che a loro compete.

Il progetto di “demolizione selettiva e controllata del fabbricato prospiciente su via Clementi” è corredato dal calcolo dell’esatta consistenza volumetrica dei corpi di fabbrica da demolire. Del volume di materiale demolito si prevede la delocalizzazione “in fondi della stessa proprietà”, vale a dire in altre zone della città.

E’ impossibile che il trasferimento venga fatto “nel rispetto delle normative urbanistiche e degli strumenti di pianificazione”, come leggiamo nell’atto relativo, per il semplice fatto che questo tipo di operazione non è consentito da alcuna delle norme e delle leggi vigenti.

Non volendoci rassegnare a questo modo di procedere improvvisato ed estemporaneo, e soprattutto, irrispettoso delle norme e dell’assetto urbanistico del centro storico cittadino, abbiamo deciso di inviare, agli Assessorati Regionali del Territorio e dei Beni Culturali e ai relativi dipartimenti, l’esposto che trovate a questo link per segnalare, punto per punto, in modo preciso e dettagliato, le irregolarità e illegittimità da noi riscontrate in questo progetto.

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