Un palazzo storico che sorge in un’area in cui abbondano i reperti archeologici. Siamo in via S.Euplio 1, dove sono attualmente in corso lavori per trasformare in albergo, con annesso parcheggio interrato, la struttura ottocentesca dell’ex Monte di Pietà.
Qualcuno potrebbe chiedersi, ma alla città cosa interessa? Interessa a tutti coloro che amano la propria città e la vogliono proteggere da interventi che ne stravolgano la bellezza e ne distruggano le testimonianze storiche e archeologiche, per soddisfare solo interessi privati.
E il palazzo dell’ex Monte di Pietà è un edificio storico pregevole, realizzato a fine ottocento, che andrebbe mantenuto, anche all’interno, quanto più fedele alla forma originaria. E sotto il quale, già al momento della costruzione, sono venute alla luce, come del resto in tutta quell’area, numerose sepolture (Edoardo Tortorici, Catania antica – La carta archeologica) che il parcheggio interrato potrebbe distruggere definitivamente.
Ma c’è un altro motivo per avere delle perplessità su questi lavori, ossia il potenziale illecito rispetto alle norme urbanistiche, che per quell’area di centro storico, zona A del Piano Regolatore, prevedono soltanto interventi di restauro, ripristino e risanamento conservativo. E sempre all’interno di “operazioni di conservazione e di risanamento organiche ed unitarie”.
Per capire a che titolo questo intervento abbia ottenuto l’autorizzazione di Comune e Soprintendenza, Argo ha chiesto alla Direzione Urbanistica un accesso agli atti.
Trascorsi, senza avere risposta i trenta giorni previsti dalla normativa, e anche ulteriori dieci giorni, abbiamo inviato una pec di sollecito alla responsabile della Trasparenza del Comune di Catania.
Dopo qualche giorno è finalmente arrivata la risposta dell’Urbanistica, che – giocando su vari equivoci – ci ha di fatto negato i documenti richiesti.
La lettera che abbiamo ricevuto vale la pena non solo di essere resa pubblica, come Argo fa sempre in questi casi, ma anche di essere commentata.
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Avevamo chiesto, innanzi tutto, il permesso di costruire rilasciato dall’Urbanistica, e ci viene comunicato che esso è reperibile sul sito del Comune. Di fatto, una non risposta.
Intanto perché rimandare ad un sito in cui i documenti non sono facilmente rintracciabili è un modo per negare la possibilità di conoscerli, a meno che non si fornisca contestualemente il link al documento richiesto.
In secondo luogo perché si parla genericamente di “concessione edificatoria” scaricabile dal sito del Comune, pur sapendo che i permessi di costruire relativi a questo intervento sono più di uno, essendo intervenuti negli anni aggiornamenti e varianti, che ci sono noti perché da noi già faticosamente rintracciati sul sito suddetto.
Non è reperibile, e probabilmente non è stata affatto pubblicata, la prima concessione, risalente al 2008, quella da noi espressamente richiesta.
Nella lettera di risposta, inoltre, è molto grave che ci venga chiesto di indicare le motivazioni del nostro interesse per i documenti richiesti. Una manovra dilatoria?
L’accesso civico generalizzato ai documenti della pubblica amministrazione, infatti, nato con la legge n.33 del 2013, modificata dalla n.97 del 2016, non prevede più la necessità di motivare la propria richiesta.
Cosa poi voglia dire la formula usata nella parte finale della lettera inviataci dall’Urbanistica (“nella riproduzione degli elaborati tecnici si sono attivate le idonee procedure per la verifica dei diritti di ‘riproduzione riservata’ ai sensi di legge”) ci sfugge, ma non ci induce a desistere. Gli elaborati grafici da noi richiesti sono parti integranti dei documenti richiesti e non hanno nessun carattere di riservatezza, a meno che l’amministrazione non voglia annoverarli nei casi specifici presi in considerazione dalla normativa, ad esempio il segreto militare.
In conclusione, ci viene infine chiesto il pagamento degli oneri fissato dalla delibera comunale del gennaio 2019. Un obbligo a cui non pensiamo di sottrarci, anche se le cifre ci appaiono onerose.
Purchè ci diano i documenti o ci indichino i link a cui è possibile rintracciarli e scaricarli, come prevede la legge sulla trasparenza, anche quando si tratta di documenti risalenti ad anni passati.
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Una operazione di trasformazione urbana sotto gli occhi di tutti da tempo. Ad inziare è stata la proprietò dell'Immobile storico e monumentale(Credito Siciliano alias Credito Valtellinese alias Banca di S. Venera ) Poi i cartelli sono cambiati , dopo una sospensione dei lavori, ed è apparsa nei cartelli una proprietà aggiunta.
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