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Mascherine di comunità a scuola, proteggere senza inquinare

“Che la scuola venga inondata di 11 milioni di mascherine usa e getta al giorno, è quanto di più scellerato, inquinante, malsano, diseducativo che si potesse leggere”.

Lo scrive l’associazione Zero Waste Italy, impegnata in un week end nazionale di mobilitazione contro l’uso di mascherine usa e getta nella scuola.

Per affermare la validità e l’importanza delle mascherine lavabili, chiede il coinvolgimento di studenti, insegnanti, genitori, gruppi ed associazioni.

Le “mascherina di comunità” in stoffa, sono, infatti, considerate sicure anche dall’Istituto Superiore della Sanità e dal Comitato Tecnico Scientifico, secondo i quali, in setting non medici, proteggono e contribuiscono a ridurre la circolazione e la diffusione del virus

Lo ribadisce anche l‘ultimo DPCM (24 ottobre 2020), in cui, all’art.1 comma 7, leggiamo che “possono essere utilizzate anche mascherine di comunità, ovvero mascherine monouso o mascherine lavabili, anche auto-prodotte, in materiali multistrato idonei a fornire una adeguata barriera, che garantiscono comfort e respirabilità e aderenza adeguate che permettono di coprire dal mento al di sopra del naso”.

Zero Waste Italy e il Centro di Ricerca Rifiuti Zero Capannori hanno predisposto anche un modello di lettera, utilizzabile dai genitori, in cui si chiede ai dirigenti scolastici che siano distribuite mascherine lavabili o che sia possibile portarsele da casa. E che quelle usa-e-getta ormai acquistate e non utilizzate vengano raccolte e donate a RSA, ospedali e centri di accoglienza.

Secondo i calcoli del Wwf, se anche solo un ragazzo per classe (5% della popolazione scolastica) disperdesse per strada, volontariamente o meno, la propria mascherina, ogni giorno verrebbero rilasciate in natura 1,4 tonnellate di plastica. A fine anno scolastico sarebbero 68 milioni di mascherine per un totale di 270 tonnellate di rifiuti plastici non biodegradabili. È come se gettassimo ogni giorno dell’anno scolastico 100mila bottigliette di plastica in natura.

Le mascherine in stoffa, invece, possono essere riutilizzate più volte, lavandole con il normale detersivo, a cui il virus è estremamente sensibile.

L’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) ha fornito anche delle indicazioni sul numero di strati e sul tipo di stoffa che va adoperato per realizzare le mascherine lavabili, escludendo stoffe che non filtrano adeguatamente (come garza e chiffon) e preferendo il cotone in più strati.

Anche le mascherine chirurgiche, comunque, possono essere riutilizzate dopo adeguata sanificazione, con alcool, che abbatte la carica virale del 90%, con il vapore (anche quello del ferro da stiro) o esponendole ai raggi ultravioletti, che debellano il virus.

Per la sanificazione con alcool non è necessaria l’immersione, basta mettere le mascherine in un barattolo da 1 litro con coperchio a tenuta, versarvi un cucchiaio di alcool e chiudere bene. L’alcool riempirà il barattolo del suo vapore, disinfettando la mascherina nel giro di qualche ora. Dopo avere estratto la mascherina, la si lascia esposta all’aria per alcuni minuti, in modo da far evaporare tutto l’alcool, e la si indossa.

Resta il fatto che nessuna misura da sola può fornirci una protezione completa, saremo protetti solo da una serie combinata di azioni, tra cui le più importanti restano il lavaggio frequente e accurato delle mani e il distanziamento interpersonale.

Presi dalla preoccupazione della pandemia, della quale comunque vedremo la fine, stiamo dimenticando che il vero grande pericolo che ci minaccia e che rischia di annientarci, come persone e come genere umano, è la distruzione dell’ambiente, da noi stessi operata. Abbiamo pochissimo tempo per cambiare rotta.

Argo

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