San Berillo, recupero partecipato o speculazione?

Una conferenza dei servizi istruttoria, aperta all’Università, ai costruttori, ai proprietari, agli ordini professionali, alle associazioni presenti nel quartiere, per discutere il destino di San Berillo.

L’ha convocata, lo scorso 22 settembre, l’Amministrazione comunale, coinvolgendo la Soprintendenza e il Genio Civile, con l’intento dichiarato di ascoltare proposte e considerazioni da parte di chi vive, opera o progetta di operare in questa area così centrale e, paradossalmente, così emarginata del centro storico.

Nessuna analisi o progetto sono stati presentati, come base di discussione, dall’assessore all’Urbanistica, Trantino, o dal dirigente degli Uffici, Bisignani. E’ stata piuttosto evidenziata l’opportunità offerta dal sommarsi di disposizioni legislative favorevoli ad interventi edilizi, la legge urbanistica regionale approvata nell’agosto di quest’anno, le misure previste dal decreto Semplificazioni (convertito nella legge n.120 dell’11 settembre 2020) e le facilitazioni offerte dal superbonus sulle ristrutturazioni.

Resta comunque un problema complesso quello di ripensare un quartiere in parte sventrato e in parte abbandonato al degrado come San Berillo, sottoposto ai vincoli urbanistici relativi al centro storico, ma nel contempo fin troppo appettibile per interventi speculativi, più o meno legittimi.

E il fatto che il direttore Bisignani abbia assicurato che verranno studiati strumenti tecnici urbanistici che consentano maggiori possibilità di intervento non ci rassicura, anzi potremmo dire che ci preoccupa.

Nel frattempo la conferenza, su richiesta di Giusi Milazzo, segretaria del Sunia, è stata mantenuta aperta, in modo che altre considerazioni e proposte potessero essere successivamnete inoltrate all’Amministrazione.

Ecco, di seguito, il contributo inviato proprio da Milazzo, che contiene proposte concrete, ispirate e confortate da esperienze portate a termine nei centri storici di altre città italiane.

Nel considerare importante l’occasione della conferenza dei servizi convocata dal comune di Catania per avviare il confronto sulle diverse prospettive in merito al recupero di quel che resta dell’antico San Berillo, ribadiamo che avremmo preferito che l’Amministrazione comunale arrivasse all’incontro con una sua idea , anche perché è dagli anni 60 che la città si interroga a fasi alterne sul futuro di questa porzione di quartiere sopravvissuto allo sventramento, posto al centro della città e quindi sempre più appetibile.

Il quartiere, ormai un’isola schiacciata tra la città antica e quel corso Sicilia che avrebbe dovuto costituire la city catanese , dopo l’abbandono dei vecchi abitanti deportati in altre zone, si è lentamente ripopolato anche dei tanti, molti immigrati, che via via sono stati emarginati dalla città e che in essa non trovano accoglienza .

Negli ultimi anni alcune famiglie giovani hanno acquistato e sono andate ad abitare nel quartiere per scelta e passione. E’ quindi San Berillo non un quartiere vuoto da reinventare ma è invece un quartiere complesso, poco popolato, che sta già costruendo la sua nuova storia.

Il vecchio San Berillo prima del risanamento era un quartiere molto esteso e popoloso, in cui diverse attività e diverse classi sociali condividevano la quotidianità. Un quartiere che Goliarda Sapienza, che li viveva, descrive con amore nel suo diario postumo ‘Io, Jean Gabin’: le attività artigianali, le piccole industrie, le attività informali più o meno lecite, i cinema, i luoghi di culto, l’opera dei pupi e le funzioni abitative dei palazzotti nobiliari e dei sovraffollati bassi convivevano in un quartiere vitale ed animato.

Escludiamo quindi qualsiasi idea che veda San Berillo come un quartiere museo o luna park, un quartiere pieno di pub ,ristorantini o b&b, dedicato alla movida o frequentato solo dal popolo della notte.

Pensiamo che San Berillo possa aspirare a diventare un esempio virtuoso di rigenerazione urbana in cui venga ribaltata l’idea dello svuotamento dei centri storici dai residenti permanenti.

E’ l’occasione per dimostrare che il confronto tra pubblico e privato e la collaborazione tra diversi attori può produrre risultati importanti e utili alla città rispondendo con soluzioni efficaci ai problemi più pressanti. E oggi il problema è quello di riportare donne e uomini a vivere in un centro che la mancanza di politiche pubbliche che governano i processi anche quelli turistici ha svuotato.

Il problema è quello che il 40% della popolazione ha livelli di reddito che rendono insostenibile un affitto nel mercato privato, che gli studenti fuori sede non possono più permettersi di sostenere costi altissimi per gli alloggi, che nelle zone del centro scarseggiano i servizi di prossimità e sono del tutto scomparsi gli artigiani. Potremmo continuare ancora.

Un progetto innovativo per San Berillo, proprio per le tante opportunità d’intervento citate dall’Assessore Trantino, basti pensare alle possibilità offerte per la riqualificazione di una parte degli immobili, dall’utilizzo del bonus al 110% per la messa in sicurezza sismica e per l’efficientamento energetico, non può che basarsi sulla rifunzionalizzazione degli immobili e sul ripopolamento del quartiere guardando alla sua storia e a quel mix di funzioni, attività e classi sociali che lo caratterizzava.

La demolizione a nostro avviso potrà interessare solo pochissimi immobili che non possono essere recuperati. Proprio per questo l’utilizzo dello strumento dell’esproprio per gli immobili abbandonati dai proprietari, a maggior ragione con le nuove e più semplici procedure previste dal decreto semplificazioni, potrebbe essere utilizzato per realizzare edilizia residenziale pubblica, edilizia sovvenzionata e convenzionata ed edilizia sociale, in modo da restituire al quartiere la funzione abitativa rivolta a quella parte della popolazione, ed ormai è la parte più ampia, che non riesce a sostenere i canoni d’affitto né ad acquistare una casa nel libero mercato.

E’ importante poi, in un’ottica di ripopolamento, che gli spazi resi liberi dagli espropri degli immobili di cui è necessaria la demolizione, siano utilizzati per creare spazi aperti, come per esempio una piazza ma anche servizi pubblici, come per esempio luoghi e asili per l’infanzia e presidi sanitari territoriali.

La piazza, la cui funzione di luogo della socialità di quartiere è indiscussa, è poi indispensabile come luogo di aggregazione nel caso di eventi sismici, elemento essenziale in un quartiere che va riqualificato tenendo conto del rischio sismico a cui è soggetto il nostro territorio .

Altro strumento per incentivare i proprietari all’utilizzo degli immobili potrebbe essere quello di sostenere con politiche fiscali locali, come l’azzeramento dell’imu, la cessione in comodato d’uso gratuito degli immobili e delle botteghe ad artigiani, associazioni del privato sociale e del terzo settore che potrebbero creare quella rete di servizi sociali e culturali necessari alla vita del quartiere e più complessivamente della città , l’esperienza di Trame di quartiere è una buona prassi da esportare.

L’acquisizione attraverso l’esproprio di parte delle proprietà immobiliari potrebbe inoltre consentire che in alcuni degli splendidi palazzi oggi diruti o abbandonati vengano investiti i fondi disponibili per la riqualificazione a fini abitativi e sociali, tra questi quelli di cui alla finanziaria del 2020 .

Viene prevista, per gli anni dal 2021 al 2034, l’assegnazione ai comuni di 8,5 miliardi di euro nell’ambito del programma innovativo nazionale per la qualità dell’abitare, destinati a progetti di rigenerazione urbana «volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale».

Importante poi per consentire interventi corretti completare lo studio di dettaglio delle tipologie edilizie già avviato per l’intero centro storico il cui iter non è ancora definito, studio che può essere utile per gli interventi edilizi ma che non può sostituire un piano urbano a scala di quartiere in cui delinearne il disegno e le prospettive, mancando il quale ogni intervento è monco .

Accennavamo prima alle possibili risorse a cui attingere per realizzare alcuni progetti ma diventa indispensabile che sia fatta una ricognizione delle risorse pubbliche e private necessarie per gli interventi, in un piano economico coordinato che delinei un cronoprogramma preciso.

A nostro avviso solo così San Berillo può quindi diventare il quartiere simbolo di una edilizia abitativa pubblica a dimensione umana; il luogo privilegiato della socialità, delle relazioni e della solidarietà in cui spazi privati in immobili storici ripensati e riqualificati si alternano a spazi pubblici ricchi di attività e servizi per la comunità.

Consideriamo importante per questo che il confronto iniziato possa continuare con il coinvolgimento degli attori che operano e vivono il quartiere San Berillo sino alla definizione del progetto.

Argo

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