Housing First, il progetto Caritas per l'inclusione

Donne in situazione di particolare fragilità ospitate in un appartamento confiscato alla mafia e concesso in comodato d’uso dal Comune di Catania.

A loro si rivolge il progetto di accoglienza ‘Housing First’ della Caritas diocesana, promosso dalla Conferenza Episcopale Siciliana, attivo in città da alcuni anni.

Rivolto inizialmente soprattutto a donne italiane, ha poi accolto anche straniere arrivate in Italia attraverso corridoi umanitari, realizzati da Caritas Italiana, Chiese evangeliche, Tavola valdese, Comunità di S.Egidio e Governo, per consentire a profughi extracomunitari in condizione di vulnerabilità di raggiungere legalmente l’Italia.

Rinnovato periodicamente, il progetto diocesano di Housing First cerca di rispondere via via alle emergenze più drammatiche, come nel caso di vittime di violenza con figli minori.

In questo momento ospita una donna di origine eritrea, che ha perso il marito in Sudan, ha attraversato le sofferenze e le violenze del viaggio verso l’Italia, qui ha partorito il suo quarto bambino ed è riuscita a ricongiungersi con le tre figlie lasciate in patria, due ancora minorenni, una appena diciottenne.

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Una nuova nascita, quindi, e un ricongiungimento reso possibile dall’avere a disposizione, in modo totalmente gratuito anche se per un tempo limitato (in genere un anno, un anno e mezzo), un alloggio e la copertura dei bisogni fondamentali.

L’obettivo, non di tipo assistenzialistico, come sottolinea Salvo Pappalardo, responsabile delle attività Caritas. è quello di accompagnare chi attraversa situazioni molto difficili in un percorso verso l’autonomia.

Ecco quindi il supporto sanitario e psicologico, le attività ludico-ricreative per i bambini, la possibilità di seguire un percorso scolastico e/o di formazione professionale, il sostegno nella ricerca di un lavoro.

Ed ecco una rete di persone, gruppi, enti che mettono insieme competenze e disponibilità di vario tipo, quella di assistenti sociali e medici volontari, della scuola e della parrocchia, di un centro che si occupa di bambini come il Talità Kum.

L’accompagnamento verso l’autonomia è nello spirito del modello Housing First, nato a New York negli anni Novanta del secolo scorso ad opera di Sam Tsemberis, docente universitario di psichiatria, e diffusosi poi nel resto degli USA, in Canada, in Europa, con adattamenti alle specifiche realtà sociali.

Dappertutto, comunque, si basa sulla centralità del diritto all’abitare e sul supporto offerto da operatori sociali per consentire a persone fragili di intraprendere un percorso di integrazione o reintegrazione sociale.

Se si fa sul serio, il percorso è inevitabilemente lungo e complesso, e – nella logica di non lasciare indietro nessuno – la Caritas diocesana è disposta anche a prolungare il periodo dell’accoglienza e, soprattutto, continua a sostenere le persone anche dopo la conclusione del progetto. Le aiuta a cercare un alloggio in affitto, le collabora nella presa di coscienza dei propri diritti e nella ricerca di un lavoro.

Un’attività, quest’ultima che la Caritas svolge comunque per tutti, soprattutto attraverso lo sportello di via Acquicella, dove si cerca di mettere in contatto chi il lavoro lo offre e chi lo cerca. E, in questo tempo di pandemia e di distanziamento sociale, si prosegue come si può, non in presenza ma utilizzando il telefono, le mail, le chat.

Viste le positive ricadute sociali, sperimentate a livello mondiale, per contrastare l’esclusione sociale e la povertà, il modello dell’Housing First rientra ormai tra i progetti di molte amministrazioni pubbliche anche italiane, con investimenti di un certo rilievo.

Anche a Catania l’Housing First è stato identificato come strategia di contrasto alla povertà abitativa dall’Agenzia Sociale per la casa, Habito, e finanziato nel 2019 con 870.000 euro del Pon Metro (Piano Operativo Nazionale Città Metropolitane).

Il progetto e le azioni previste sono scritte in bell’ordine nella pagina relativa del sito del Comune. Ma non si è andati più in là. Pare non siano partiti neanche i bandi.

Se ci sono i soldi, e c’è il progetto, cosa impedisce di passare ai fatti? Le persone senza casa e in situazione di grande fragilità sociale non mancano di certo.

E, in questo momento di crescente bisogno, aggravato dalla pandemia, l’Agenzia è chiusa per Covid, e non c’è modo di comunicare, neanche a distanza, con il suo personale.

Argo

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  • Cerco casa affitto mi stanno buttando fuori da dove vivo aiutoooo

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