Ancora una volta qualcuno si è messo in testa di mettere le mani sulla Costituzione. In questo caso con l’accordo fra quasi tutti i partiti presenti in Parlamento.
In Italia i parlamentari – si sostiene – sarebbero troppi e soprattutto costano troppo. Sulla seconda affermazione si può essere senz’altro d’accordo, ma sarebbe allora bastato ridurre sensibilmente l’indennità parlamentare, questa sì, tra le più alte, in Europa.
In realtà, il numero attuale dei parlamentari italiani (ovviamente in rapporto al numero di abitanti) è attualmente mediamente in linea con quello degli altri Stati europei, mentre con la modifica apportata il rapporto sarebbe totalmente squilibrato e l’Italia sarebbe in coda per numero di parlamentari rapportato al numero di abitanti. Stiamo parlando, peraltro, di tagliarne il 37%
L’Assemblea Costituente aveva previsto un deputato ogni 80.000 abitanti ed un Senatore ogni 200.000 ab., in rapporto ad una popolazione che era allora di 45 milioni circa di abitanti, mentre adesso la popolazione supera i 60 milioni di abitanti. Il numero attuale dei parlamentari fissato nella Costituzione, a seguito della modifica costituzionale della L. cost. 9 febbraio 1963, n. 2, è di 630 deputati e 315 senatori elettivi, più i senatori a vita.
Il risparmio che si realizzerebbe con il taglio di 230 deputati e 115 senatori è irrisorio e non raggiunge i 285 milioni di euro per un’intera legislatura. Sembra una somma consistente, ma si tratterebbe del risparmio del costo di una tazzina di caffè per ognuno dei cittadini italiani.
Si è voluto anche argomentare con le ragioni dell’efficienza che un numero ridotto di parlamentari potrebbe più facilmente realizzare. Ma è proprio così?
Sul punto, più di 200 costituzionalisti italiani hanno pubblicato un Appello in cui si paventano rischi per i principi fondamentali della Costituzione che la revisione comporta”. Il taglio lineare prodotto dalla revisione incide – infatti – “sulla rappresentatività delle Camere e crea problemi al funzionamento dell’apparato statale”.
Il documento, promosso da Alessandro Morelli, indica in cinque punti le ragioni tecniche per le quali è necessario opporsi alla riforma, che “sembra essere espressione di un intento ‘punitivo’ nei confronti dei parlamentari”.
1) Svilisce, innanzitutto, il ruolo del Parlamento e ne riduce la rappresentatività, senza offrire vantaggi apprezzabili né sul piano dell’efficienza delle istituzioni democratiche né su quello del risparmio della spesa pubblica.
2) I fautori del cambiamento sostengono ancora che la riduzione del numero dei parlamentari non arrecherebbe alcun danno alle esigenze della rappresentatività perché sarebbero già tanti gli organi elettivi (Parlamento europeo, Consigli regionali, consigli comunali, ecc.) la cui formazione dipenderebbe dal voto dei cittadini. Ma ciò è contro ogni evidenza storica e contro la giurisprudenza della Corte costituzionale. La rappresentanza nazionale, non può essere assorbita nella rappresentanza di altri organi elettivi, né venire “parcellizzata” in altri luoghi istituzionali.
3) La modifica “riduce in misura sproporzionata e irragionevole la rappresentanza di interi territori”. Quanto alla “nuova composizione del Senato, alcune Regioni finirebbero con l’essere sottorappresentate rispetto ad altre”. Così, ad esempio, l’Abruzzo, con un milione e trecentomila abitanti, avrebbe diritto a quattro senatori, mentre il Trentino-Alto Adige, con le sue due province autonome e con una popolazione complessiva di un milione di abitanti, avrebbe in tutto sei senatori.
4) La modifica “non eliminerebbe ma, al contrario, aggraverebbe i problemi del bicameralismo perfetto”. Laddove invece l’efficienza dell’istituzione parlamentare potrebbe migliorare “anche solo per il tramite di una contestuale riforma dei regolamenti parlamentari di Camera e Senato”.
5) La riforma appare ispirata da una logica “punitiva” nei confronti dei parlamentari – visti come esponenti di una “casta” parassitaria da combattere con ogni mezzo – confondendo la qualità dei rappresentanti con il ruolo stesso dell’istituzione rappresentativa.
“Una simile riduzione dei componenti delle Camere penalizzerebbe soltanto la rappresentanza delle minoranze e quindi il pluralismo politico e anzi potrebbe paradossalmente produrre un potenziamento della capacità di controllo dei parlamentari da parte dei leader dei partiti di riferimento, facilitato dal numero ridotto degli stessi componenti delle Camere”.
Si è detto, quale parziale correttivo di questa modifica costituzionale. che gli eventuali “disequilibri” in essa contenuti avrebbero potuto essere ovviati da un’eventuale modifica della legge elettorale. Ciò potrebbe essere vero, ma solo in parte.
Innanzitutto una modifica della Costituzione non ha lo stesso valore di una legge ordinaria, la quale potrà essere comunque cambiata da una successiva maggioranza parlamentare. In concreto una legge elettorale correttiva ha costituito oggetto di un impegno formale al momento della formazione della nuova maggioranza parlamentare 5stelle, PD e Leu, nell’agosto del 2019.
Ma la formazione di una nuova legge elettorale ha bisogno di trovare i numeri in Parlamento. E questo non è avvenuto, pare per responsabilità di Renzi e del suo piccolo raggruppamento di deputati e senatori che si sono messi di traverso.
Inoltre, nonostante gli impegni presi tra i partiti dell’attuale maggioranza di governo, si andrà al voto referendario senza neppure l’avvio della procedura per la approvazione della legge elettorale.
Anche chi ritiene che il sì rafforzerebbe l’attuale governo, dovrebbe capire che, in nome di una presunta stabilità, si stravolgerebbe la Costituzione. Un grave errore, come si legge nel Documento/Appello di Rosy Bindi, firmato da diverse personalità del mondo cattolico,
Non dimentichiamo, infine, che i Governi passano mentre la Costituzione rimane.
IL COMUNICATO DI ANPI – Associazione NAZIONALE PARTIGIANI – SICILIA:
NOI VOTIAMO NO!
LA DEMOCRAZIA IN ITALIA E LA COSTITUZIONE GENERATE DALLA LOTTA DI LIBERAZIONE SI DIFENDONO CON IL VOTO.
AL REFERENDUM DEL 20-21 SETTEMBRE – SULLA RIDUZIONE DEL NUMERO DEI PARLAMENTARI – ANPI SICILIA INVITA I CITTADINI SICILIANI A VOTARE NO!
Il Coordinamento regionale dell’Associazione Nazionale Partigiani, coerentemente con la deliberazione assunta dall’ANPI Nazionale, riguardo il referendum confermativo della riforma costituzionale, invita i cittadini siciliani a votare NO!
La “riforma” prevede una drastica riduzione dei parlamentari: 230 nella Camera dei Deputati ( dagli attuali 630) , 215 al Senato ( dagli attuali 315). Un taglio nefasto per le sorti della nostra democrazia. Fortemente lesivo della funzionalità decisionale ed operativa di Camera e Senato – cuore motore della gestione democratica e delle scelte legislative nel nostro paese -, dannoso per le esigenze concrete degli italiani poiché incide negativamente sulla corretta distribuzione della rappresentazione territoriale e sulle scelte dei cittadini. Un risparmio totalmente insignificante sul piano economico complessivo della spesa pubblica,
Se diventasse operativa la “riforma” la Sicilia perderebbe ben 29 parlamentari: 20 per la Camera dei Deputati e 9 al Senato. La Sicilia diventerebbe la regione d’Italia meno rappresentata. Considerato il perverso intervento strategico delle organizzazioni mafiose nel voto in Sicilia, da sempre in opera, il ridimensionamento del numero dei parlamentari e gli esigui seggi rimasti a disposizione dell’isola determinerebbero un’esposizione e un influenzamento ancora più grande agli appetiti e alle trame di mafia e corruzione. Pertanto, richiamando alla nostra comune memoria i centinaia di martiri assassinati per contrastare la mafia, è necessario difendere la dignità civile e il futuro politico della Sicilia.
Nel percorso storico della Repubblica italiana il numero dei parlamentari, quindi anche nel rapporto con la popolazione, è già stato mutato, pur in un quadro di equilibrio complessivo omogeneo. Nel 1948, quando si iniziò a votare per la definizione del Parlamento, la popolazione italiana corrispondeva a 46 milioni di abitanti. La Costituzione prevedeva che il numero dei deputati e sanatori fosse proporzionale al numero degli abitanti delle circoscrizioni elettive Si votò con il sistema proporzionale per scegliere 574 deputati e 237 senatori: un deputato e un senatore rappresentavano rispettivamente 80.000 e 194.000 abitanti.
Con la modifica costituzionale del 1963, con una popolazione accresciuta, pari a 51 milioni, si stabilì l’attuale vigente composizione numerica: Camera dei Deputati n° 630, Senato n ° 315 . Con un rapporto, quindi, di 1 deputato ogni 81.000 abitanti, 1 senatore ogni 162.000 abitanti. 0ggi, se passasse la modifica, con una popolazione di 60.000.000 di abitanti ( 60,317 mil.): ogni deputato rappresenterebbe 150.000 abitanti, un senatore rappresenterebbe 300.000 abitanti. Verrebbe meno il principio fondativo dei padri costituenti, compromettendo, quindi i delicati rapporti democratici sulle eque rappresentanze territoriali, sulla tutela delle minoranze e sulle modalità elettive del Presidente della Repubblica ( rapporto tra parlamentari e rappresentanti delle Regioni).
Passando la “riforma”, nel contesto europeo l’Italia avrebbe il minor numero di deputati in proporzione alla popolazione.
Non sprechiamo le conquiste di democrazia e libertà conquistate con la Lotta di Liberazione dal nazifascismo.
VOTIAMO NO!
Ottavio Terranova – Coordinatore regionale Anpi Sicilia – Vice Presidente nazionale Anpi
Palermo, 8 settembre 2020
https://anpisicilia.wordpress.com/2020/09/09/anpi-sicilia-noi-votiamo-no/