Di una Catania non soltanto nera, ci parla oggi il geologo catanese, Uccio Di Paola.
Una città chiara, con intonaci colorati prevalentemente di rosso (gghiara), ‘illuminata’ da acque abbondanti, in superficie e nel sottosuolo, e dal verde di numerosi orti e giardini.
Era così Catania prima della colata lavica del 1669. Una città molto diversa dalla quella “nera” e arida, a cui siamo abituati oggi.
E’ stata l’invasione lavica del 1669 a rivoluzionare, nella struttura e nel colore, la scenografia preesistente della città, avvolgendone, distruggendone o ricoprendone una buona parte.
Che la Città fosse più chiara e luminosa di quella attuale, lo testimoniano i numerosi relitti architettonici di natura calcarea di derivazione iblea (ornati di facciate e spezzoni statuarii), anche se non mancavano inserimenti lavici, utilizzati in genere per le parti più usurabili e le opere di sostegno, quali strade e fondazioni.
Catania è circondata da un sistema collinare ad anfiteatro, in parte sommerso dalle lave, ma ancora oggi ben visibile, che si estende da Misterbianco (Monte Po e contrada Sieli) fino ad Acicastello Monte Vambolieri).
Da ovest verso est abbiamo Monte Po, Poggio Cardillo, Poggio Cravona, Monte Palma, la collina di Cibali, Monte S.Sofia, Monte S. Paolillo, tutte colline sedimentarie costituite prevalentemente da argille grigie e, sulla sommità, da sabbie e ghiaie giallastre. Altitudini comprese tra i 110 metri della collina di Cibali e i 251 di Poggio Cardillo.
Anche la parte interna della Città aveva parti morfologicamente rilevate rispetto alle circostanti, come la collina della Purità o la zona del castello Ursino, poi circondate e ricolmate dalle lave del 1669.
Tra le colline che circondavano Catania, si evidenziano numerose le incisioni vallive solcate da acque che derivano da sorgenti presenti tra i fronti lavici più a monte.
Alcuni di questi ruscelli e sorgenti sono ancora allo scoperto, i torrenti Nitta, Acquasanta, Acquicella, le sorgenti di Cibali, Gammazita, Canalicchio, la sorgente Leucatia.
E poi le acque sotterranee, tra cui il famoso Amenano. E la scogliera rocciosa che, dal porto fino ad Ognina ed oltre, è ricca di polle di acqua dolce ben visibili dove, storicamente, le lavandaie sciacquavano i panni.
Ancora oggi Catania è una città ricca di acqua, a differenza di tante altre della Sicilia che soffrono della sua mancanza.. Ed è dotata di centinaia di fontane pubbliche, utilizzate per bere e lavarsi, e di fontane monumentali.
L’abbondanza di acque di superficie e sub superficiali ha stimolato in passato la diffusione di vegetazione spontanea e controllata: orti e giardini, soprattutto privati, con il loro tocco di gentilezza e di colore.
Anche la linea di costa, prima del 1669, era molto più interna rispetto all’attuale, con la chiesa della Madonna dell’Indirizzo ed il Castello Svevo praticamente sul mare, e l’assenza del porto e delle opere connesse.
Di questa Catania ricca di acque e di verde sono testimoni molti suoi toponimi, via Pozzo mulino, Pozzo rotondo, Pozzo canale, Pozzo Santa Teresa, Pozzo dell’alloro, Botte dell’acqua, Orto limoni, Orto del re, Orto S. Clemente.
E ancora, via Della sorgiva a Cibali, Vallone alla Consolazione, Torrente ancora a Cibali. Senza dimenticare i mulini, Mulino a vento, Mulino S. Lucia, su cui varrebbe la pena di tornare.
E via Lago di Nicito, a testimonianza di uno speccho d’acqua nato in seguito ad eruzione, forse già nel V secolo, e dalla lava sommerso nel 1669.