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Sicilia, una legge che minaccia beni culturali e paesaggio

Una “legge truffa” con forti profili di incostituzionalità e alcuni contenuti particolarmente pericolosi.

In questi termini Enrico Giannitrapani, referente per la Sicilia nel consiglio direttivo della Confederazione Italiana Archeologi (CIA), si riferisce al disegno di legge “Disposizioni in materia di beni culturali e di tutela del paesaggio”, n. 698 del 6 febbraio 2020, presentato all’Assemblea Regionale Siciliana, primo firmatario Luca Sammartino.

Nel corso della conversazione in diretta “Beni culturali in Sicilia, tra sprechi e tradimenti“, curata dall’associazione Memoria e futuro, ha parlato anche di “spreco delle competenze”.

Il riferimento è alla necessità di dotare le Soprintendenze di personale altamente qualificato che possa svolgere al meglio il ruolo che ad esse compete. Non sempre il personale assunto è stato di questo livello, oppure – se lo è – non viene messo nelle condizioni di svolgere il proprio ruolo. Per colpa della ‘mala politica’, alle persone più competenti non vengono attribuiti ruoli direttivi, eppure basterebbe “mettere le persone giuste al posto giusto”, colmando anche il vuoto di organico, per avere ricadute positive anche nello sviluppo del territorio..

La funzione di tutela del patrimonio culturale e paesaggistico, propria delle Soprintendenze, viene stravolta e annullata da questo disegno di legge che intende affidare le autorizzazioni paesaggistiche ai Comuni, in particolare agli uffici dell’Urbanistica, non certo attrezzati per questo delicato compito.

Non serviva, a parere dell’autorevole archeologo, una nuova legge ma il rispetto di quelle che ci sono già, risalgono alla fine degli anni ’70 (l.r. 80/77 e 116/80), alla stagione ricca e feconda del governo Mattarella, e sono state purtroppo progressivamente svuotate e tradite.

Nel dibattito nato attorno a questa proposta legge, di cui oggi molto si discute ma che rischiava di essere approvata senza clamore e senza che ne fossero chiare le implicazioni, una voce importante è quella di un centinaio di docenti, storici dell’arte, professionisti, intellettuali che hanno chiesto di recente, con una lettera aperta, il ritiro del disegno di legge in questione.

Non per “opporsi a qualsiasi cambiamento in maniera preconcetta”, tanto meno per ostacolare interventi di semplificazione delle norme, ma per il timore che – cavalcando l’onda popolare delle legittime istanze di semplificazione – venga scardinato “l’intero sistema dei vincoli posti a salvaguardia del nostro millenario patrimonio culturale e paesaggistico”.

Anche in questo caso, senza aver paura delle espressioni forti, i firmatari definiscono “scandaloso” l’obiettivo speculativo che sottende questa proposta di legge e passa innanzi tutto attraverso la modifica del sistema delle autorizzazioni, assegnate ai Comuni e facilmente condizionate, quindi, da “istanze particolaristiche” ed elettorali.

Altro nodo è quello della redazione dei piani paesaggistici, la cui competenza passerebbe dall’Assessorato dei Beni Culturali a quello del Territorio e Ambiente (ARTA) di concerto con i comuni, sebbene sia noto che all’interno dell’Arta e delle amministrazioni comunali sono assenti “profili professionali specializzati nella tutela del paesaggio”.

Anche sul ruolo dei privati, che non va affatto criminalizzato, i firmatari ricordano che “deve essere integrativo e non sostitutivo rispetto alla pubblica amministrazione, sperimentando semmai forme innovative di partenariato pubblico-privato” ed evitando di generare “pesanti ingerenze politiche anche nella gestione dei Parchi, dei Musei e dei Centri”.

E concludono “Ci eravamo illusi che in tanti avessero compreso quanto le speculazioni edilizie del passato abbiano mortificato e danneggiato il patrimonio siciliano compromettendone non solo il valore ed il significato ma anche l’intrinseco potenziale economico. Vorremmo che la Sicilia torni a essere un luogo di innovazione e anche di sperimentazione di standard qualitativi internazionali di altissimo profilo nella tutela, valorizzazione, comunicazione e gestione del patrimonio culturale. E invece con grande tristezza constatiamo ancora continui e autolesionistici tentativi di aggressione al patrimonio culturale, monumentale e paesaggistico siciliano.”

Argo

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  • Ancora una volta in Sicilia i quadri politicanti tacciono sulla gravissime aggressioni paesaggistiche alla Plaia ed alla zona Sud di Catania , eseguite con una “nuova darsena" portuale. Un cemento e successive continue cementificazioni che favoriscono alcuni operatori del trasporto marittimo fra i quali i tanti sotto indagini e sequestri della DIA. Ancora un volta silenzio politico sulla urgenza vitale per Catania, di restituirle il proprio porto e di aprirlo al turismo marittimo internazionale ed alla economia di ripresa che oggi tutto il pianeta attende non certo in coda.

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