Coronavirus, siamo tutti nella stessa barca?

Che una pandemia sarebbe arrivata sembravano averlo previsto in molti. Anche se erano di più quelli che avevano scelto di fare orecchie da mercante e continuare a far finta di niente.

L’aveva ritenuta probabile Bill Gates anni fa in una sua ormai famosa conferenza. Libri ed articoli scientifici l’hanno ampiamente ipotizzata e documentata, e anche l’ ONU aveva sentito l’urgenza di affermare che un rischio c’era, era reale, e che avrebbe colto impreparato il mondo intero.

Il fatto che una pandemia fosse in qualche modo prevista, ritenuta imminente, potrebbe avvalorare l’ ipotesi di chi non la crede solo un evento “naturale”, come un’ eruzione , o un terremoto, ma vi ravvisa il concorso dell’azione dell’uomo.

Un ambiente naturale sempre più degradato, il crollo della biodiversità, un allevamento intensivo con milioni di animali, dalla vita breve, geneticamente simili, ammassati in ambienti malsani, avrebbero aiutato, secondo alcuni scienziati, il diffondersi del virus.

Ed il salto dagli animali all’uomo sarebbe stato ulteriormente facilitato da queste e altre modificazioni della complessità ambientale dovute alle attività umane.

E poi bisognerebbe riflettere se è vero, come vuole la retorica di questi giorni, che siamo tutti sulla stessa barca. A questo interrogativo, e a buon diritto, si può rispondere che, certo, si ammalano i ricchi come i poveri, che ricchi e poveri stanno rinchiusi nelle loro case, e muoiono negli ospedali.

Eppure, persino un giornale moderato come Die Zeit, scrive che questo “stato di emergenza espone ed aggrava senza pietà le disuguaglianze sociali”.

Non tutte le case in cui si sta rinchiusi sono uguali. Non tutti i mestieri si possono fare con lo smart working. Molti lavoratori ed i più umili sono costretti a scegliere tra la salute ed il lavoro, non tutte le famiglie dispongono di tablet e computer per le lezioni on line dei loro figli.

E mentre crolla l’ennesimo castello di carte finanziario, un sapore amaro nella bocca ci fa presagire che quelli che pagheranno il prezzo più salato di questo sconquasso saranno ancora una volta i lavoratori più poveri.

E che la classe media, quella che una volta era chiamata media borghesia, ormai da anni annientata nella sua indipendenza e nel suo orgoglio, verrà ingoiata dal pesce più grosso, il grande capitale.

Lo spirito antropologico del capitalismo, con la sua naturale voracità, sa come lucrare anche sui disastri, per conquistarsi vantaggi competitivi, fette di mercato.

A meno che gli Stati non si ricordino della loro funzione, del motivo della loro esistenza. E decidano di combattere la loro battaglia in nome di tutti i loro cittadini.

Un possibile approfondimento

Argo

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  • Purtroppo no e Johnson ne è una riprova!! Come in guerra tutti sotto le bombe invisibili del Corona Virus!
    Poi per l'economia è tutto un altro discorso!!

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