Si può fare. Si può sequestrare una società di trasporti di prodotti ortofrutticoli ad una potente famiglia mafiosa.
Se ne può affidare la gestione ad un amministratore giudiziario che può decidere di resistere e farla andare avanti.
Si può superare un lungo periodo difficile e poi arrivare ad una svolta che punta ad una riconversione definitiva e dichiarata a favore della legalità.
E gli ex dipendenti possono decidere di diventare comproprietari di una cooperativa che oggi rifornisce i supermercati di tutta Italia.
Si può fare, con un po’ di coraggio.
E’ quanto è accaduto alla Geotrans, società di trasporti appartenuta al boss della mafia Vincenzo Ercolano, messa sotto sequestro nel maggio del 2014 perché gestita con “metodo mafioso”, cioè attraverso minacce e intimidazioni, ed affidata ad un amministratore giudiziario al quale è toccato il compito di farla sopravvivere.
L’unico precedente di un’azienda di autotrasporti sequestrata alla mafia nel tentativo di traghettarla verso la legalità ha riguardato la 6Gdo di Castelvetrano e si è concluso con il fallimento dell’azienda e la perdita del lavoro per i 250 dipendenti.
E’ difficile il compito che spetta all’amministratore giudiziario Luciano Modica, ed è reso ancora più gravoso dal fatto che, per ben sei mesi, gli toccherà spartire la sede con i vecchi proprietari: Vincenzo Ercolano, sua sorella Cosima Palma e la madre, Grazia Santapaola.
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Già perché in previsione di futuri guai giudiziari la famiglia ha creato una società fantasma alla quale è intestata la sede, che è stata così sequestrata solo in parte. E quindi, fatto paradossale, gli Ercolano possono continuare il loro lavoro fianco a fianco con gli ex dipendenti ed il nuovo amministratore, sottraendo clienti alla Geotrans.
Si deve arrivare al novembre dello stesso anno per vedere finalmente l’arresto di Ercolano e la messa in sequestro di questa seconda società.
E’ così arrivato il momento, per amministratore e dipendenti, dopo mesi di tentennamenti, di difficoltà economiche e intimidazioni psicologiche subite, di compiere una scelta.
Nel 2018 Vincenzo Ercolano è condannato in primo grado a quindici anni di carcere e la Geotrans gli viene confiscata definitivamente. Ancora una volta gli ex dipendenti sono chiamati ad una nuova decisione. Ancora una volta decidono.
Decidono di costituirsi in cooperativa e chiedono all’Agenzia nazionale per i beni confiscati l’assegnazione in comodato gratuito dei beni della vecchia società. E’ un passo rischioso, ma che alla fine si rivela vincente.
Ora l’azienda, con i suoi 21 dipendenti, è al suo primo anno di vita, ed è in attivo. Chiuderà l’anno con un fatturato previsto di cinque milioni di euro. Ma non conta solo questo.
Nell’azienda sono state reintrodotte tutte le normali regole di tutela dei lavoratori. Niente più turni massacranti di 16, anche 18 ore di fila, niente più retribuzioni fuori busta paga, niente più accesso negato alle associazioni sindacali.
Nell’ufficio che fu del boss mafioso si possono vedere appesi al muro i ritratti dei giudici Falcone e Borsellino. Non sono stati messi lì da poco. Vi furono appesi una mattina quando ancora la famiglia Ercolano ne poteva varcare la soglia. Quella mattina Cosima Palma e la madre Grazia, sorella di Nitto Santapaola, condannato a 18 ergastoli tra i quali due per le stragi di Capaci e via D’Amelio, alzarono gli occhi e li videro. E non poterono farci nulla.
Quello è stato il primo atto di coraggio da parte di questi uomini, il loro primo gesto di sfida alla cultura mafiosa, il primo passo in un cammino di sofferte decisioni con le quali hanno acquistato, oltre la libertà, la dignità
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Bellissima notizia.