Ce l’ha proposta CittàInsieme e Argo l’ha subito fatta sua, come hanno fatto altre ventidue associazioni cittadine.
Così quando ascoltiamo annunci vari e discordanti sull’utilizzo delle strutture ospedaliere dismesse, come il Vittorio Emanuele o il Santo Bambino, non siamo davanti ad una questione riservata a tecnici e politici.
Le scelte sulla localizzazione di enti ed istituzioni pubbliche della città spettano al Consiglio Comunale, a coloro a cui abbiamo affidato il mandato di operare nel nostro interesse, prestando attenzione ad utilizzare in modo funzionale gli spazi e rendere efficiente la mobilità.
In passato, ci ricorda la lettera, così non è stato e la città è stata danneggiata da scelte fatte per soddisfare gli interessi di gruppi imprenditoriali privati, senza nessuna visione strategica.
Non mancano, nel documento, i riferimenti a situazioni pregresse, ma anche a casi attuali come la nuova destinazione dell’ex Palazzo delle Poste, scelta senza passare dal vaglio del Consiglio, nonostante la necessità di ricorrere ad una variante urbanistica.
L’idea di poterne fare a meno è, infatti, legata al presupposto, errato, che la proprietà o la titolarità di un’area conferisca il potere di deciderne la destinazione urbanistica. Niente di più falso, non solo nel caso di privati, ma anche di enti, tanto più quando essi utilizzano risorse pubbliche, vale a dire i soldi delle nostre tasse.
Ecco la lettera
L’Urbanistica appartiene ai Cittadini
Con l’apertura dell’Ospedale San Marco di Catania a Librino, la dismissione delle aree ospedaliere in Centro storico ha subito un’accelerazione considerevole. I vuoti iniziano a mostrarsi in tutta la loro drammatica consistenza e, dal momento che in natura non esistono vuoti, abbiamo notizia che questi ultimi stiano già iniziando ad essere riempiti da forme di occupazione spontanea.
Ciò che però ci preoccupa maggiormente è la totale assenza nel dibattito pubblico di una visione strategica circa la pianificazione e la futura destinazione delle aree dismesse.
Non sappiamo se il Sindaco abbia una qualche visione al riguardo, sappiamo però con certezza che ogni qualsivoglia idea, proposta, progetto che un ente o un’istituzione abbia su un’area di sua “proprietà” debba passare dal vaglio di chi esercita il potere esclusivo di pianificazione urbanistica, ossia i cittadini, attraverso i consiglieri comunali, cui hanno dato mandato esclusivo di rappresentanza anche, e soprattutto, sulle questioni sociali di grande importanza come quelle che riguardano Il corretto sviluppo urbano, nel rispetto delle esigenze dell’intera cittadinanza, e non di sparute minoranze.
E invece assistiamo ad annunci su annunci, che vorticosamente si susseguono sui giornali e i blog, di nuovi progetti tra i più disparati e variopinti (dal Campus Universitario ad un grande polo culturale internazionale per l’ex Vittorio Emanuele; dal presidio di legalità per l’ex S. Bambino alle ancora controverse idee per il Ferrarotto).
Tutte idee interessanti, per carità, che emergono da legittime esigenze da parte di diversi enti ed istituzioni (Forze dell’Ordine, Regione, Università, ERSU, etc.), che come tali vanno ridotte a sintesi ed inserite all’interno di un ragionamento complessivo sulla distribuzione nella città delle varie attività e delle sue infrastrutture. Ragionamento che spetta al Comune in quanto il ruolo che la legge gli affida è proprio quello di pianificatore e gestore delle varie scelte.
La storia urbanistica della città di Catania dimostra del resto che proprio la cattiva localizzazione delle attività degli enti e delle istituzioni pubbliche sia stata tra le cause principali della distorta fruizione pubblica degli spazi e della inefficiente mobilità. E non dimentichiamo, peraltro, che talune localizzazioni del passato riguardo servizi pubblici essenziali furono decise sulla base non dell’interesse pubblico bensì e su impulso di gruppi imprenditoriali che costruivano e vendevano ai vari Enti gli edifici da loro realizzati nelle aree che avevano a disposizione.
Pensiamo, per fare soltanto alcuni esempi, all’ex Pretura in Via Crispi, agli uffici finanziari alla Circonvallazione, alla sede INAIL in Via Cifali, all’Ospedale San Marco a Librino, fino alla nuova tentazione di procedere in modo analogo con la proposta di “torre” per uffici comunali al Corso dei Martiri.
Pensiamo anche all’ex Palazzo delle Poste in Viale Africa. Su quest’ultimo i vertici di tutte le principali Istituzioni a vario titolo coinvolte sembrano concordi nella scelta di realizzare la cosiddetta “Cittadella Giudiziaria” nell’area del dismesso Palazzo delle Poste. Siglato ed annunciato l’accordo, si sta adesso per procedere verso l’appalto dell’opera senza nemmeno avere consultato il Consiglio Comunale. Eppure si tratta di un’opera in variante al PRG ancora in vigore, che destina l’area a servizi ferroviari ed in parte a verde pubblico, e dovrebbe essere proprio la discussione sulla variante urbanistica il primo passo per valutare adeguatamente la scelta della localizzazione, che non può essere stabilita a-priori mettendo poi di fatto il Consiglio Comunale nelle condizioni di una semplice presa d’atto, o peggio, non coinvolgendolo del tutto.
Sono gli “egoismi” delle istituzioni che innanzitutto occorre coordinare, disciplinare, ricondurre all’interno di un quadro urbanistico organico e funzionale.
Ognuno degli Enti coinvolti nelle aree ospedaliere in Centro storico e nella realizzazione della Cittadella Giudiziaria ritiene, in quanto “proprietario”, di potere decidere a priori sul loro destino. Ciò non è legittimo né accettabile per almeno tre ragioni.
La prima: il potere esclusivo di pianificazione urbanistica spetta al Consiglio Comunale, cioè ai rappresentanti dei cittadini che abitano in quel determinato territorio. La seconda: la proprietà o comunque la titolarità di un terreno non conferisce il diritto di pianificarne la destinazione urbanistica (se fosse così, allora, un qualsiasi privato di un suolo avrebbe lo stesso diritto, e così non è). La terza: i luoghi, i terreni, gli immobili di cui si discute sono stati acquisiti ed utilizzati con risorse pubbliche (ossia con le tasse dei cittadini) e dunque la destinazione per il loro riutilizzo non dovrebbe prescindere da dinamiche di restituzione del loro valore agli stessi cittadini attraverso l’incremento della dotazione dei servizi pubblici, e sicuramente senza prescindere da processi decisionali che vedano davvero coinvolta la comunità cittadina.
Hanno sottoscritto la lettera le associazioni e i gruppi attivi: Acquedotte_Arte, Architettura, Aree Urbane – Argo Catania – Cantiere delle Rigenerazioni – Catania Ecologia – Centrocontemporaneo – C’era domani Librino – Comitato Cittadino Vulcania – Comitato D’OVE Ripensare la Città – Comitato Popolare Antico Corso – Comitato Popolare Beni Pubblici e Comuni “Stefano Rodotà” – Coordinamento Provinciale di LIBERA a Catania – CTA Sicilia – Fondazione Ebbene – Fridays For Future Catania – Legambiente Catania – LIPU sez. di Catania – Mobilita Catania – Movimento Ecologista – Patto per la Partecipazione Popolare Beni Comuni Area Vasta – UDI (Unione Donne d’Italia) di Catania – Trame di Quartiere – Whole_urban regeneration
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