Ne abbiamo parlato ieri sera alla birreria Malto di Acicastello con Federico Ticchi, autore del libro “Pyongyang paranoica”, edito da Scatole parlanti.
Ticchi, giovane bolognese, ha avuto il privilegio di varcare i confini del regime militare nord coreano in qualità di delegato politico e, oltre a partecipare a un convegno internazionale sul socialismo coreano, ha toccato con mano la vita di un popolo governato da oltre 70 anni dalla dinastia Kim.
Pyongyang paranoica raccoglie gli appunti di un viaggio unico e destinato a pochissimi, una raccolta di sensazioni e riflessioni su un mondo a noi blindato, ma che l’autore riesce a svelare, pagina dopo pagina: scortato sin dall’arrivo in aeroporto, Ticchi e i suoi compagni di viaggio non potevano mai girare in città da soli, non gli era concesso parlare con la gente e perfino in hotel le stanze degli stranieri erano separate da quelle dei nord coreani per limitare al massimo il confronto.
Per le strade il colore dominante è il verde, quello delle divise dei militari. In Corea del Nord, infatti, c’è un militare ogni 5 abitanti.
Anche ieri sera l’atmosfera era molto rilassata e il pubblico, fatto di soli giovani, ha tempestato l’autore di domande sulle curiosità più disparate: il buio e il silenzio assoluto in cui la città sprofonda ogni sera, lo sguardo sempre basso della gente per strada, l’estrema difficoltà per la popolazione civile di uscire dal paese che si tramuta a volte in tragici viaggi nel Mare del Giappone. Anche se nessuno conosce il numero reale degli esuli nordcoreani.
Nonostante la serietà del tema, la lettura scorre veloce lungo i binari di un’ironia piacevole e mai scontata e si coglie anche qualche aspetto positivo come l’attenzione della gente per il bene comune, in netto calo invece nella nostra società dominata dal consumismo.
Tanti gli spunti di riflessione che emergono da questa breve lettura e che costringono il lettore a porsi delle domande su una realtà così inaccessibile, ma di cui tutti parlano.
E a riflettere su alcuni diritti, frutto di sanguinose lotte, che troppo spesso diamo per scontati.
Primo fra tutti, secondo Ticchi, la libertà di pensiero: “liberi di pensare. E’ questa la libertà più importante (…). Non ci dovrebbero essere limiti alla libertà di pensiero, di crearsi una propria opinione. Discutere, confrontarsi e crescere gli uni con gli altri. Senza che una persona o un pensiero possano obbligare al silenzio, negare il dissenso”.
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Sono stata in Corea del Nord per 15 giorni nel 1989, come partecipante all'ultimo Festival Comunista della gioventù progressista di tutto il mondo. C'erano giovani di 36 nazionalità, che rappresentavano le aree calde del pianeta e si facevano testimoni di diverse sensibilità.
Una esperienza unica, su cui è stata costruita anche una mostra dall'ex sindaco di Sortino Orazio Mezzio.
La Storia in Corea nasceva con Kim il Sung.
Quel totalitarismo faceva impallidire il culto della personalità degli altri regimi del '900. L'immagine di Kim ciascuno la portava addosso in una spilla e in ogni stanza c'era la sua icona.
La delegazione italiana e quella danese, per avere manifestato in difesa dei diritti umani, era sotto scorta.
Gli interpreti ci chiesero cosa fossero i diritti umani. Parlammo di Illuminismo e altro, ma non replicavano. Probabilmente erano controllati.
Certo, gli spettacoli organizzati per quell'evento erano sì il segno di una militarizzazione del tempo libero, ma denotavano una capacità organizzativa non comune ed anche senso della bellezza.
Si diceva che fossero stati organizzati 50.000 bambini delle scuole.
Immagini straordinarie, che ancora conservo in un bel servizio fotografico.