Abbattere le barriere per riuscire a intercettare le persone che non accedono ai Servizi pubblici, “troppo burocratizzati”, attraverso un lavoro di strada e nei luoghi informali di aggregazione.
Abbattere le barriere tra pubblico e privato sociale per una collaborazione non più occasionale o legata alla disponibilità di alcuni operatori, ma sistematica e – si spera – fattiva, attraverso un protocollo d’intesa di recente sottoscritto.
Abbattere le barriere per far sì che la libera circolazione delle persone migranti “sia un diritto e non una utopia”, mentre oggi l’emigrazione da diritto è diventato delitto.
Il razzismo – si è detto – non è cresciuto rispetto a prima. Anche in passato vi sono state manifestazioni razziste. La differenza è che in passato le agenzie di mediazione (partiti, sindacati, associazioni) contrastavano questo tipo di impeto, ma soprattutto vi era la percezione di un futuro non cupo, come avviene adesso.
Il progetto, avviato da un anno, si è realizzato attraverso visite nei Centri di accoglienza (compresi i CARA), in strada e nei luoghi di aggregazione. Sono state intercettate 13 persone positive al test HIV (la maggior parte delle quali contagiate dopo essere arrivate in Italia), 4 in stato di gravidanza e 2 che hanno vissuto l’interruzione di gravidanza.
Sono stati distribuiti 2929 depliant informativi multilingue, 2032 condom, 384 test HIV, 384 test HCV e 11 test di gravidanza. È stata avviata la formazione per 120 operatori esterni e 30 operatori LILA.
Durante il progetto sono stati incontrati 2571 migranti, 2187 sono state le attività di outreach e 384 i colloqui con staff medico, psicologico e sociale.
Faremmo un torto allo spirito del convegno, però, se focalizzassimo l’attenzione solo sui numeri. Il messaggio principale trasmesso è stato l’entusiasmo e la passione degli operatori di strada che hanno cercato di entrare in relazione con quante più persone possibili, individuate come possibili vittime di violenza.
Si è evidenziato il rischio che, per la popolazione migrante, venga messo in discussione il diritto alla salute, tanto sbandierato nel nostro Paese.
L’abolizione della protezione umanitaria ha reso, infatti, illegale la presenza sul nostro territorio di molte persone che cercavano di inserirsi attraverso gli SPRAR (centri di accoglienza, ora aboliti e sostituiti da altri molto più restrittivi). E’ così venuta meno, per costoro, anche l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale.
Vero è che queste persone possono usufruire delle prestazioni indispensabili previste per gli Stranieri Temporaneamente Presenti, ma si tratta solo di interventi indifferibili e quindi insufficienti per la cura della loro salute e a tutela di tutta la popolazione.
Non sono mancate note di ottimismo. Una di queste riguarda la sentenza di un giudice di Catania che ha imposto al Comune l’iscrizione anagrafica anche di coloro che non hanno una residenza ufficiale. Una sentenza che – come Argo ha già scritto – ha allineato Catania ad altre grandi città italiane e permetterà ai richiedenti asilo di usufruire di diritti fondamentali come quello di iscriversi al Servizio Sanitario per la scelta del medico,
Non è la prima volta che la LILA si fa promotrice di interventi simili a quelli realizzati con questo progetto. Da oltre 35 anni vengono portate avanti, da operatori di strada, iniziative per intercettare persone che vivono nel disagio, innanzi tutto consumatori di sostanze stupefacenti, ma anche altre categorie di persone che non accedono facilmente ai servizi pubblici ma hanno necessità di essere aiutate.
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