Una spiaggia splendida, la Plaia, con chilometri di fine sabbia dorata e l’Etna maestoso sullo sfondo, innevato o meno a seconda delle stagioni.
Un bene collettivo unico, di cui dovremmo essere orgogliosi e che dovremmo difendere da ogni accaparramento impegnandoci a mantenerlo decoroso e pulito, con strutture opportunamente distanziate dalla battigia e rispettose del contesto anche dal punto di vista architettonico.
Non è solo una esigenza estetica. L’inedificabilità della fascia costiera nei 150 metri dalla battigia è un principio fondamentale della legislazione statale, tanto che le opere abusivamente realizzate in questa fascia “debbono ritenersi insanabili, in quanto il vincolo riveste carattere assoluto e inderogabile”.
Era stato iniziato, alcuni anni fa, per iniziativa della Regione, anche un iter di demolizioni di strutture in cemento realizzate a ridosso del mare, ma si è poi interrotto.
La Plaia, così come tutta la costa sabbiosa a sud della città, è ancora costellata di stabilimenti balneari, villaggi turistici e strutture di vario tipo che ricadono all’interno della fascia che dovrebbe essere interdetta.
Oltre che impedire la vista del mare, esse comportano un divieto di accesso e di libero transito anche a chi vorrebbe solo bagnarsi o sostare sulla riva.
Eppure norme regionali e nazionali prescrivono esplicitamente che transito verso il bagnasciuga e sosta sulla battigia debbano essere liberamente consentiti a tutti e vietano anche installazioni precarie come ombrelloni e sedie sdraio per 5 metri di profondità,.
La spiaggia è infatti un bene comune e anche i cosiddetti ‘proprietari‘ degli stabilimenti sono soltanto dei concessionari di un terreno pubblico.
Progetti più o meno faraonici, Waterfront, Piani Urbanistici Attuativi cercano di aggirare le norme esistenti e promettono uno sviluppo turistico ed economico poco credibile ed anche pericoloso per l’ambiente, trascurando il fatto che proprio la bellezza dei luoghi, mantenuti integri, può essere un volano anche per la nostra economia.
Mai diventerà bellissima!
Bisognerebbe organizzare una azione legale collettiva (class action) a tutela del diritto negato di fruizione del litorale e di denuncia per danno ambientale e omissione di prevenzione da possibili accadimenti emergenziali (tsunami, alluvioni, ecc…).
Ma forse è stata tentata e non sono abbastanza informato…
Questo, distanza dal mare, ed altri vincoli, rendono quelle aree pericolose per chi ci abita ed uno scempio dal punto di vista urbanistico e ambientale.
sono le solite bugie provenienti dai veri responsabili della devastazione della città e d’intorni. Mi fa solo ridere di compassione. Siamo stati sempre gabbati da questi mostruosi individui dal volto e dal sorriso mellifluo ma profondamente ipocriti.
Ora spostiamo il mare di 100 metri….