Oggi, nell’anniversario della Marcia su Roma, proponiamo una riflessione di Salvatore Distefano, presidente dell’Associazione etnea studi storico-filosofici.
Discriminazione da una parte, eguaglianza e universalità dei diritti dall’altra. Soppressione del pluralismo da una parte, massima distribuzione, articolazione e diffusione dei poteri dall’altra.
Aggressione alle autonomie individuali e sociali da una parte, difesa e ripristino delle libertà individuali e di quelle dell’organizzazione sociale dall’altra.
Fascismo e Costituzione si basano su principi antitetici, con piena consapevolezza dei padri costituenti che vollero opporsi ai principi che il fascismo aveva proclamato e praticato.
Anche sul tema della guerra. Come il fascismo aveva celebrato la politica di potenza e il disprezzo del diritto internazionale, così i costituenti hanno negato in radice la politica di potenza, riconoscendo la supremazia del diritto internazionale e ripudiando le nozze antichissime con l’istituzione della guerra.
Proprio per questo oggi, 28 Ottobre non bisogna dimenticare il 97° anniversario della Marcia su Roma.
La “marcia su Roma” ha, infatti, rappresentato un momento di snodo fondamentale nella storia d’Italia, una data che segna il crollo definitivo della vecchia Italia liberale e l’avvento al potere del fascismo: un vero e proprio momento di “sovversione delle classi dirigenti” come lo definì Antonio Gramsci.
Di questo avvenimento è oggi necessario alimentare la memoria storica per comprendere appieno ciò che il fascismo è stato ed evitare i fenomeni di pericoloso revisionismo che si stanno manifestando.
Ricordare l’esito politico del 28 ottobre 1922 significa anche interrogarsi sul perché la nostra Costituzione non può essere modificata in punti nei quali perderebbe il suo carattere antifascista: ad esempio, nell’affermazione della centralità del Parlamento.
Uno de padri costituenti, Giuseppe Dossetti, metteva in luce la rilevanza dell’evento globale che l’aveva ispirata: “In realtà, la Costituzione Italiana è nata ed è stata ispirata da un grande fatto globale, cioè i sei anni della seconda guerra mondiale.”
L’aver condotto l’Italia nella spirale mortale della guerra rimane la responsabilità più grande del regime fascista, ma si tratta di una responsabilità che discende direttamente dal modo con il quale il fascismo aveva assunto il potere, con la marcia su Roma, e poi dall’emanazione delle “leggi fascistissime” promulgate dopo la crisi determinata dal delitto Matteotti e, ancora più avanti, dall’emanazione delle leggi razziali del 1938: il fascismo fin dall’inizio è stato feroce interprete della repressione della democrazia.
Proprio la consapevolezza di questo fatto portò l’insieme dell’Assemblea Costituente a superare le concezioni di parte e le esplicitazioni delle ideologie contrapposte, spingendo tutti a cercare, al di là di ogni interesse e strategia particolare, un consenso comune.
Mantenere la memoria della “marcia su Roma” serve a ricordarci come il presupposto politico della Costituzione Italiana sia rappresentato ancora e sempre dall’antifascismo: la Costituzione italiana è una costituzione compiutamente antifascista, non perché è stata scritta da antifascisti desiderosi di vendicarsi dei lutti subiti, ma per voltare definitivamente pagina rispetto alla terribile esperienza del fascismo e della guerra.
Osservare fin qui spirito e lettera della Costituzione ha reso impossibile ogni forma di “dittatura della maggioranza”.
Ecco perchè i tentativi per modificarla destano preoccupazione: la Costituzione è vissuta come un impaccio, una serie di vincoli fastidiosi, di cui sbarazzarsi per restaurare l’onnipotenza dei decisori politici.
La Costituzione non prevede “pieni poteri”, oppure l’apertura del Parlamento “come una scatola di tonno”: perciò deve essere tolta di mezzo.
Dobbiamo continuare a respingere questi attacchi e queste pericolose tentazioni e, proprio per queste ragioni, non smarrire mai il senso della memoria storica: anche ricordando un evento funesto e drammatico come quello della Marcia su Roma.
E’ molto arduo parlare seriamente di fascismo. o di antifascismo, nell’arco delle poche righe concesse da un articolo giornalistico;
e, tuttavia, se proprio me lo si chiedesse, in estrema sintesi, io risponderei citando Piero Gobetti: “il fascismo autobiografia di una nazione”.