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Catania green?

Riduzione dei rischi climatici come uno dei criteri fondativi nella revisione del Piano regolatore di Catania “con l’introduzione di regole che impediscano la definitiva compromissione delle poche aree libere residue”.

Ne parlava disinvoltamente a Londra, nel 2011, l’allora sindaco Stancanelli, in un dotto intervento tenuto al progetto europeo Grabs (acronimo di Green and Blue Space Adaptation for Urban Areas and Eco Towns).

Allora Argo parlò con ironia delle dichiarazioni del primo cittadino che discettava di “dotazione di verde destinato a controbilanciare gli effetti delle cosiddetta isola di calore” e di altro ancora, in una città – come scrivevamo – lasciata “crescere senza lasciare nemmeno lo spazio per un vaso di prezzemolo”.

Adesso, dopo otto anni, siamo meno propensi a sorridere per il modo in cui si sta procedendo a liquidare, a forza di varianti e altri accorgimenti discutibili, proprio le residue aree verdi trascurando nel contempo la cura e la manutenzione del poco verde disponibile nei parchi della città.

L’Amministrazione attuale gioca con le parole (dichiarazioni, promesse, etc), i cittadini dimostrano in genere poco o nessun senso civico, anche se ci sono iniziative di difesa e cura del verde portate avanti da gruppi più o meno spontanei.

Di recente, lo scorso 22 settembre, in occasione delle giornate “Puliamo il mondo”, un gruppo di volontari di Legambiente ha dedicato la propria giornata domenicale alla pulizia del Parco Gioeni da rifiuti di ogni genere che “abbellivano” le aree chiazzate da verde mediterraneo.

Ma chi volesse visitare questo che è con i suoi quasi otto ettari il più grande parco cittadino, più grande della stessa Villa Bellini, avvertirebbe un gran tuffo al cuore ed uno sgomento per il modo in cui è “curato” da parte della nostra Amministrazione e di chi saltuariamente ne usufruisce.

Cartacce, cicche e rifiuti vari costituiscono solo un corollario al degrado generale caratterizzato da erbacce che ricoprono tutti gli angoli, sedili divelti, giochi da bambinopoli deteriorati e danneggiati, fontanelle asciutte, alberi bruciati , piante incolte.

Al pari di un’altra zona verde di Catania, il boschetto della Plaia (una parte del quale ha rischiato di essere svenduto), anche un’area del parco Gioeni è andata in fumo.

Il Parco deve il suo nome ad un vulcanologo vissuto tra il XVII ed il XVIII secolo, ed il progetto fu concepito già nel 1931, includendolo nel piano regolatore redatto da Michelangelo Mancini a Nord del quartier Borgo, al di là della circonvallazione.

Il progetto fu approvato nel 1942, ma a causa della seconda guerra mondiale i lavori furono rimandati ed iniziati solo nel 1972 sotto il mandato sindacale di Ignazio Marcoccio, con tre finanziamenti successivi della Regione Siciliana.

Fu completato nella prima metà degli anni ’90 (60 anni dopo dalla fase progettuale) ed inaugurato durante il secondo mandato del sindaco Bianco.

Il parco a detta della scheda del comune di Catania, ha una superficie di otto ettari, mentre alcune rilevazione lo danno con una superficie di poco superiore ai sette ettari e comunque sempre più grande della villa Bellini che ha una superficie di poco superiore ai sei ettari.

E’ segnalata una bambinopoli, oggi quasi inesistente, ed un verde costituito da una macchia (rarefatta) mediterranea con piante Solinus, Quercus, Robinia, Pistacia e Palmizi.

Ma il tutto in un’incuria che fa paura.

Qualche volenteroso può ancora ammirare i resti dell’Acquedotto Benedettino, come anche la Grotta tondo Gioeni, piccola cavità venutasi a creare dallo scorrimento lavico.

Molte sono state nel tempo le iniziative per rivalutare e valorizzare questa importante area verde: FAI, Legambiente, Comitato Romolo Murri, cittadini, ma senza raggiungere nulla di concreto.

Ultima proposta nel giugno 2018 quella di creare un parco dello sport, avanzata dagli architetti Ignazio Lutri ed Emanuele Perrotta.

Le cause del degrado e dell’abbandono sono numerose e concorrono certamente sia l’indifferenza dei cittadini come l’ignavia o l’assenza dell’Amministrazione Comunale che non coinvolge solo il Parco Gioeni, ma tutto il verde che dovrebbe qualificare la nostra città: il Boschetto della Plaja, la Villa Pacini, i Parchi dei Vicerè, Aldo Moro, Gandhi, Falcone, M.T. Calcutta e l’ultimo nato, in Trappeto Nord, dedicato a Beppe Montana.

Eppure il Comune vanta l’efficienza del Servizio Progettazioni e Lavori per il Verde e Tutela e gestione del Verde Pubblico, diretto da Lara Riguccio, agronoma e paesaggista. Anche la partecipata Catania Multiservizi con i suoi 400 dipendenti pare debba fare salti mortali anche se, dagli effetti, sembra piuttosto immobile.

Sta di fatto che nello studio pubblicato l’anno scorso dal Sole24ore dove venivano utilizzati 16 parametri per stabilire il grado di “green” delle città italiane l’ultimo posto tocca proprio a Catania, preceduta di poco da altre città siciliane, come Palermo, Enna e Caltanissetta.

Argo

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  • Una delle più gravi fra le tante porcherie di quella gentaglia che continua ad approfittare del nostro voto. C'è solo un rimedio a simili governi : lo Stato , cioè la Magistratura.

  • Il Piano regolatore a Catania è ancora nella mente di Dio. S pazi ed aree a verde non possono essere create dal nulla. E' necessarioa la destinazione delle aree con un vincolo di Piano regolatore. Chiedete il parere di un bravo urbanista e non di un ingegnere che deve assecondare le mire di qualche suo cliente costruttore edile.Perchè intervenga la Magistratura è necessario che ci sia una denuncia ben motivata. Diversamente si possono anche m,acinare le scogliere. Nessuno si muove. E' accaduto ad Ognina ed una teste lo ha riferito nel corso di un processo penale.Ebbene, i giudici sono rimasti inebetiti. Ma nulla hanno fatto.Ecco il valore e la saggezza della nostra Magistratura.

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