Si definisce una femminista panafricana, ha 32 anni e si chiama Aya Chebbi, ha origine tunisina ed è attualmente portavoce della Gioventù in seno all’Unione Africana.
In questi giorni in cui si svolge in Francia la riunione del G7 che polarizza l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale, Mediterranea, la newsletter dell’Udi Catania sceglie di far conoscere l’opinione di Aya Chebbi sul summit e i suoi messaggi ai ‘grandi’ del mondo e soprattutto ai capi di Stato e ai leader della ‘sua’ Africa.
Sono trascorsi quasi dieci anni da quelle che molti di noi abbiamo chiamato ‘le primavere arabe’. Ne ho fatto parte, eravamo arrabbiati, rivendicavamo un futuro nel quale realizzare i nostri sogni. La nostra lotta era anche per farci sentire perché le nostre idee e speranze non erano rappresentate/ascoltate dai nostri governi.
Quelle proteste hanno avuto sviluppi e conseguenze diverse nei singoli Paesi, risultati differenti, ma una cosa è certa: la scesa in campo della gioventù ha cambiato il corso della storia.
Molte giovani donne sono state in prima fila in quei movimenti. Questo è andato al di là della semplice loro partecipazione alle manifestazioni. Erano organizzatrici, giornaliste, militanti politiche, studentesse e sono diventate capofila di un nuovo cyber-attivismo. Quello slancio ha fatto sentire al mondo le nostre voci.
Una povertà sessista
Guardiamo l’attuale situazione in Sudan: il Paese comincia appena a liberarsi da decenni di dittatura. Sono le donne che con più forza e più numerose hanno organizzato la rivolta pacifica contro la giunta militare.
Non è una coincidenza: le donne hanno tutte le ragioni per farsi sentire e reclamare diritti, in quel Paese non abbiamo uguali diritti, e non solo là!
La maggior parte dei paesi del mondo limita le opportunità economiche delle donne perfino nelle loro leggi. Più di cento paesi arrivano a vietare l’accesso delle donne a determinati lavori e in diciotto paesi gli uomini possono legalmente impedire alle ‘loro’ donne di lavorare.
Donne e ragazze sono colpite in modo più grave dalle diseguaglianze nei paesi più poveri, la povertà è sessista, e le donne scendono in piazza. Non ci sarà rivoluzione duratura senza femminismo.
È assurdo lasciare ai margini metà della popolazione se si vuole una società di eguali. Le donne e le ragazze sono il lievito per mettere fine alle povertà più estreme, una volta per tutte.
Al ritmo attuale dovrebbero trascorrere in media altri 108 anni per arrivare all’eguaglianza di genere nel mondo. Cosa si oppone al cambiamento delle condizioni delle ragazze e delle donne? Le mosse della politica evolvono lentamente.
Parole e fatti
A volte è necessario un elemento scatenante per cambiare le cose. Potrebbe succedere in questo week end, al summit del G7, quando Macron accoglierà i suoi omologhi a Biarritz. Il Presidente francese ha posto al cuore dell’agenda dei lavori la lotta alla povertà, con particolare accenno all’eguaglianza di genere.
Se ci si ferma ad esaminare la retorica dei e delle dirigenti nel passato, si può pensare che l’eguaglianza dei diritti tra uomini e donne potesse essere a portata di mano, con continui richiami all’importanza di migliorare la condizione di donne e ragazze… Solo parole.
E le parole non bastano. Contano i fatti e noi tutti e noi tutte dobbiamo pretendere veri progressi, non promesse.
Certo, un summit non può cambiare in un batter d’occhio la faccia del mondo. Ma può essere la prima pietra di un grande edificio. Per la prima volta il G7 non ha invitato i dirigenti e politici africani solo per la foto di rito e la stretta di mano, li ha coinvolti nel processo del negoziato. È un fatto inedito, una grande opportunità, un incoraggiamento ai cittadini per reclamare risposte dai loro governanti.
Un G7 decisivo
Se c’è la volontà reale di far progredire l’eguaglianza di genere, i capi di Stato si devono impegnare a mettere i soldi sul tavolo, ad abolire le leggi sessiste, a adottare politiche progressiste e a mettere in campo un meccanismo di verifica del rispetto di tutti gli impegni assunti in materia di eguaglianza uomo/donna.
Il G7 di Biarritz sarà decisivo per il futuro del G7. Storicamente la sua legittimità poggiava sulla cooperazione internazionale, decisioni condivise, avvio di processi di portata globale.
Quest’anno i protagonisti del G7 devono rispondere con avanzamenti reali e non con promesse sui diritti delle donne.
Non aspetteremo altri 108 anni!