Gli stessi organizzatori della carovana sintetizzano così le finalità del progetto:
rappresentare una novità per il luogo, per i contenuti e per il contesto in cui si proietta, dimostrando il forte impatto comunicativo del connubio Cinema e Legalità, mai sperimentato prima in queste modalità.
Se, al suo arrivo, il camioncino di Cinemovel appare come un’astronave nel deserto, tra la diffidenza degli abitanti del quartiere, dei ragazzi che sgommano sui motorini, delle ragazze concentrate sui loro smartphone; poi, col calare della sera, il telone montato dai carovanieri, le luci intense, la musica attraente, finiscono (almeno in parte) col trasformare la piazza in luogo di aggregazione.
Certo, la stragrande maggioranza del pubblico è costituita dai borghesi del centro città che (magari una sola volta all’anno) calano in periferia per assistere ad una proiezione cinematografica all’aperto, ma c’è sempre la sensazione che pian piano, a piccoli passi, conquistiamo di volta in volta l’attenzione degli abitanti della zona.
E’ la vicenda, in parte reale, di un centro per donne senza fissa dimora (l’Envole) alle prese con la fredda burocrazia che vuole farlo chiudere e pone quindi le assistenti sociali di fronte alla responsabilità di “riconvertire” le loro assistite verso forme creative di lavoro.
Il film è tratto da un servizio documentario della televisione francese, ispirato a sua volta da un libro dal titolo Sur la route des invisibles-Femmes dans la rue, ed alcune delle interpreti sono le stesse protagoniste della vita reale. Tutte – operatrici, volontarie, ospiti del centro – unite da un sentire femminile fatto di complicità e di gioia nel fare le cose ma anche da momenti di sconforto e di voglia di mollare tutto.
Viene così scongiurato il rischio del facile sociologismo sentimentalmente ricattatorio come quello della compassione di comodo, riconducendo sempre il discorso ad un disagio ed alle conseguenti forme di liberazione che ci riguardano tutti, perché tutti siamo precari.
Diventare “invisibili” è molto facile nella società della competizione esasperata, dove anche i diritti acquisiti vengono messi in discussione da una concorrenza senz’anima, senza umanità, e, ancora una volta, la risata, il ballo, la geniale invenzione (nonché la trasmissione) di abilità manuali e relazionali (persino la capacità di dire qualche bugia, per “migliorare il mondo”…) contribuiscono a seppellire l’astio, la competitività, l’esclusione.
Concluso il film, abbiamo riportato le sedie alla delegazione comunale (proprio di fronte alla piazza), lo schermo è stato smontato, abbiamo dato appuntamento agli amici di Cinemovel per l’anno prossimo.
Resta una piazza che va curata con l’amore della memoria, che non può riguardare solo un poliziotto ucciso perché faceva bene il suo lavoro, ma che ci interroga tutti ancora oggi sulla responsabilità di essere cittadini consapevoli, sull’obbligo morale di credere ancora al cambiamento nella direzione della giustizia sociale, rendendo visibili le sofferenze di ciascun essere umano.
Giuseppe Strazzulla
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