Molte furono le vittime delle stragi deliberate compiute nell’isola dai sodati tedeschi che avevano ricevuto l’ordine di ritardare a tutti i costi, ritirandosi, l’avanzata nemica.
A 76 anni di distanza Salvatore Distefano, già docente di Storia e Filosofia nei licei e presidente dell’Associazione etnea studi storico- filosofici, ricorda questo momento cruciale della nostra storia e i caduti che “meritano di essere menzionati come martiri della Resistenza italiana”.
Nell’estate del ’43 gli anglo-americani decisero di aprire il “secondo fronte” per porre fine alla barbarie, penetrando nell’Europa occidentale attraverso la penisola italiana, “il ventre molle” dello schieramento nazifascista.
Fu così che all’inizio del mese di Luglio, con una delle operazioni militari più imponenti della storia, britannici e statunitensi sbarcarono in diversi punti dell’isola e iniziarono l’avanzata.
A tal proposito, occorre sottolineare che le forze democratiche e antifasciste invitavano i siciliani a sganciarsi in tutti i modi dal nazifascismo perché ciò voleva dire aprire le porte dell’isola alla democrazia, alla libertà e alla pace.
A 76 anni dallo sbarco (10 Luglio) occorre sottolineare l’importanza di un avvenimento che favorì il crollo del regime fascista (25 Luglio) e fu decisivo per le sorti del Secondo conflitto mondiale.
Coloro che usano la colpevole equidistanza tra chi combatteva per il nazifascismo e chi vi si contrappose con immani sacrifici, forse non si rendono conto della gigantesca mistificazione.
Poniamoci, infatti, questa semplice domanda: chi ha voluto il più grande conflitto della storia dell’umanità, conflitto che ha provocato più di cinquanta milioni di morti e gigantesche distruzioni? Ed ecco la risposta: fu il nazifascismo, combattuto da USA, Gran Bretagna e URSS, e dalla Resistenza europea, che si unirono grazie alla discriminante dell’antifascismo e fermarono chi voleva imporre a livello planetario un modello di società fondato sulla schiavitù, sulle persecuzioni, sui campi di concentramento e di sterminio e sulla violenza quotidiana.
Le operazioni ebbero inizio la notte del 9 Luglio e nell’oscurità le forze navali alleate si diressero verso le coste della Sicilia. “Erano formate da 2775 navi trasporto di tutti i tipi e da 1800 mezzi da sbarco a fondo piatto e a sponde ribaltabili, che consentivano uno sbarco diretto di uomini, mezzi corazzati e artiglieria sulla terraferma. Questa flotta sterminata poteva inoltre contare sull’appoggio di 280 navi da battaglia, il cui apporto, si vedrà poi, sarebbe risultato essenziale: sarebbe stati, infatti, i cannoni delle navi da guerra a distruggere una a una, nella prima giornata di sbarco, tutte le batterie schierate sulla costa, e a battere, col loro micidiale fuoco di sbarramento, il retroterra, impedendo ed ostacolando l’arrivo dei rinforzi, o, più semplicemente ancora, annientandoli, prima che potessero giungere a contatto con le truppe alleate già attestate sulle spiagge.” (P. Maltese, 1981)
Non era la prima volta che la Sicilia assumeva questa centralità nella storia italiana; basti pensare, all’impresa dei Mille, senza la quale non ci sarebbe stata l’unità d’Italia, ai fasci siciliani (1891-’94) storicamente considerati come il primo movimento di massa del socialismo italiano, all’occupazione delle terre dopo la prima guerra mondiale.
E ora con lo sbarco si aprivano questioni di rilevanza mondiale: 1) il primo lembo di terra europea a essere liberato dal fascismo; 2) la fine del fascismo italiano, il primo dei regimi fascisti europei; 3) l’avanzata degli Alleati verso la Germania per porre fine al feroce regime hitleriano; 4) la costruzione di un rapporto tra Alleati e popolazioni europee che prefigurava l’assetto socio-politico degli anni a venire; 5) la firma dell’armistizio a Cassibile (Siracusa) il 3 settembre (reso pubblico l’8 settembre); 6) l’inizio della Resistenza, prima in Sicilia e poi a livello nazionale l’8 settembre con gli scontri a Roma (Porta S. Paolo).
Nella regione, inoltre, si verifica l’insorgenza separatista nella quale si possono distinguere, per certi versi, la rivolta verso il passato, per i problemi lasciati irrisolti dal Risorgimento, e gli errori commessi dallo stato italiano, sabaudo-liberale prima, sabaudo-fascista poi.
Ma l’insorgenza manifesta un disegno torbido che si identifica non solo nel proposito di provocare un distacco della Sicilia dall’Italia (o perlomeno un sostanziale indebolimento del rapporto unitario), ma anche e soprattutto nella difesa oltranzista delle più arcaiche strutture della società isolana, fondate sulla permanenza del latifondo: ecco perché il sicilianismo è stato sempre il terreno di forza dei proprietari terrieri e lo strumento di dominio delle classi privilegiate.
I soldati tedeschi in Sicilia hanno, dunque, l’ordine tassativo di ritardare a tutti i costi l’avanzata alleata e ciò avviene anche attraverso le efferate stragi naziste; stragi abituali, deliberate, intenzionali; espressione della loro stessa ragion d’essere.
E’ giusto oggi ricordare tutti i caduti nei paesi e nelle città dell’isola, che morirono a motivo della guerra scatenata dal nazifascismo e per le barbare stragi dei soldati hitleriani in fuga; caduti che meritano di essere menzionati come martiri della Resistenza italiana, che proprio in Sicilia ebbe inizio nell’estate del ’43, alcune settimane prima dell’8 settembre, nascita della patria democratica e antifascista e avvio della guerra di Liberazione.
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