Nella torrida e festiva Aci Castello d’inizio estate, gremita di gente e bancarelle, il circolo PD locale ha organizzato un incontro che ha avuto per tema la figura di Tina Modotti, fotografa rivoluzionaria.
Fortemente voluto da Loretta Granzotto, segretaria locale del partito, l’incontro, gestito per la parte storica da Carola Colonna, per l’aspetto artistico da Arturo Cosentino, si è rivelato molto lungo, com’era forse prevedibile visto la vita piena di avvenimenti della Modotti.
Chiamata semplicemente Tina, la vita avventurosa di questa donna fuori del comune è stata presentata ad un pubblico attento, prevalentemente femminile, col supporto di numerose foto d’epoca.
Ma chi è stata Tina Modotti? Tina nasce ad Udine nel 1896 da famiglia operaia. Dopo una scolarizzazione fermatasi alla terza elementare sperimenta, come tante altre bambine del suo tempo, un avvio precoce al mondo del lavoro.
Lavora quindi nelle filande, testimone suo malgrado del brutale processo d’industrializzazione che sconvolge le abitudini del mondo contadino ed artigiano scompaginandone la vita e costringendo molti all’emigrazione.
Il padre emigra in California e a San Francisco lo raggiungerà Tina a 16 anni. Anche lì ad attenderla c’é la fabbrica, ma il dopo lavoro lo trascorre nei circoli operai, dove matura idee socialiste ed una coscienza di classe.
Si sposa con un giovane intellettuale tormentato, chiamato col nomignolo di Robo, che l’avvia alla carriera d’attrice. Gira tre film ad Hollywood con un certo successo ma nonostante sia brava oltre che bellissima, quel mondo non fa per lei e butta tutto alle ortiche per iniziare una nuova vita artistica, stavolta da fotografa.
Ed è a cominciare da lì, da quella macchina fotografica, che scopre chi è veramente, da lì dispiega il suo sguardo curioso ed appassionato sul mondo, ne registra le ingiustizie, ne coglie la bellezza, soprattutto quella delle donne, fissa per sempre sulla pellicola le forme pure della natura e le forme artefatte che l’uomo faber dissemina nel paesaggio.
Il marito parte per il Messico, ma quando lei, ammaliata dalla fotografia e dal fotografo che le ha insegnato il mestiere, Paul Weston, si decide a raggiungerlo, lui è appena morto di vaiolo e Tina farà appena in tempo a seppellirlo.
Ma ora è in Messico, e verrà raggiunta dall’uomo che ama, ed il Messico è proprio quell’esplosione di colori di luce e di vita che il marito le aveva descritto nelle sue lettere.
Ma non è solo quello: è un paese che dopo essersi liberato dalla dittatura, sperimenta fasi rivoluzionarie sanguinose che contrappongono tra loro tutti i gruppi sociali: la Chiesa, la borghesia industriale, i latifondisti ed i campesinos. Questi ultimi, a turno, traditi da tutti, tra una batosta e l’altra riescono a maturare una coscienza politica che attira loro anche l’attenzione dell’Unione Sovietica stalinista. Poi c’è la classe degli intellettuali, particolarmente vicini a Tina sono Diego Rivera e la pittrice Frida Kahlo.
Il comunista Rivera dipinge murales per sollecitare il popolo a ribellarsi ed a combattere contro gli oppressori. Vi dipinge anche Tina con la moglie Frida Kahlo, mentre distribuiscono armi ai campesinos.
La passione politica di Tina è profonda e il suo attivismo la spinge ai vertici dell’organizzazione Soccorso Rosso Internazionale, un braccio dell’Internazionale Comunista attivo tra le due guerre mondiali.
Tina gira il Messico scattando fotografie che documentano, oltre alle bellezze del luogo, anche una società lacerata da gravi divari economici e culturali. Sono foto che verranno pubblicate su molti giornali di sinistra in tutto il mondo regalandole una certa notorietà. Diventerà inoltre la fotografa di El Machete, l’organo ufficiale del partito comunista messicano.
In un’intervista, parlando delle sue foto Tina confessa di provare disagio quando queste vengono ammirate come espressioni artistiche. “Le mie sono foto oneste, senza distorsioni né manipolazioni” dirà, e aggiungerà “Mi preme registrare con obiettività la vita in tutti i suoi aspetti in modo che esse abbiano valore di documenti, aggiungendovi solo la mia sensibilità ed intelligenza”.
Devono essere stati questi gli anni più felici della sua vita, ma l’amore declina, gli amici non sempre condividono le sue passioni politiche via via più intransigenti, il mondo è scosso da crisi economiche e rivendicazioni di classe, la cupa figura di Stalin getta la sua ombra sulla storia, Mussolini ha già compiuto la marcia su Roma, la Germania si prepara per una dittatura ancora più ambiziosa.
Tina lascia il Messico, andrà a Berlino, poi in Unione Sovietica e gli anni ‘30 la vedranno ancora in Spagna come infermiera durante la guerra civile, guerra che di fatto prepara la seconda guerra mondiale.
Tina non ne vedrà la fine: ritornata a Città del Messico muore nel 1942 in un taxi che la riporta a casa. Il poeta cileno Pablo Neruda le dedicherà bellissimi versi che celebrano una vita dedicata all‘impegno politico, alla passione rivoluzionaria, all‘arte, all’amore.
Noi la ricordiamo com’è in una foto: sdraiata sul prato ride a gola spiegata abbracciata all’amica Frida anche lei ridente. Sono entrambe molto belle, due giovani donne dal forte temperamento che i dolori dell’esistenza non hanno potuto spezzare, che mordono la vita e ne assaporano ogni pezzetto, con le sue gioie e dolori, i successi e i fallimenti, perché nulla è fatto per durare, né la bellezza né il talento, ma loro sono vive e sono lì, e nella risata che esce dalle loro gole c’è già la vittoria di tutta la vita del mondo.