Sul progetto Cogip della zona di Nizzeti non esiste alcuna autorizzazione.
Questo ha voluto precisare il Comune non appena sono circolate notizie relative ad una prossima cementificazione della vasta area alle spalle degli Istituti scolastici Marconi e Galilei.
Un’area che il Piano Regolatore Generale, redatto da Piccinato nel 1964, destina a verde pubblico.
Per utilizzarla ad altri scopi serve una variante che l’Amministrazione comunale nega sia stata approvata.
Ma il Comunicato ufficiale del Comune non basta a chiudere il caso. Si aprono anzi diversi interrogativi.
C’è, innanzi tutto, il riferimento a una conferenza dei servizi che deve aver coinvolto quanto meno le “Direzioni” interessate al progetto (Urbanistica, Lavori Pubblici, Patrimonio) e forse eventuali altri Enti, come il Genio Civile e la Soprintendenza.
Sebbene venga definita, nel Comunicato, come “mero atto burocratico, dovuto per legge”, una conferenza dei servizi non si convoca con leggerezza. Segna comunque l’inizio di un iter, mette in moto le procedure necessarie a portare avanti un progetto.
E presuppone che il privato interessato abbia avanzato la richiesta di approvazione della variante corredandola con i documenti previsti dalla legge.
Che senso ha allora parlare di “richieste di pre-fattibilità avanzate da soggetti privati esclusivamente su studi di fattibilità”?
C’è stata una richiesta correttamente avanzata che giustifica la conferenza dei servizi? In caso contrario si dovrebbe capire perchè mai pubblici funzionari abbiano impiegato il proprio tempo per compiti non istituzionali, diretti non al pubblico interesse ma a quello di un privato
Ancora. La presentazione di una richiesta di variante urbanistica da parte di un privato dovrebbe essere un fatto eccezionale.
Se è vero che in questo momento le proposte di variante sulla città sono tre, a Cibali e a Barriera oltre che a Nizzeti (il Comunicato parla infatti di conferenze di servizi, al plurale), c’è qualcosa di anomalo che si vuole far passare per prassi normale.
Fino al punto di far dubitare della reale intenzione dell’Amministrazione di procedere alla stesura del nuovo Piano Regolatore Generale, come invece viene affermato in più sedi e ribadito nel Comunicato stesso.
Entriamo nel merito del progetto della Cogip, un progetto non da poco: più di novantamila mq interessati, villette, edifici residenziali accorpati, centri commerciali, parcheggi. E poi, una scuola, verde pubblico attrezzato, un “centro civico” per ospitare servizi pubblici.
Partiamo dai centri commerciali di cui la città non ha nessun bisogno, anche se continuano a proliferare, talvolta a poca distanza l’uno dall’altro.
Gli edifici residenziali previsti non sono certo i più idonei a risolvere la questione abitativa presente in città. Mancano alloggi popolari a portata dei redditi più bassi, non certo villette e simili. Questa tipologia di abitazioni abbonda e si tratta spesso di dimore inutilizzate.
Quanto alla scuola, al verde pubblico e al centro servizi, contrabbandati come strutture di pubblica utilità, appaiono più che altro uno specchietto per le allodole.
Lasciamo da parte il discorso sul decremento della popolazione scolastica che pone una legittima domanda sulla necessità di costruire nuovi edifici scolastici, considerato il fatto che, negli ultimi decenni, molti plessi scolastici sono stati destinati ad altre funzioni o abbandonati.
Poniamo che in quell’area una bella scuola ariosa, con del verde attorno e realizzata con criteri antisismici, possa essere la benvenuta.
Ma chi dovrebbe costruirla? Considerato che gli enti pubblici, Comune, Area Metropolitana, sono senza una lira, alla “pubblica utilità” rimarrebbe una porzione – neanche troppo vasta – dell’area interessata e nessuna struttura disponibile.
Lo stesso per il verde pubblico. Alla collettività non sarebbe consegnato un parco fruibile, con prati, viali, alberi e quant’altro, ma del terreno incolto che i soggetti pubblici non avrebbero i fondi per trasformare in uno spazio fruibile, curato e manutenzionato.
Quale vantaggio ne avrebbe dunque la collettività, il cittadino comune che non è coinvolto in quella che si presenta come l’ennesima speculazione edilizia?
Non è un caso che l’unica Direzione che risulta essersi opposta al progetto è il Patrimonio, che avrebbe posto una condizione per l’approvazione: che le strutture pubbliche vengano consegnate dalla ditta già realizzate.
L’onere toccherebbe così al privato e non al pubblico, privo delle necessarie risorse per trasformare le ‘belle intenzioni’ in fatti.
C’è qualcosa da dire ancora sul verde pubblico previsto in quell’area dal Piano Regolatore. La sua estensione verrebbe comunque ridotta per far posto, in buona parte, a residenze e attività commerciali.
E’ lecita questa operazione? Non aumenta il deficit di verde complessivo della nostra città contravvenendo agli standard urbanistici stabiliti dal Decreto Ministeriale 1444 del 1968 ?
Quest’ultimo stabilisce, infatti, limiti inderogabili alla densità edilizia e regola i rapporti tra spazi per insediamenti residenziali e produttivi e spazi destinati a verde pubblico e attività collettive.
Si apre anche il problema del consumo di suolo.
La realizzazione di un progetto siffatto mal si concilierebbe con quanto dichiarato nelle “linee guida del nuovo Piano Regolatore varate dalla Giunta”, in cui l’Amministrazione afferma di assumere come principio cardine “l’assenza di ulteriore consumo di suolo e l’aumento delle aree a verde”.
La contraddizione tra le direttive proposte e l’eventuale prassi delle varianti non ci stupisce troppo, la coerenza non è stata, almeno fino ad ora, una virtù praticata dai nostri amministratori. Potremmo, provocatoriamente, richiamare il detto su chi “predica bene ma razzola male”.
Ma è comunque inquietante che si parli del progetto Cogip di viale Lainò come di un “intervento di rigenerazione urbana”.
Intanto, per non perdere tempo prezioso, le ruspe hanno cominciato a lavorare nell’area. Nonostante il Comunicato neghi l’esistenza di ‘atti concreti’, l’estirpazione delle specie arboree è in corso, le aree sterrate avanzano. Lo dimostrano le foto scattate due giorni fa.
Perché non fare un polmone verde con piante ed alberi con alte recinzioni in modo tale che la fauna non acceda alle strade e quindi alla morte, e mettere piante particolari al posto del cemento e un altro centro commerciale che ucciderebbe definitivamente l’economia locale?