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Mar Mediterraneo, morire cercando la vita

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Muristivu p’amuri di campari,
la vostra fossa fu lu nostru mari.

(Siete morti per amore di vivere, la vostra fossa fu il nostro mare)

Con queste parole Francesco (Ciccio) Giuffrida conclude il testo di Mari nostru, affidato alla voce e alla musica di Giada Salerno (Ciatuzza).

Tutti sanno che il Mediterraneo si è trasformato in un grande cimitero dove, diminuiti gli sbarchi, si continua a morire.

Unica speranza per chi fugge dai lager libici e, oggi, dalla guerra che sconvolge quel territorio, definito incredibilmente, dal governo 5Stelle/Lega, “sicuro”.

 

Quando ha elaborato il testo Giuffrida non conosceva ancora le interviste che avrebbero drammaticamente confermato la sua “finzione”.

Come scrive lui stesso: “[le interviste] le ha trovate Giada Salerno quando ha musicato e registrato la canzone, più di dieci anni dopo; era rimasta colpita dalla corrispondenza di fatti e sentimenti tra la realtà e la ”finzione’ musicale”.

Stiamo parlando, innanzitutto, di quanto scritto da Antonella Accardo e Giovanni Trinca (su terrelibere.org).

I due studenti di Mazzara del Vallo hanno voluto evitare che il silenzio coprisse la tragedia vissuta dai pescatori, in particolare nella zona del “Mammellone” nel Canale di Sicilia, nelle cui reti finivano cadaveri e resti di donne e uomini che avevano tentato di arrivare sulle coste della nostra Isola.

Intervistando i pescatori e riportando le loro risposte hanno evitato che la verità fosse sepolta. “Sì, è capitato l’anno scorso di ‘prendere’ un ragazzo nordafricano di 20 anni circa, rimasto impigliato nelle reti; si vedeva che era morto da poco perché usciva sangue dal naso”.

Come vi siete comportati e come si è sentito l’equipaggio in quel momento? “Con tutto l’equipaggio ci siamo dati molto da fare, abbiamo allestito un letto e preparato la salma, siamo rimasti traumatizzati. Per me è una sofferenza ancora oggi parlarne”.

Le interviste hanno spinto Ciatuzza che, come scrive Danila Giaquinta (sicily mag.it), “nel primo cd, [aveva proposto] tanti canti di emigrazione, belli e dolorosi, di tempi in cui eravamo noi ad attraversare il canale di Sicilia” a non tacere, a prendere la parola sulla tragedia di naufragi, barconi e migranti.

Sottolinea, ancora, Giaquinta “Nei tempi digitali del diritto all’oblio e della paura di non essere cancellati, Ciatuzza pratica il dovere della memoria con gioia, con una musica acustica in cui rivivono quei tempi, per certi versi non del tutto andati, e con una voce delicata, energica, che si allarga, si alza acuta, per poi chinarsi trasmettendo amore, rabbia, dolore, malinconia”.

Un dovere, quello della memoria, che riguarda tutti noi.

Guarda il video

Mari nostru
E vinni ddu mumentu dâ jurnata
quannu lu mari ccô suli fa liti,
ca nun mmoli ca sperdi la nuttata
pirchì di notti su’ comu du ziti;

lu suli acchiana ’n celu a la livata
e nuatri pronti a ghisari li riti,
ca ora sculunu di unni su’ appinnuti
ccu li pisci ammagghiati e tramurtuti.

E di bottu arristamu tutti muti;
tirava lu muturi a manu a manu;
li riti supra ’u ponti arricugghiuti
e ammugghiuliatu ’n poviru cristianu.
li riti supra ’u ponti arricugghiuti
e ammugghiuliatu ’n poviru cristianu.

Nuatri cchiù non seppimu chi fari
ccô cori di duluri vunchiu e chinu,
li lacrimi faceunu n’autru mari
a malidiri u celu o lu distinu.

Vuatri ccà vinistivu a spirari
e ’u munnu ca truvastivu è assassinu;
muristivu p’amuri di campari,
la vostra fossa fu lu nostru mari.

Di terri senza paci su’ partuti,
e chissa fu la paci ca attruvanu:
muristivu p’amuri di campari,
la vostra fossa fu lu nostru mari.

Mare nostro

E arrivò quel momento della giornata
quando il mare bisticcia col sole:
non vuole che finisca la nottata
perché di notte sono come due fidanzati;

il sole sale in cielo all’alba
e noi pronti a tirare le reti
che ora gocciolano da dove sono appese
con i pesci intrappolati e tramortiti.

Improvvisamente restammo tutti muti;
il motore continuava a tirare;
le reti erano raccolte sul ponte
e aggrovigliato un povero disgraziato.

Non sapevamo più che cosa fare
col cuore gonfio e pieno di dolore.
Facevamo un altro mare con le lacrime
maledicendo il cielo e il destino.

Voi siete arrivati qua pieni di speranza
ma avete trovato un mondo assassino
Siete morti per la voglia di vivere
la vostra fossa è stata il nostro mare.

Da terre senza pace sono partiti
e questa è stata la pace che hanno trovato.
Siete morti per la voglia di vivere
la vostra fossa è stata il nostro mare.

Francesco Giuffrida: testo
Giada Salerno: musica e voce
Stefano Torre: arrangiamento, chitarra, bouzouki e voce
Saro Tribastone: tzouras
Gabriele Montanari: violoncello
Max Ficara: registrazione e mix
Guglielmo Manenti: cover

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