Si festeggiano in tutta Italia i 500 anni dalla nascita di Leonardo da Vinci. Anche a Catania sono numerosi gli spettacoli, le mostre, i seminari dedicati a celebrare questo genio poliedrico del Rinascimento italiano.
Invitato dalla Fondazione Lamberto Pugelli, Renato Pucci, già preside della facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali, ha tenuto un incontro alla sala Machiavelli durante il quale, con l’ausilio di numerose slides, preparate con la collaborazione del docente di Fisica della materia Giuseppe Angilella, ha illustrato il contributo di Leonardo in ambito scientifico.
Leonardo da Vinci viene studiato nelle scuole soprattutto quale grande pittore. Sembrerebbe un’ingiustizia, considerato il suo interesse appassionato per i campi più vari dello scibile umano.
Eppure, anche la presentazione dell’altra sera sembra confermare la preminenza che il disegno ha avuto per Leonardo. Tutto, per lui, è occasione di disegno. Le idee sfociano in disegni e da questi prendono vita.
Di sé stesso Leonardo disse di non essere uomo di lettere. La sua scuola fu una bottega, quella del pittore e scultore fiorentino Andrea del Verrocchio.
Fu lì che apprese il valore dell’esperienza e la consapevolezza che nessuna ragione senza la conferma dell’esperienza può essere dichiarata valida.
Le sue idee, tradotte in disegni, spesso diventano macchine che devono poi essere messe alla prova della realtà.
Disegna ali da dare all’uomo per farlo volare, si accorge che gli uccelli in volo modificano la posizione delle piume a seconda delle correnti d’aria.
Non si sa come abbia fatto a notarlo, ma Leonardo si fida solo dei suoi occhi e nota cose che ai più sfuggono.
Riesce persino, ad occhio nudo, a capire che quel che chiamiamo luce cinerea è il riflesso delle acque terrestri sul globo lunare.
E poi della luna, che Aristotele non comprende come non ci sia ancora caduta sulla testa, fa un mondo autonomo: capisce che è governata da sue proprie leggi.
Disegna anche i vortici ed i turbinii dell’acqua, cioè l’indisegnabile, la sua schiuma e le bolle, ed estrapola da tutto questo il concetto di empito, che noi moderni chiamiamo energia.
Poi dall’acqua arriva al moto dei proiettili, studiato tramite il fluido che fuoriesce con diverse pressioni da fori di diversa ampiezza.
L’acqua scorre ordinata dentro e sulla terra come il sangue nelle vene: sempre, in Leonardo, il macrocosmo del mondo viene messo in rapporto con il microcosmo dell’uomo-macchina e viceversa.
E allora, come le vene conducono il sangue dov’è necessario, anche l’acqua dei fiumi si può far scorrere dove voglia l’uomo: ed ecco le magnifiche opere di canalizzazione che ancora oggi, in parte, possiamo ammirare.
Il disegno collabora con l’idea e l’esalta con una buona dose di creatività.
La carta della città di Imola è un capolavoro di disegno topografico tridimensionale, è la città rinascimentale, ma nulla vieta al genio di Leonardo di immaginarsi anche una città ideale, dove “le vie basse” destinate ai carri siano separate dalle “vie alte” utilizzate esclusivamente dai pedoni, e poi l’acqua canalizzata del fiume viene fatta scorrere per ripulire le strade.
Leonardo, come scrive il Vasari suo contemporaneo, unisce forza e destrezza, e sarà un caso che Vasari definisca le sue figure pittoriche in termini di moto e fiato?
Va detto che Leonardo, come ci spiega Pucci, non amava l’algebra, ma, e come stupirci, ammirava e studiava la geometria. I solidi sono alla base dei cinque elementi fondamentali, lui li disegna, anche in trasparenza.
I personaggi dei suoi quadri derivano dalle figure geometriche, come nella più pura tradizione rinascimentale, pensiamo al Mantegna o a Piero della Francesca, ma Leonardo in più ama la teoria dell’impeto, il principio di azione e reazione, che solo 200 anni dopo diventerà il terzo principio della dinamica di Newton, e lo trasferirà nelle figure dei suoi dipinti: moto e fiato, cioè forza vitale, lì dove anche l’aria vibra, ed è materia viva che separa e vela le cose.
Dopo aver sentito tutto questo capiamo benissimo che, anche se Leonardo non ha frequentato l’università, ha però studiato per tutta la vita. Ha imparato il latino, ha letto i classici.
Eppure non è l’Erudito, figura tanto cara all’umanesimo, ma un “entusiasta”.
Il nostro relatore ci dice che Leonardo era convinto che più di ogni altra cosa un maestro deve trasmettere al suo allievo l’entusiasmo. Di sicuro lui ne era pervaso. Impossibile allora non risalire al significato greco di questa parola che significava “essere posseduti dal divino”.
Secondo Platone, come anche secondo l’anonimo autore del Trattato del Sublime, entusiasmo è il soffio che viene dal dio per rendere l’uomo capace di compiere opere belle.
Leonardo da Vinci ha inventato, immaginato e sperimentato, ma più di ogni altra cosa ci ha lasciato i suoi disegni e i suoi dipinti d’incredibile e stupefacente bellezza.
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Mi è piaciuto l' articolo. Sintesi ben Fatta.