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Pace e disarmo

Il disarmo come via per la pace, mai come in questo momento minacciata nell’indifferenza generale.

Sono 300 i conflitti in atto, le guerre combattute davvero 40. Numeri che interrogano e dicono che è sempre più urgente avviare azioni concrete di disarmo.

E’ questo il percorso seguito da don Renato Sacco coordinatore nazionale di Pax Christi durante l’incontro con la comunità di Santi Pietro e Paolo a Catania.

“Quando si sente parlare di guerra – dice Sacco – le nuove emergenze riguardano i bombardamenti di uranio impoverito e di fosforo bianco. Armi micidiali capaci di lasciare apparentemente integre le cose ma di carbonizzare le persone colpite dalla micidiale arma chimica.

“Accade così che se una micro particella di fosforo bianco penetra su una piccola parte di un braccio bisogna amputare l’intero arto.

A subire gli effetti del “ Willi Pete”, così’ viene chiamato in gergo, spesso non sono solo civili ma anche i militari impegnati nelle operazioni di guerra”.

Si modificano le strategie e si utilizzano armi sempre più ‘sofisticate’ e sempre più costose.

Un dato allarmante se si pensa che in Italia si investono quarantamila euro al minuto per le spese militari. Costi altissimi per il nostro paese.

“Esempio emblematico sono gli F35 per i quali sono stati già spesi 150 milioni di euro e nel futuro si prevede un grande progetto di investimenti – dice Sacco – calcolato nei prossimi dieci anni in 14 miliardi”.

Ma queste sono voci che escono dal coro visto che è stato ripetuto da più parti che gli F35 sono necessari per la difesa. In realtà si tratta di caccia bombardieri, aerei d’attacco che servono a trasportare le nuove bombe nucleari americane B61-12.

E qui si apre un altro capitolo nel dossier armamenti con il conseguente pericolo nucleare: “Il presente non lascia tranquilli – aggiunge Sacco – ci si arma da un lato di cariche nucleari tattiche a basso impatto che possono portare ad un disastro totale delle aree colpite e dall’altro si assiste impotenti al disintegrarsi del sistema internazionale di controllo degli armamenti”.

Nel frattempo si continua a pensare in termini di difesa declinata sempre al mantenimento degli arsenali.

E’ di questi giorni l’annuncio che l’Italia salderà il debito di 389 milioni di euro contratto con Lokeed Martin per gli F35 . L’interesse del nostro paese per la quinta generazione di Joint Strike Fighter risale al 1998, con l’acquisto di 131 aerei poi passati a 90.

L’Italia dal canto suo nello stabilimento di Cameri a Novara produce parti del veivolo, li assembla e fa la manutenzione impiegando cento addetti.

Interessi che si intrecciano e sulla questione decide la politica ma deve fare i conti anche con la pressione militare.

Così il generale Alberto Rosso, capo di stato maggiore dell’Aeronautica Militare ascoltato in Senato : “L’F35 non è solo un mezzo da combattimento ma una rivoluzione culturale che cambia radicalmente il modo di operare della forza armata”.

C’è bisogno di un cambio di passo. “Non basta – dice ancora Sacco – distrarre con le parole. Invece di guerra si parla di missione di pace, ma la sostanza non cambia: la guerra è una cosa brutta e basta”.

Nonostante lo scenario sia desolante in questi anni l’impegno per la pace ha portato un risultato positivo. In Italia la legge 185 del ’90 è ritenuta fra le più avanzate a livello mondiale.

Questa legge stabilisce che non si possono vendere armi ai paesi in guerra. “Accade poi, a riprova che gli interessi dell’industria bellica vanno oltre i dettami legislativi, che le nostre pistole Beretta i missionari in Africa le hanno viste in mano ai bambini soldato.

O ancora peggio – ricorda Sacco – le armi e le bombe made in Italy, vengono vendute all’Arabia Saudita, non un Paese in guerra ma che bombarda lo Yemen dove si sta vivendo una tragedia umanitaria gravissima”.

Per questo bisogna informare per agire e Pax Christi promuove da anni campagne di sensibilizzazione contro la produzione, il commercio e l’uso di armi .

Piccoli passi verso un disarmo che parla di una pace possibile.

Argo

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