Sull’immigrazione si possono avere opinioni diverse o si può non avere nessuna opinione.
Si può rimanere più o meno coinvolti nelle grandi questioni a cui danno risalto i mass media: l’accoglienza degli sbarchi per esempio, o le grandi diatribe riguardanti il conferimento della cittadinanza italiana.
Rimarrebbe deluso chi pensa di trovare una risposta che ponga fine a tutte le questioni nella mostra “Nuove Generazioni”.
Essa sembra apparentemente meno ambiziosa ma in realtà fa una cosa giusta ed utile: ci rende prossima, o meglio ci fa scorgere quanto sia prossima a noi una realtà, innegabile e sedimentata, il fatto cioè che, si voglia o non si voglia, ormai anche l’Italia è un paese d’immigrazione.
Sono circa sei milioni gli stranieri che a vario titolo sono coinvolti nel tessuto provenienti da circa 200 paesi stranieri . Il 15% delle nascite proviene da genitori stranieri.
Sono 815.000 gli studenti stranieri presenti nella scuola, da quella dell’infanzia alla secondaria di II grado, il 9,2% della popolazione scolastica. Sempre più numerosi coloro che sono nati in Italia, quasi il 60% del totale.
Da questi numeri è partito Giorgio Paolucci, curatore della mostra, intervenendo nel convegno inaugurale, svoltosi ieri al Monastero dei Benedettini.
La mostra è intitolata alle nuove generazioni, “i volti giovani dell’Italia multietnica” che narrano la loro quotidianità; molti hanno già conquistato il loro posto nelle Università nei luoghi di lavoro, nelle attività commerciali, nel campo artistico, imprenditori,avvocati, educatori, cuochi, calciatori, sacerdoti …
Attenzione, non seconde o terze generazioni, come comunemente vengono chiamati, i figli o i nipoti di immigrati, nati in Italia o qui arrivati in tenera età.
Nuove generazioni perché portano in sé qualcosa di totalmente nuovo, che mettono continuamente a confronto con la tradizione dei propri padri. La tradizione, spiega ancora Paolucci, infatti, non è da intendere come mera conservazione del passato ma come qualcosa che nel presente si rinnova.
Il messaggio veicolato da tutta la mostra è proprio quello di riproporre la “cultura dell’incontro”, fortemente auspicata da papa Francesco, così com’è peraltro emerso anche dagli interventi degli altri relatori, intervenuti in rappresentanza di alcune delle realtà che hanno contribuito alla realizzazione della mostra e che sono costantemente impegnate a promuovere questa cultura nella nostra realtà siciliana: la Comunità di Sant’Egidio, Don Bosco 2000, Associazione Insieme.
Altro tema che attraversa tutta la mostra è quello dell’identità di questi giovani che vivono un’appartenenza a più culture, elaborando una nuova e originale sintesi, una “identità arricchita”, per citare la felice espressione utilizzata da Luna, originaria del Marocco, che ha contribuito alla realizzazione della mostra.
Ultimamente la mostra ci interroga su che cosa significa per noi italiani concretamente custodire la nostra identità nella nostra società definita “liquida”.
Certo è che queste “nuove generazioni” ci provocano a chiederci cosa siamo in grado di offrire o forse sono proprio loro che ci fanno riscoprire il valore di ciò che siamo stati e siamo ancora in grado di offrire: la bellezza, la cultura, e soprattutto la libertà di cui essi, immuni da cinismo e arroganza, ma fortemente motivati, sanno fare l’uso migliore per l’edificazione della propria umanità.
L’identità non è qualcosa da difendere o da erigere come un muro, come del resto dice tutta la nostra storia, ma è un patrimonio che si arricchisce nella logica dell’incontro e non teme il confronto e il paragone con la diversità.
La mostra è visitabile presso il Monastero dei Benedettini tutti i giorni fino al 4 marzo dalle 9 alle 18 (escluso sabato pomeriggio e domenica).
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