Un’occasione per riflettere e rielaborare, particolarmente importante in un momento in cui si tende ad annullare la memoria storica e a riproporre regimi antidemocratici e liberticidi.
Questo è per Salvatore Distefano, docente di storia e filosofia, e presidente della Associazione Etnea Studi Storico Filosofici, il senso della ‘Giornata della memoria‘.
Ecco la riflessione che ci ha inviato e che volentieri pubblichiamo.
Un ‘Giorno della memoria‘ dedicato dalle Comunità Ebraiche Italiane alla figura della donna.
Quest’anno, infatti, il tema scelto, che lega i vari eventi, è la Shoah narrata dalle donne, per evidenziare le atroci sofferenze di quante nella storiografia dello sterminio nazista sono pressoché invisibili, dato che la loro presenza viene sovrapposta a quella maschile e su questa si appiattisce.
Sarebbe, perciò, segno di condivisione e attenzione se l’assessorato alla Cultura del Comune regalasse alle scuole catanesi un congruo numero di copie del libro di Daniela Padoan, con la presentazione di Furio Colombo, “Come una rana d’inverno. Conversazioni con tre donne sopravvissute ad Auschwitz”, affinché i giovani possano conoscere meglio l’universo concentrazionario organizzato dal nazismo e si possa allargare ancora di più l’ambito della riflessione.
Un libro scritto da un’autrice che da anni si occupa di razzismo, con particolare attenzione alla testimonianza delle dittature e alle pratiche di resistenza femminile ai regimi, non a caso in un altro libro ha raccontato l’esperienza delle Madri di Plaza de Mayo (Organizzazione creata dalle madri dei dissidenti argentini scomparsi sotto la dittatura militare tra il 1976 e il 1983).
E’ stato il Parlamento italiano a decidere che il 27 gennaio vengano ricordati “lo sterminio e le persecuzioni subite dal popolo ebraico e le deportazioni di militari e politici nei campi di sterminio nazisti. La Shoah, le leggi razziali, la persecuzione dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio e a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”.
Lo sterminio del popolo ebraico da parte del regime nazionalsocialista in Europa è un evento che ha una portata storica, emotiva e culturale dai tratti assolutamente epocali, tale da configurarsi come una ferita profonda e inguaribile nel cuore stesso dell’identità europea.
E’ un fenomeno che atterrisce nella sua pianificazione, compiuta nel segno della “razionalità e della normalità”, talmente estremo da fare dell’esclusione e dello sterminio categorie politiche della contemporaneità.
Inoltre, il “Giorno della memoria” ci spinge a ricordare le gravi corresponsabilità dell’Italia fascista al disegno di morte messo in atto nell’Europa per responsabilità del nazifascismo.
Purtroppo, oggi si tende a liquidare il passato, ad annullare la memoria storica, a cancellare le conquiste degli scorsi decenni e a riproporre regimi antidemocratici e liberticidi.
Anche se sono passati più di ottanta anni, nessuno può dimenticare che il nazismo, nell’arco di pochi mesi, costruì un potere fortemente gerarchico e autoritario, rispondente al principio del capo (füherprinzip), che servì a Hitler per sopprimere le istanze pluralistiche e la struttura decentrata della Repubblica di Weimar.
L’annientamento degli oppositori e dei “diversi” fu perseguito “scientificamente”: cominciava dagli ebrei, ancorché tedeschi come tutti gli altri, e continuava con gli avversari politici, in primo luogo i comunisti e i socialdemocratici, e via via tutti i gruppi che nella folle gerarchia razziale inventata dai nazisti non corrispondevano ai “requisiti della purezza e della superiorità”.
Nei lager le persone diventavano semplici numeri e si distinguevano per un pezzo di stoffa colorata; nei lager di Auschwitz, Treblinka, Mauthausen, Buchenwald, Dachau, e in altri ancora, furono assassinate oltre sette milioni di persone e di queste circa sei milioni erano ebrei.
Il 27 gennaio furono abbattuti i cancelli del Campo di Auschwitz, anche se i luoghi di deportazione furono centinaia, funzionali all’attuazione di una politica di repressione e di isolamento di tutti quei soggetti ritenuti pericolosi dal regime fascista.
In Italia la situazione si aggravò con la costituzione della Repubblica Sociale Italiana (RSI): a partire dal novembre 1943, data in cui si decise l’allestimento dei campi di concentramento provinciali per gli ebrei, si passò alla fase più estrema della struttura di repressione e segregazione politica e razziale del fascismo, in seguito alla quale avrà inizio la deportazione degli ebrei nei campi di sterminio nazisti.
Tragici simboli di questo drammatico percorso saranno i campi di Fossoli, Bolzano, Borgo San Dalmazzo e il campo di sterminio della Risiera di San Sabba a Trieste.
Dunque, si tratta di un giorno dedicato alla memoria, ad una memoria universale che non rinuncia a ricordare, oltre allo sterminio di un popolo, tutti i perseguitati, deportati, uccisi, in nome di una pretesa “diversità” di razza, di costumi, di sesso, di idee.
Una giornata importante che non va ridotta ad una cerimonia celebrativa ma che, al ricordo doveroso delle vittime, deve unire la conoscenza storica e la riflessione.
La memoria diventa un valore soprattutto quando è rielaborazione e ricerca della verità, quando cerca risposte ad interrogativi; quando, insomma, la cronaca e il ricordo diventano Storia.
E’ opportuno che nel “Giorno della Memoria” vengano ricordati anche i conterranei che hanno sacrificato la vita per lottare il nazifascismo.
Tra questi, Carmelo Salanitro, docente antifascista e pacifista del Cutelli, che – schieratosi nel 1940 contro la guerra – fu denunciato, arrestato, processato e poi inviato nel campo di sterminio di Mauthausen, dove morì il 24 Aprile del 1945; il giovane studente Ferdinando Agnini, fucilato alla Fosse Ardeatine e la partigiana Graziella Giuffrida, trucidata a Genova dai nazisti.