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Trivelle, le informazioni scomparse dal sito del MISE

L’accesso alle informazioni, la possibilità di conoscere le attività della pubblica amministrazione sono previsti per legge. Anche per quanto riguarda le trivelle.

Potremmo dire soprattutto per le trivelle, un tema su cui spesso ci si schiera, pro o contro, senza essere adeguatamente informati.

Non è il caso di Mario Di Giovanna, del Comitato No Triv ‘Stoppa la Piattaforma‘, che conduce da anni una battaglia contro le trivelle sulla base di informazioni precise.

Informazioni reperite sul sito del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE), nella sezione DGS-UNMIG, vale a dire Direzione Generale Sicurezza, Ufficio Nazionale Minerario per gli Idrocarburi e le Georisorse.

Come Di Giovanna afferma in una recente intervista, i dati sono stati sempre presenti sul sito, anche se trovarli non era facile per chi non fosse adeguatamente attrezzato.

Da circa due mesi, però, le informazioni sul sito del Ministero non ci sono più. Resta solo la possibilità di consultare il Bollettino Ufficiale Idrocarburi e Georisore (BUIG), ma si tratta di migliaia di pagine.

E comunque resta l’interrogativo sul perchè di questo oscuramento, giustificato inizialmente con problemi di sicurezza informatica ma che minaccia di divenire ‘definitivo’.

Il sito del MISE, come osserva Di Giovanna sul suo profilo facebook, è stato adesso rinnovato, ma nell’attuale versione “oltre a mancare la ricerca per istanze di permessi di coltivazione e ricerca, mancano pure:
1. le schede per istanza ai titoli minerari con la sintesi dei provvedimenti autorizzativi, i riferimenti alle buig, i pozzi collegati, la cartografia etc;
2. i dati di produzione dei pozzi e delle concessioni e delle piattaforme;
3. la possibilità di ricercare per zone di mare;
4. i massimari del cirm
5. i riassunti per società (status economico, concessioni e istanze, etc)
6. le royalty versate per ogni concessione e le produzioni per concessione/piattaforma/pozzo
7. i risultati e i componenti della commissione TESEO del MISE sugli airgun”.

I problemi di trasparenza non sarebbero quindi stati risolti, ma aggravati.

“Praticamente il nuovo sito oggi non serve quasi a niente” conclude Di Giovanna, non ci mette nelle condizioni di difenderci. Non sappiamo più cosa accade nè abbiamo notizie delle scadenze entro cui agire legalmente.

Il 5Stelle hanno, proprio in queste ultime ore, fatto marcia indietro sui permessi di prospezione e ricerca di idrocarburi dichiarando che li bloccheranno per tre anni con un emendamento al decreto Semplificazioni. Sarebbero bloccate anche le richieste ancora pendenti

Con queste dichiarazioni, che hanno ridato speranza ai No Triv, il M5S ha cercato di ricucire lo strappo con gli ambientalisti delusi dal ‘governo del cambiamento’ e pronti a tornare sulle barricate, come dimostra la manifestazione organizzata a Licata per sabato prossimo, 12 gennaio.

Il mancato stop ai permessi di ricerca e coltivazione degli idrocarburi da parte del governo era stato giustificato fino ad ora con l’affermazione che non fosse possibile bloccare permessi già accordati dai governi precedenti.

Una giustificazione che non ha retto alle critiche di tecnici e attivisti, che hanno spiegato, per filo e per segno, quello che il governo poteva fare e non ha fatto.

Adesso pare che il necessario intervento legislativo ci sarà, ma siamo in attesa che dalle parole si passi ai fatti.

La questione del sito e della trasparenza delle informazioni, tuttavia, resta. Almeno fino a prova contraria.

Per chi ancora è convinto che opporsi alle trivelle vada contro gli interessi del paese Italia, ricordiamo innanzi tutto che il petrolio da estrarre è in quantità irrisoria e quindi non risolverebbe i nostri problemi di approvvigionamento energetico.

Il ‘nostro’ petrolio è italiano solo fino a che non viene estratto, poi diventa proprietà delle società concessionarie che possono sì venderlo all’Italia che lo acquista, però, come venisse dall’estero.

Lo Stato guadagna solo i soldi delle royalties, che in Italia sono molto basse (7% contro i 70-80% di altri stati europei) e dalle quali si viene esentati (franchigia) se si estrae una quantità inferiore a 50.000 tonnellate.

Quanto alla promessa dei posti di lavoro, è una vera e propria bufala. Le piattaforme necessitano di un alto numero di occupati solo nella fase del montaggio e in saltuari interventi di manutenzione. Normalmente vengono utilizzate solo poche unità perchè la maggior parte delle operazioni viene effettuata in automatico, con un controllo a distanza.

Sarebbero l’innovazione industriale e una nuova politica energetica a creare più occupazione (Legambiente parla di almeno 600mila posti di lavoro) se si decidesse di puntare sulle rinnovabili.

Accenniamo solo di striscio all’ambiente, che dovrebbe essere la nostra risorsa principale.

Basti pensare ai giardini di corallo in fondo al nostro mare, alla biodiversità minacciata, alle specie protette, le balene e i delfini, i tonni, le tartarughe e pesci spada che nel Canale di Sicilia si riproducono e che hanno fatto identificare, dall’Unep (programma ambientale dell’ONU), tutto il Canale come un’area da tutelare.

Che dire poi dell’impatto delle trivelle sulla pesca e sul turismo o del rischio di incidenti, particolarmente grave nel Mediterraneo che è di fatto un bacino chiuso?

Ma la corsa alle trivellazioni è difficile da fermare perchè gli interessi in gioco sono troppo forti e troppi i centri di potere interessati alla spartizione.

Argo

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  • Uno dei più gravi problemi in Italia amata solo a parole dagli attuali politicanti di ogni colore vecchi a nuovi.

  • Due parole in relazione alle considerazioni pubblicate
    Da assiduo fruitore da più di dieci anni,  della sezione UNMIG del MISE, ed in  relazione alle considerazioni  esternate nel Vs articolo.
    Mi preme di sottolineare come anch’io mi sia trovato a disagio con la nuova impostazione in cui riesco a “navigare” facendo riferimento alla memoria della precedente versione, un tecnico o giornalista che si trovi per la prima volta ad entrare nel sito, troverà sicuramente molti problemi.
    Lo stato attuale dei permessi di ricerca si trova nel sito, ma bisogna avere una certa dimestichezza ed avere Google Earth  in cui automaticamente si scaricano le aree.
    Normative, iter delle concessioni, vincoli si trovano con difficoltà nei vari bollettini pubblicati.
    Alcuni rinvii, ad altri link, che dovrebbero essere presenti a volte danno il not found.
    Quello che è rimasto della vecchia versione si trova sotto la voce Progetto VIDEPI, il quale risulta migliorato e ricchissimo di dati storici, con l’area nazionale in terra ed in mare completamente coperta dalle vecchie concessioni.
    Bruno Copat, geologo

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