Si è svolto in uno stile discreto, che Nino Recupero certamente avrebbe gradito, l’incontro per intitolare allo storico catanese l’archivio storico del Comune di Linguaglossa.
Dagli interventi di amici e colleghi che sono intervenuti è emerso il profilo umano, intellettuale e politico di questo storico militante, che si sentiva soprattutto docente e che sapeva entrare in relazione con gli altri in modo delicato e umile, senza far pesare nè il ruolo né le differenze.
Ai partecipanti è stato consegnato il “Catalogo di Scritti, Discorsi, Interviste e Documenti, Quaderno n.1”, voluto dai familiari per mettere ordine nella ricca e varia produzione dello studioso.
A partire dagli anni ’60, quando Nino Recupero, giovane studente universitario della Facoltà di Lettere di Catania, partecipò all’esperienza del Cineforum al Cinema Corsaro, attorno a cui si svolgeva un processo di aggregazione giovanile sui temi che segnarono la vita di quella generazione.
Non a caso il Catalogo degli scritti di Recupero inizia con la Scheda di presentazione di alcuni film e prosegue con articoli pubblicati su “Giovane Critica” e “Servire il popolo”.
Già dal 1964, lo storico era infatti politicamente impegnato nell’area della sinistra radicale extra-parlamentare.
Prevaleva in quegli anni la fede nell’ideale collettivo di una società giusta ed egualitaria, un’utopia che nasceva da un moto interiore e spingeva ad agire per portare avanti le lancette della storia.
In questo contesto, la presenza di Nino Recupero fu discreta ma significativa per la sua cultura trasversale, l’intelligenza critica, l’intensità dialogante, la capacità di proiettarsi nel futuro.
Nella sua ricerca lo studioso fu sempre più avanti rispetto ai tempi e riuscì ad anticipare alcuni dei nodi cruciali attorno a cui si sarebbe sviluppato il dibattito storiografico, e si sarebbero costruiti i movimenti politici.
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Nella monografia, “La rivoluzione borghese in Inghilterra: 1640-1660”, Ed Mursia, emergono – ad esempio – i suoi interessi di storia politico-istituzionale, l’esplorazione del rapporto fra movimenti di rottura e istituzioni, rivoluzione e stato.
Abbiamo, negli anni ’70, l‘esperienza di didattica partecipata nella Facoltà di Lettere di Messina, l’interesse per i meccanismi economici che stanno alla base delle formazioni politiche, il tema del passaggio dal globale al locale.
Negli anni ’80, quelli del ‘riflusso‘ a livello politico e dell’emergere di un individualismo consumista, quelli in cui in Italia – diventata grande potenza a livello economico – crescono i patti corruttivi tra ceto politico e grande imprenditoria, i poteri delle mafie, l’uso disinvolto del voto di scambio, gli interessi di Nino Recupero spaziano nei più vari campi del sapere.
Dal tema della mafia, a cui si lega anche un’attività di sensibilizzazione portata avanti nelle scuole, a quello dei nodi di una modernità malata, che aveva metabolizzato le spinte rivoluzionarie del ’68 e stava scivolando nell’anonimato di una società liquida, dominata dalla manipolazione del consenso.
Dal tema della giustizia disattesa, a quello dell’informazione, dallo studio dello Stato sociale al recupero dell’attenzione per le rivoluzioni e le rivolte contadine.
Studia il discusso separatista Antonio Canepa, su cui il giudizio storiografico era sospeso scrivendo “Canepa: molte vite per la Sicilia. A quarant’anni dalla morte: rivoluzionario o agente segreto? (Il Soldo, 1985)”.
Un discorso ripreso nel suo contributo alla “Storia d’Italia” (Einaudi, Torino 1987) riferito agli anni in cui si passa in Sicilia da posizioni separatiste a ipotesi federali, fino a quella soluzione unitaria che, con i governi della destra storica, penalizzerà pesantemente il Sud.
Porta avanti una riflessione sul ’68, con una monografia, “Millenovecentosessantotto”(CUECM), e un articolo che fa un lucido quadro dell’integrazione borghese dei rivoluzionari sessantottini: “Sessantotto e classe dirigente. Impunità solo per se stessa” (“Pagine del Sud”, Ragusa).
Nella produzione degli anni ’90, insieme ad alcune novità sul piano della Storia istituzionale, politica e sociale, emerge una maggiore attenzione al livello sovrastrutturale, alla dimensione religiosa e di progettualità utopica.
Si va dalle ricerche sulla sovrastruttura ideologico-religiosa nella storia inglese e americana alla storia locale e materiale delle città della sua amata Sicilia. Studi settoriali sulla nascita del mito di Taormina e la storia di Chiaramonte Gulfi, sulla caccia al pesce spada, su pupi e marionette. Ma vengono indagate anche la produzione editoriale, la cultura musicale, letteraria, teatrale e cinematografica, le istituzioni religiose.
Un altro tema caratterizza la produzione saggistica e pubblicistica degli anni ’90, quello della guerra nel mondo post-guerra fredda.
Il metodo resta sempre quello di studiare l’intreccio stretto di presente e passato, di locale e globale, gli argomenti vanno dalla implosione della Jugoslavia alle situazioni di guerra o di conflitto armato diffuse nel mondo.
Gli anni duemila vengono anticipati, sul piano personale, dalle riflessioni profetiche del “Funerale di un comunista in un paese ricco (in tempi di guerra)”, fatte subito dopo la scomparsa di Duccio Bigazzi. Emerge, rispetto al passato, un amarcord che ha il sapore di una scrematura delle esperienze di uomo, studioso, docente militante, in funzione del messaggio da lasciare ai posteri.
E’ soprattutto nella parte finale del catalogo che emerge, tra gli interessi molteplici, la sua visione unitaria del sapere, in cui la cultura è collegata alla trasformazione sociale, ma senza subalternità, in una dimensione di autonomia militante.
Di se stesso, per la rubrica “Autori e curatori” di Mesogea, aveva scritto tra l’altro: “Si occupa anche di politica, di economia, di sociologia, di antropologia, di comunicazione, e riverisce l’arte e la letteratura, sostenendo (controtempo) che le partizioni didattiche e tecniche perdono senso quando si cerca di comprendere l’insieme del reale”.
Il nuovo millennio si apre con la rottura dell’ordine stabilito nel Mediterraneo dalle due super-potenze, USA e URSS: il terrorismo delle forze integraliste musulmane, la guerra in Iraq, le primavere arabe e la guerra in Libia preludono alla destabilizzazione.
Nino Recupero, che guarda con preoccupazione allo stravolgimento del panorama geo- politico e culturale dei paesi che si affacciano su questo mare, scrive “Un anno dopo”, in “Mesogea – Segni e voci del Mediterraneo”, Messina 2001.
Sull’argomento si sofferma ancora nell’articolo “Perché una sponda è più alta dell’altra”, sulla rivista “Carta settimanale” (n. 29, 2003) e in “Il Mediterraneo: libri e ideali contro la geopolitica”, in “Pagine dal Sud”.
Si prepara ormai alla dipartita e riflette su un passaggio di consegne. Indica anche una strada di ricerca per la rivista e casa editrice “Mesogea”, di cui era uno degli ispiratori e delle voci portanti: i nazionalismi nell’area del Mediterraneo dopo la guerra in Iraq.
Non sapeva ancora, o forse sì, che anche i paesi mediterranei della UE sarebbero stati coinvolti in questa ondata di nazionalismo, che unito al razzismo e alle tentazioni protezioniste potrebbero costituire una miscela esplosiva per l’intera cultura e civiltà euro-mediterranea.