Una data scelta non a caso. Il 16 novembre, infatti,è stato inaugurato il Pronto Soccorso Generale al Policlinico di Via S. Sofia.
Un’apertura di cui i cittadini sono stati informati con l’intensità mediatica di un battage pubblicitario degno solo di grandi eventi: spot, interviste tv, twitter, cartellonistica.
Sicuramente ci saranno buoni motivi espressi dalla novità, dalle tecnologie avanzate utilizzate, dai servizi collegati (due Tac, sale operatorie), dalle innovazioni in termini di accoglienza ed accettazione, che dovrebbero offrire alla popolazione un Pronto Soccorso più decoroso e qualificato di quelli che nell’area urbana la popolazione ha avuto modo di sperimentare.
Ma non tutto l’oro luccica e non sono in pochi a manifestare grosse perplessità.
In primo luogo l’organico del personale sanitario, medici ed infermieri, viene tout court trasferito contestualmente dal Pronto Soccorso Generale del Vittorio Emanuele, che fa parte dal 2003 della stessa Azienda Ospedaliera, privando quindi tutta una grossa porzione di popolazione di un servizio di emergenza che si trova nella sede attuale di Via Plebiscito sin dal 1880.
Non vi è dubbio che lo spostamento risponde ad un principio di decentramento delle attività ospedaliere, iniziato da diversi anni, necessario a dare efficienti risposte a problemi orografici, di viabilità ma soprattutto a dare risposte valide a grandi eventi catastrofici, di cui oggi con maggiore frequenza la cronaca ci fa vivere o ci fa tristemente sperimentare.
Proprio per questo acquistano vigore le perplessità e i timori espressi da quanti a vario titolo (associazioni, comitati, operatori sanitari) ritengono che l’apertura di questo Pronto Soccorso ritardi ulteriormente l’apertura dell’Ospedale San Marco, previsto, dopo numerose dilazioni di data, nel 2019.
L’opera ha avuto una lunga serie di vicissitudini (a partire dai terreni da espropriare, nei pressi di Librino, appartenenti a Mario Ciancio), sin da quando, nel 1986, venne ideata su proposta dei dirigenti della USL 35 di Catania ed autorizzata con successive delibere dalla Regione Siciliana.
Nel 1995 con appalti già affidati si era ancora in fase progettuale e l’Azienda Ospedaliera succeduta alla USL nomina un commissario ad hoc.
Sette anni dopo, a lavori ancora non iniziati, si riattiva il percorso a seguito dell’Accordo di Programma per il settore degli investimenti sanitari siglato tra Regione Sicilia, Ministero della Salute e Ministero dell’Economia.
Nell’ambito di un progetto di miglioramento dell’assistenza offerta dal Sistema Sanitario Nazionale, veniva prevista la creazione di tre Centri di Eccellenza, uno dei quali, quello Ortopedico, era da edificare nella zona di Librino in stretto collegamento funzionale con il nuovo Ospedale San Marco.
E così, tre passi avanti e due indietro, si arriva al 2008 quando viene posta la prima pietra in un profluvio di dichiarazioni ed in gran pompa magna.
E mentre la popolazione di Librino, come quella dei paesi limitrofi alla zona di realizzazione dell’ospedale, accendono, spengono e riaccendono le loro speranze i problemi non si dissolvono.
Dal 2015 ogni anno successivo era quello indicato dai manager per l’apertura, fino ad oggi quando si definisce il 2019 come anno di apertura sicura.
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E’, in realtà, dal 2003 che l’interesse per il san Marco si è rarefatto.
Sono state privilegiate le necessità universitarie del Policlinico, soprattutto dopo l’approvazione del protocollo d’intesa tra Regione Siciliana e Università, in base al quale l’Azienda Ospedaliera Vittorio Emanuele/Santo Bambino/Ferrarotto. è stata individuata tra le strutture integrate con l’Università, assumendo l’attuale configurazione istituzionale di Azienda Ospedaliera Universitaria.
Per un certo periodo si era anche fatta strada l’ipotesi di affidare la nuova costruzione, peraltro già quasi completata, alla ASP di Catania che gestiva già piccoli presidi ospedalieri (Acireale, Biancavilla, Paterno, Caltagirone, Bronte, Giarre), in modo almeno da portare avanti il progetto del centro di Eccellenza Ortopedico.
Il minore interesse da parte dei funzionari regionali e degli stessi direttori generali è dimostrato dal fatto che l’Ospedale San Marco non era stato riconsiderato nella ristrutturazione regionale della rete ospedaliera, un provvedimento di programmazione con il quale la regione regola, in base a criteri individuati in campo nazionale, le caratteristiche dei servizi offerti dalle Aziende Ospedaliere della regione.
Solo nell’ultima bozza, agli inizi di quest’anno l’Ospedale san Marco è stato ripescato.
Considerato che la legge n.132 del 12/2/68 stabilisce che tra i criteri minimi per definire un ospedale vi è proprio il Pronto Soccorso, il trasferimento contestuale al San Marco delle Unità Operative del Vittorio Emanuele e del Pronto Soccorso avrebbe soddisfatto le condizioni di legge.
Trasferire, invece, il Pronto Soccorso da via Plebiscito al Policlinico quando ancora al Vittorio Emanuele sono in funzione le Unità Operative non rischia di rappresentare una sorta di espropriazione, priva di basi giuridiche?
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