La maggior parte dei migranti sbarcati, circa un centinaio, rimarranno in Italia in virtù di un accordo con la CEI (Conferenza episcopale italiana).
Si cita la CEI come se fosse uno Stato estero, ma in realtà essi resteranno nel nostro paese, dove – smentendo le dichiarazioni furenti del Ministro Salvini – potranno richiedere lo Status di rifugiati.
Oltretutto, si finge di ignorare che da decenni organizzazioni cattoliche, parrocchie, Caritas, Centri Astalli, Beati i costruttori di pace, ecc. sono in prima linea nella pratica dell’accoglienza.
La Comunità di S. Egidio, assieme ad altre organizzazioni, prevalentemente evangeliche, ha pure organizzato un sistema di corridoi umanitari per facilitare lo sbarco regolare dei richiedenti asilo, in Italia e in altri Paesi.
Lo stesso Papa Francesco, spesso irriso da leghisti e loro amici della stampa, (il Giornale, Libero, Il Tempo, ecc.) ha aperto le porte del Vaticano ad una famiglia di profughi siriani.
Si dice che tale accoglienza sarà gratuita e “senza oneri per lo Stato”, ma resta il fatto che – come precisa il Comunicato dell’ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione) – “qualora propongano domanda di protezione, hanno diritto di essere inseriti nel sistema pubblico di protezione al pari di qualsiasi altro richiedente: potranno eventualmente avvalersi (come già avviene per i migranti trasferiti in Italia nell’ambito dei cosiddetti “corridoi umanitari”) in sostituzione di detto sistema, dell’intervento privato della Chiesa, ma ciò non toglie che anche per loro la procedura di esame della domanda dovrà svolgersi in Italia, quale paese di primo arrivo”.
Anche il trasferimento dei restanti migranti in Albania e Irlanda, merita qualche considerazione.
L’Irlanda non è forse uno dei Paesi che ha rifiutato l’accoglienza alla riunione di Bruxelles, immediatamente precedente, del 24 agosto? La questione resta senza risposta a meno che non si voglia collegare l’attuale consenso alla presenza, in quegli stessi giorni, di papa Francesco sul suolo irlandese.
potrebbe decidere di trasferirli, a sua volta, nel Paese di provenienza?
E’ ancora l’ASGI a precisare: “non potranno in alcun modo essere trasferiti in Albania – paese che non è parte dell’Unione Europea e il cui sistema normativo in materia di protezione internazionale non è conforme al Sistema Comune Europeo di Asilo – contro la loro volontà: nessuna norma nazionale o internazionale lo consente; pertanto eventuali trasferimenti in detto paese potranno avvenire solo per effetto della libera scelta del richiedente”.
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Salvini si è poi scagliato contro il Procuratore di Agrigento, Patronaggio, che lo ha inscritto nel registro degli indagati, assieme al Capo di gabinetto, per vari reati, fra i quali abuso d’ufficio e sequestro di persona.
L’accusa da parte del Ministro e dei suoi supporters (sempre le stesse testate giornalistiche) è ovviamente quella di protagonismo e di voler fare, indebitamente, politica. Un tipo di accusa lanciato altre volte contro magistrati che hanno iniziato procedimenti penali contro esponenti politici.
In realtà, il tipo di indagine e la relativa conclusione, con la trasmissione di tutti gli atti alla competente Procura del Tribunale dei ministri (nella fattispecie presso la Corte di Appello di Palermo), che dovrà inoltrarli al Tribunale dei ministri per il completamento delle indagini, costituiscono un’attività dovuta.
Oltretutto il Procuratore di Agrigento si è così spogliato del tutto dell’azione penale – che ha solo promosso – e non potrà gestire più nulla in merito ai reati contestati. Il suo lavoro è quindi destinato a concludersi e l’accusa di protagonismo risulta dunque del tutto infondata.
Il Tribunale dei Ministri è una sezione specializzata del tribunale ordinario competente per i reati commessi dal Presidente del Consiglio e dai Ministri nell’esercizio delle loro funzioni.
Peraltro il procedimento relativo ad un reato ministeriale prevede una procedura complessa e piena di garanzie per l’indagato, comprensiva anche di un voto parlamentare.
L’articolo 96 della Costituzione stabilisce infatti che “Il Presidente del Consiglio dei Ministri ed i Ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale”.
Ricevuti gli atti, il Tribunale dei Ministri, entro novanta giorni, compiute indagini preliminari e sentito il pubblico ministero, può decidere l’archiviazione – nel qual caso il decreto non è impugnabile – oppure la trasmissione degli atti con una relazione motivata al procuratore della Repubblica, affinché chieda l’autorizzazione a procedere.
L’autorizzazione è chiesta alla Camera di appartenenza degli inquisiti. Nel caso di Salvini, dovrebbe essere quindi il Senato.
La Camera competente – sulla base dell’istruttoria condotta dall’apposita giunta – può negare, a maggioranza assoluta, l’autorizzazione ove reputi, con valutazione insindacabile, che
l’inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico.
Come si vede si tratta di una procedura ultragarantista nei riguardi degli indagati, per i quali è sempre possibile eccepire quella che si potrebbe chiamare la clausola della ragion di Stato. Il reato commesso dal Ministro (o dal Presidente del Consiglio) non sarebbe cioè penalmente
sanzionabile se commesso per un motivo politico preminente (un interesse pubblico o un interesse costituzionalmente rilevante).
Da questo punto di vista il Ministro dell’Interno può dormire sogni tranquilli, almeno fintantoché la maggioranza di governo si dimostri compatta.
Una volta ottenuta l’autorizzazione a procedere, il giudizio di primo grado spetta al tribunale ordinario del capoluogo del distretto di Corte d’appello competente per territorio. Non, però, al Tribunale dei Ministri cui compete soltanto la conduzione delle indagini.
Nel frattempo si inneggia e si stringono rapporti con i Paesi che rifiutano totalmente una qualche forma accoglienza di immigrati (Accoglienza Zero) quali quelli del cosiddetto Gruppo di Visegrad (Polonia, Ungheria, Slovacchia e Rep. Ceca) e l’Austria.
La visita di Orban, prevista per oggi, è l’ultimo tassello di questa vicenda. Si tratta di una visita non ufficiale, perché i 5stelle si sono dissociati.
Non dimentichiamo che Orban, premier di Ungheria, nonché leader del gruppo di Visegrad, oltre che essere xenofobo, ad aver rifiutato di accogliere richiedenti asilo, facendo mettere anche delle reti di filo spinato alla frontiera con la Serbia, ha anche disposto forti restrizioni ai diritti civili, mettendo il bavaglio alla stampa non favorevole al Governo, ed ha posto fine all’indipendenza della Magistratura, ponendola di fatto alle dipendenze del Potere Esecutivo. In altre parole sta svuotando lo Stato di diritto nel suo Paese.
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