Proviamo a spiegarlo al nostro vicino, all’edicolante di fiducia, al panettiere sotto casa, alla cassiera del supermercato, il perchè oggi pomeriggio alle 17 dovremmo essere tutti al porto a manifestare per la liberazione delle 150 persone sulla nave Diciotti.
Centocinquanta persone, non migranti, ostaggi di una politica che rischia di degenerare in autoritarismo, una politica che ogni giorno sfida il buon senso e le leggi, e la Costituzione e i diritti di tutti gli esseri umani.
Proviamo a spiegarlo ai nostri compagni o ai nostri alunni nella chat di classe – sempre invasa di messaggi inutili anche se siamo in vacanza – alla signora sull’autobus o a chi prende il caffè accanto a noi al bancone del bar: essere razzisti non è una cosa di cui vantarsi.
Esserlo è diventato oggi quasi un concetto patriottico, per molti vuol dire semplicemente essere contrari a quelli che “invadono” il nostro Paese.
Per loro siamo noi i cattivi, noi che vogliamo il ‘nemico’ – come è stato abilmente dipinto nella carnevalesca corsa alle elezioni – che gira libero per le nostre strade. Alla fine è solo questione di punti di vista.
A quelli che pensano che misericordia e solidarietà siano cose che ‘toccano all’Europa’, come se noi ne avessimo già dispensate a sufficienza, chiediamo: come reagireste se andaste all’ospedale e vi dicessero che per oggi hanno curato abbastanza malati e dovete rivolgervi altrove?
A quelli che pensano che loro ci rubano il lavoro, chiediamo: tra le migliaia di giovani che cercano di entrare nel mondo dell’insegnamento o di accedere alle professioni, quanti immigrati ci sono? Quanti immigrati ci sono agli uffici di collocamento, e quanti invece vengono sfruttati (a due euro l’ora) perché è la loro clandestinità che permette ai cittadini più poveri di fare la spesa, alle aziende di risparmiare e ai ricchi di guadagnare?
A quelli che pensano che sono loro la causa della crisi, domandiamo: come può essere colpa di persone ‘esterne’ al Paese, che vengono nella povertà assoluta e non hanno il potere di incidere sulle leggi, e non – invece – di chi le leggi può farle? È dovere dei politici trovare delle soluzioni, a loro abbiamo delegato il potere e devono gestirlo per il bene del Paese. O forse, non essendone in grado, scelgono di usare qualcun altro come capro espiatorio dei loro fallimenti?
E a quelli che semplicemente non vogliono difendere i diritti di queste persone per inerzia, perché è sempre più facile dimenticare le cose brutte e le ingiustizie piuttosto che contrastarle, diciamo: cosa risponderai ai tuoi figli e ai tuoi nipoti, quando – tra qualche decina d’anni – ti chiederanno
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