Nella giornata internazionale contro la tratta, che ricorre il 30 luglio, un gruppo di associazioni, in rete tra loro, ha alzato la voce portando argomenti e dati a favore del modello abolizionista nordico e contro la liberalizzazione già sperimentata, ad esempio, in Germania.
Qui la polizia ha molte difficoltà a smascherare tratta e sfruttamento sessuale a causa di ‘dichiarazioni di libera scelta’ fatte, per lo più, sotto ricatto. I controlli sanitari, inoltre, sono iniqui e inefficaci, effettuati solo sulle donne, a garanzia esclusiva dei clienti.
Quanto ai numeri, uno studio condotto dalla London School of Economics ha dimostrato che la regolamentazione porta ad un’espansione incontrollata del mercato del sesso e ad un aumento delle violenze e delle morti
Cosa accadrebbe in un paese come il nostro in cui il controllo della legalità è molto fragile? Quali sarebbero le conseguenze sulle future generazioni considerato che verrebbe codificata la disparità tra uomo e donna e la normalizzazione della violenza?
Non è forse già avvenuto in passato che la legalizzazione fosse richiesta dai benpensanti per “nascondere, separare, ghettizzare la prostituzione, contraddittoriamente e profondamente voluta”?
Nella prostituzione, infatti, “la donna è oggetto di violenza non solo da parte dei trafficanti ma anche da parte dei clienti che ne richiedono ‘i servizi sessuali’.”
Alle donne devono essere fornite alternative concrete attraverso percorsi di fuoriuscita dalla violenza, in linea con la Convenzione di Istanbul.
Ecco il Comunicato
Le sottoscritte organizzazioni femminili e femministe, insieme alle associazioni nazionali e alle organizzazioni sindacali che si riconoscono in linea con la Risoluzione europea del 26 febbraio 2014 (Honeyball) e con la Convenzione di Istanbul, ribadiscono che la prostituzione è una forma di oppressione e violenza sulle donne, che colpisce la nostra libertà, la nostra dignità come cittadine, la nostra salute e ostacola lo sviluppo della parità tra le future generazioni di donne ed uomini
La prostituzione costituisce la più grave minaccia alla libertà, alla salute e alla promozione sociale delle donne, non solo di quelle intrappolate nella tratta degli esseri umani: di tutte le donne (La risoluzione europea del 26 febbraio 2014).
La prostituzione è un fenomeno di genere che riguarda tutte: in essa vi sono implicate 87% donne e bambine (dati europei); 7% uomini, 6% transgender; e i clienti sono più del 90% uomini. La domanda di prostituzione da parte degli uomini non si ferma alle donne, coinvolge anche i minori e mette a rischio la vita e la salute di tanti bambini e bambine.
Ognuna di noi sente il diritto e il dovere di porre in atto la difesa dei diritti acquisiti: anche della legge Merlin, n. 75 del 1958, una delle prime ad aver stabilito con chiarezza che nessun uomo ha diritto di proprietà, anche temporanea, su una donna.
Il pagamento delle prestazioni sessuali è una forma di proprietà temporanea inammissibile e soprattutto una forma di violenza maschile contro le donne e i minori, criminogena e insieme complice di crimini contro la persona perpetrati da reti criminali organizzate. Il denaro non elimina, ma serve solo ad occultare l’abuso sessuale commesso, come dice Rachel Moran sopravvissuta alla prostituzione e attivista di SPACE (associazione globale di donne fuoriuscite dall’industria del sesso) “nella prostituzione non viene comprato il sesso, ma l’abuso sessuale”.
Tutte le forme di contrasto ai commerci illegali e criminali implicano la punibilità del compratore e indicano la fattuale complicità dei clienti, nel caso della prostituzione il cliente viene invece protetto e tutelato in deroga al principio di eguaglianza tra cittadini.
Le forme legali di esercizio imprenditoriale del lenocinio, in Europa e mondialmente, hanno aperto un mercato che rende inefficaci le protezioni per le vittime della tratta e della prostituzione organizzata.
Di fronte agli esiti disastrosi sulle vittime, nei paesi legalizzatori, è stato introdotto il principio del rischio “consapevolmente assunto” da chi vende prestazioni sessuali, il che comporta che le lesioni volontariamente inferte alle prostitute non sono di fatto perseguite penalmente.
Per quanto riguarda il modello Germania, secondo le inchieste e i dati riportati da Der Spiegel, già nel 2013, e successivamente confermati dalla polizia tedesca, dalle associazioni impegnate nella lotta contro tratta e sfruttamento sessuale e dal gruppo di psicologi esperti di traumi (rappresentati da Ingeborg Kraus), dopo l’approvazione della legge nel 2002 è in atto una grave violazione di diritti umani delle persone prostituite: si registra un aumento della tratta a scopo sessuale riguardante in particolare le donne dei paesi dell’est che costituiscono il 95% del totale delle donne prostituite nei bordelli tedeschi che nella maggioranza dei casi vivono nella totale illegalità e ‘invisibilità’, senza accesso alle cure sanitarie (infatti solo 44 donne in prostituzione su 400.000 sono ‘registrate’ ).
La polizia poi lamenta l’impossibilità di fatto di individuare i casi di tratta nascosti dietro la presunzione o la dichiarazione resa (sotto ricatto) di una libera scelta. Il tutto in un sistema sostanzialmente iniquo di controlli sanitari che garantiscono solo il cliente, in quanto effettuati solo sulle donne.
Nel 2016 un’ulteriore inchiesta del Daily Telegraph ha confermato il dato in crescita della tratta, interna all’Europa, di donne dei paesi più toccati dalla crisi e un aumento del volume d’affari dei bordelli legali che arriva a toccare i quattro punti percentuali di PIL. Le donne, anche minori, Greche, Moldave, Serbe, Bulgare, Rumene e Montenegrine sono le più colpite dalla tratta interna all’Europa.
Uno studio condotto dalla London School of Economics su 150 paesi ha dimostrato come la regolamentazione porti ad un’espansione incontrollata del mercato del sesso e aumenti in modo evidente la tratta a scopo sessuale, le violenze e le morti. (Legalized Prostitution Increase Human Trafficking? by Professor Eric Neumayer, 2013)
La marginalizzazione delle prostitute è un fenomeno che dunque è legato alla mancanza di contrattualità nei sistemi di reclutamento, alla violenza e alla povertà che annullano la libertà di scelta.
Il danno politico e sociale che viene arrecato alle cittadine nel prefigurare uno scenario che normalizza la prostituzione e la tratta è incalcolabile soprattutto in paesi come il nostro dove l’esigibilità dei diritti e il controllo della legalità sono ancora molto fragili e corruttibili.
Non ultimo è il danno che si ripercuote sulle future generazioni come codifica della disparità tra uomo e donna che normalizza anche la violenza che da essa origina, come dice il preambolo della convenzione di Istanbul.
La passata esperienza di legalizzazione (fino al 1958) nel nostro paese ha rappresentato la naturale “evoluzione di un servizio reso ai soli uomini coscritti”, poi esteso a tutti gli uomini in zone cittadine circoscritte separate con muri (ancora visibili) dal resto delle città, muri che irrimediabilmente sarebbero ricostruiti, visto che la legalizzazione è richiesta dai benpensanti per nascondere, separare, ghettizzare la prostituzione contraddittoriamente e profondamente voluta.
L’inaccettabilità della prostituzione non è in discussione per noi, tuttavia intendiamo denunciare il pensiero diffuso sull’ineluttabilità della stessa e la cultura che la sostiene, antica come lo stupro come arma di guerra.
La complicità delinquenziale dei clienti può essere banalizzata solo in un quadro che istituzionalizza l’esercizio del sesso come bisogno unilaterale, che presuppone l’acquisto dei corpi.
La regolamentazione dello sfruttamento e la depenalizzazione del favoreggiamento, presuppongono appunto quel quadro ideale.
Le argomentazioni umanitarie secondo le quali luoghi ad hoc controllati sarebbero sede di protezione delle donne sono smascherate dalla stessa impossibilità del controllo sanitario dei clienti, della ineluttabile schedatura delle donne, da quella che sarebbe la necessaria resa “all’approvvigionamento di donne prostituite” (per soddisfare la crescente domanda della clientela) attraverso la tratta interna ed esterna all’Europa”.
Chi proclama la necessità dell’emersione, attraverso la legalizzazione, della prostituzione, lo fa in una realtà che non deve far più emergere nulla visto che tutto avviene sotto gli occhi di tutti ed è cinicamente tollerato, in particolare la violenza perpetrata dai clienti. Il dieci per cento di tutti i crimini sessuati contro donne e bambine, stupro, percosse, ferimenti e uccisioni sono perpetrati su prostitute.
Nella prostituzione la donna è oggetto di violenza non solo da parte dei trafficanti ma anche da parte dei clienti che ne richiedono ‘i servizi sessuali’.
Nella prostituzione (non solo di vittime di tratta) è maggiore la violenza che le donne subiscono (il 35% in più di violenza rispetto alla popolazione femminile generale con un 26% in più di dipendenza da alcool e droghe) e maggiormente è in pericolo la salute:
Di contro alle realtà regolamentariste in Europa (tra cui principalmente la Germania come il bordello più grande d’Europa), è stato ampiamente dimostrato – da numerose ricerche – come il modello abolizionista/nordico sia l’unico efficace nel contrasto alla tratta e allo sfruttamento sessuale; dall’approvazione di questa legge abolizionista in Svezia, la prostituzione di strada è dimezzata, nessuna persona prostituita è stata uccisa (contro le 123 donne uccise da clienti in Germania) e dalle intercettazioni della polizia emerge come i trafficanti definiscano la Svezia “a bad market” e spostino i loro traffici in paesi regolamentaristi come la Germania dove possono agire in un regime di totale impunità.
Noi chiediamo e sosteniamo con forza l’approvazione di una legge del parlamento Italiano che, in adesione al modello abolizionista (nordico e francese) e considerando la prostituzione una forma di violenza sulle donne (Risoluzione europea Honeyball), introduca anche nel nostro paese il contrasto alla domanda di prostituzione, attraverso la esclusiva penalizzazione dei clienti (dove il reato è costituito dall’acquisto di servizi sessuali e non dai servizi resi da chi è prostituita) e fornisca alle donne alternative concrete attraverso percorsi di fuoriuscita dalla violenza, in linea con la Convenzione di Istanbul.
Promotrici dell’iniziativa: UDI Napoli, Salute Donna, Resistenza Femminista, Iroko Onlus
Aderenti alla rete: UDI di Catania, UDI Monteverde, Arcidonna e molte altre
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