Decine di Associazioni e tante cittadine e cittadini catanesi hanno chiesto al Sindaco di Catania, Salvo Pogliese, di ritirare l’ordinanza “salva decoro”.
Non sono andate in ordine sparso ma hanno costituito una rete, #restiamoumani e incontriamoci, una iniziativa partita in modo spontaneo, dal basso, sull’onda della preoccupazione per il dilagante clima di odio, razzismo e disumanità.
Superando gli steccati, le competizioni e l’autoreferenzialità, che finora hanno reso difficili o addirittura impossibili convergenze e percorsi comuni, queste associazioni hanno individuato in tre principi fondamentali e irrinunciabili i fattori di coesione: difesa dei Diritti Umani, Solidarietà e Umanità.
Rispetto ad una esigenza che già serpeggiava, l’ordinanza 89 emanata dal sindaco Pogliese ha dato l’ultima spinta risvegliando anche cittadine e cittadini di Catania che non hanno perso la capacità di indignarsi.
Questa ordinanza, infatti, non fa che acuire il sentimento sempre piu’ diffuso di paura verso le persone che vivono in condizioni di disagio sociale e favorisce l’arroccamento in posizioni di egoismo e indifferenza.
E’ davvero il “decoro urbano” il problema della nostra città? Non è forse – piuttosto – l’esistenza di una larga fascia di popolazione (italiana e straniera) che vive in condizioni di estrema povertà, senza una casa, un lavoro, un minimo sostentamento economico, senza quindi i più elementari diritti umani?
Come dovrebbe il sindaco rispondere a questa ‘domanda’ sociale? Ghettizzando i poveri che ‘bivaccano’ nel centro storico di Catania e facendoli spostare in modo ‘coercitivo’ verso quartieri più periferici, o piuttosto facendosi carico dell’apertura di nuovi Centri di Accoglienza, garantendo un rifugio per la notte, l’utilizzo dei servizi e un pasto caldo?
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Il sindaco, purtroppo e come era prevedibile, non ha fatto alcun passo indietro, tranne, come avviene sempre in questi casi, affermare che le sue intenzioni sono state male interpretate e che non nutre nessun pregiudizio verso i più deboli.
Per dimostrare la sua disponibilità ha anche convocato un certo numero di associazioni impegnate sul territorio, peccato che ne abbia invitate solo alcune e, soprattutto, che lo abbia fatto solo dopo aver emesso l’ordinanza e non prima, quando sarebbe stato possibile un reale confronto.
Pogliese ha anche fatto la promessa di circa 40 posti letto da reperire in locali sequestrati alla Mafia, promessa che comunque avevamo già sentito fare al sindaco Bianco.
A chi evidenziava l’incongruenza della elevazione di multe a chi nulla possiede, ha fatto riferimento al ‘buon senso’ (o alla discrezionalità?) dei vigili urbani e dei poliziotti deputati alla bisogna.
Insomma nulla che indichi una volontà di ripensamento o una diversa comprensione del problema ‘decoro’.
Quanto alle Associazioni della rete è indubbiamente significativa e apprezzabile la volontà di “elaborare nuovi linguaggi comunicativi (linguaggi di incontro ed inclusione, linguaggi antitetici a quelli utilizzati dai ‘salviniani’) e nuovi strumenti di azione che ci facciano ritornare tra la gente”, come ci dice una volontaria del gruppo territoriale di Emergency, da cui è partito l’invito iniziale alla collaborazione.
Il cammino, però, si presenta non solo lungo ma anche piuttosto arduo.
Se non verranno individuate altre iniziative, c’è il pericolo concreto che, complice la stagione estiva, del problema non si parli più, magari nella consapevole attesa che, nel futuro, qualche episodio di cronaca lo rimetta al centro del dibattito.
A quel punto, però, potrebbe essere troppo tardi e non è detto che l’eventuale indignazione sia sufficiente a determinare cambiamenti positivi. Per il ‘decoro’ della Città, ci piacerebbe un’azione che non perda di incisività.
Ci sono, ad esempio, Associazioni impegnate in progetti condivisi dal Comune. Potrebbero essere proprio queste ultime ad evidenziare come solo il ritiro dell’ordinanza renderebbe più coerenti gli interventi previsti, altrimenti non sviluppati all’interno di un quadro di reale attenzione per i diritti delle fasce più deboli.
C’è anche un’altra prospettiva su cui si potrebbe cominciare a ragionare. Nella radicata convinzione che ci si trova di fronte a un provvedimento profondamente ingiusto, si potrebbe verificare se sia percorribile la strada della denuncia, affinché sia la Magistratura a pronunciarsi sulla legittimità dell’ordinanaza e sulla stessa costituzionalità del decreto Minniti, che ne costituisce la premessa.
A questo link il testo dell’ordinanza.