Così Guido Morselli volle simboleggiare il suo fallimento editoriale, un fallimento che lo spinse all’estremo gesto annunciato nella sua ultima opera, Dissipatio HG, acronimo che sta per Humanis Generis.
Su Morselli, scrittore, drammaturgo bolognese, morto suicida nel 1973, riaccende oggi l’interesse e la curiosità il libro di Adriano Fischer, Dissipatio G.M., che sta per Guido Morselli), edizione Robin, che verrà presentato alla Feltrinelli venerdì 29 giugno, alle ore 18,00, da Vincenzo Maimone.
Dopo aver trascorso tutta l’esistenza alla ricerca di chi pubblicasse le sue opere ed essere stato ignorato e respinto dagli editori italiani “dall’etica professionale approssimativa e quanto mai scorretta” come ricorda lui stesso, Morselli è stato scoperto, apprezzato e valorizzato dopo la sua morte.
Il volume di Fischer è uno smilzo libretto di poco meno di 100 pagine, ma è pregno di contenuti che testimoniano una profonda conoscenza dello scrittore e del contesto letterario italiano e straniero, supportata da un notevole bagaglio culturale filosofico.
Il lessico chiaro e scorrevole rende gradevole la lettura e conferisce sobrietà alla narrazione.
Fischer ci racconta di aver conosciuto Guido Morselli proprio attraverso la lettura dell’ultimo romanzo Dissipatio H.G, in cui l’autore prepara i suoi lettori al gesto estremo. E si chiede: “Cosa mai avrei potuto fare” per risarcirlo del danno arrecatogli dalla becera miopia degli editori? “Boh, l’unica plausibile era conoscerlo leggendo tutte le sue opere, ma ho cominciato proprio da dove lui ha messo il punto”, cioè Dissipatio.
L’originalità del libro sta nell’espediente narrativo dell’intervista, in cui lo scrittore Morselli (Fischer) viene intervistato da un immaginario lettore (Fischer).
In una specie di gioco delle parti i due interlocutori si alternano nella narrazione che non conosce però paletti cronologici. Per esempio Morselli (Fischer) commenta il film “Dramma borghese” di Florestano Vancini tratto dall’omonimo romanzo di Morselli pubblicato da Adelphi nel 1978.
Il topos ideale dell’incontro dei due personaggi è il ritrovamento del diario che Morselli aveva scritto a partire dal 1938 fino alla sua morte.
Il ritratto che viene fuori da questa intervista è quello di un intellettuale che ironizzando sul suo fallimento non si autocommisera ma dice: “Nessuno mi avrebbe pubblicato perché quello non era il mio tempo” in quanto la sua cifra stilistica e contenutistica non era inquadrabile in alcun genere letterario.
Traspare altresì una personalità complessa, travagliata, conflittuale con un forte disagio esistenziale, che ha trovato nella scrittura “un antidoto all’infelicità: l’unica attività che sono riuscito a mantenere costante fino all’ultimo giorno”, come confesserà all’amico che lo intervista.
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