Su iniziativa di Pax Christi, Laudani ha incontrato – nella parrocchia Santi Pietro e Paolo di via Siena – chi era interessato a sentire il racconto della sua esperienza e ha mostrato anche alcune immagini del ‘suo’ popolo e alcune cartine del vastissimo e contraddittorio paese africano in cui opera.
Tra le immagini anche quelle della straordinaria marcia di 2500 Pigmei verso il grosso centro di Isiro, per dare visibilità alla propria richiesta di uguaglianza nei diritti.
Essere vicini a queste persone nella scoperta e nella affermazione della propria dignità è per Francesco Laudani l’obiettivo primario.
Scuola, Salute, Agricoltura e, solo dopo, Evangelizzazione sono i quattro pilastri del suo operato.
Scuola innanzi tutto per imparare a leggere e scrivere, a conoscere i propri diritti, a difendersi. Qualcuno oggi completa le scuole superiori e va anche all’università. Una motivazione in più per investire nella scuola, pagare i maestri chiedendo alle famiglie una partecipazione alle spese, perchè lo Stato è del tutto assente.
Salute per contrastare l’altissima mortalità infantile (45% dei bambini muore prima dei 5 anni) e le gravi malattie endemiche, innanzi tutto la malaria ma anche la denutrizione. Imparare a gestire la salute serve anche a dare dignità e a ribaltare i pregiudizi, come nel caso dei Bantu che oggi ricevono aiuto da una infermiera pigmea, adeguatamente formata e non più oggetto di disprezzo.
E poi il lavoro: agricoltura, lavorazione del legno, spremitura dell’olio, cucito, realizzazione di stuoie e ceste, tutte attività da imparare e/o migliorare, un impegno non da poco per un popolo abituato a stare nella foresta, a cacciare vivendo alla giornata, senza programmare e senza accumulare, solo con un arco, le frecce e una cesta.
Adesso che sono usciti dall’isolamento della foresta, i Pigmei devono imparare a vivere nella società ma senza farsi schiacciare e senza perdere la loro cultura, compresa la spensieratezza e l’amore per la danza.
La povertà impera in questo paese di 85 milioni di abitanti che ospita, nel bacino del suo grande fiume, la più estesa foresta equatoriale al mondo dopo quella dell’Amazzonia, un paese ricchissimo di materie prime, in cui le comunicazioni sono difficilissime.
Nell’Est abbondano diamanti, coltan e oro. Dalle miniere d’oro viene estratta una tonnellata e mezzo di prodotto, ogni mese, che però viene esportato dal Ruanda. Il coltan, sempre più ricercato e prezioso, viene raffinato ed esportato dall’Uganda.
Come mai? C’entra qualcosa la corruzione, molto presente e diffusa? O i 123 gruppi armati che spadroneggiano sul territorio?
Qual è il ruolo delle potenze occidentali, della Cina, dell’India in questo sfruttamento di materie prime da cui il paese non trae vantaggio?
Cosa ci fanno i 26mila militari dell’ONU, che girano armati lungo le strade principali mentre, poco lontano, i villaggi vengono bruciati e le persone uccise?
Le domande del missionario non sono diverse da quelle che ci possiamo fare per molti altri paesi africani, solo che qui tutto è particolarmente grande, il territorio pari a 8 volte l’Italia, le 400 tribù, le 5 lingue ufficiali, i nove paesi confinanti.
Tutto complicato da una storia coloniale e post coloniale molto drammatica e da una situazione politica incerta, in cui il presidente Kabila rischia di essere solo un fantoccio.
Link alla presentazione del missionario comboniano
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