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Gaza, tiro al bersaglio

“Come è possibile che sparare su una manifestazione sia legale o morale?” Lo chiedeva sei anni fa, ai suoi superiori, Shai, un ex sergente israeliano che aveva prestato servizio a Gaza. Non ha avuto risposta. E purtroppo la domanda è ancora molto attuale.
Dei morti palestinesi di questi giorni si è parlato poco, c’è sempre imbarazzo e reticenza  – da parte della stampa – davanti alla questione palestinese. Tanto meno ci si è soffermati sul senso delle manifestazioni organizzate al confine della striscia di Gaza.
Argo pubblica oggi le foto e alcuni testi segnalati da Giusi, un’amica suora che vive in Palestina. Ci descrivono il contesto in cui si è svolta, l’1 aprile, la Giornata della Terra, voluta dal Comitato promotore delle iniziative della Grande Marcia per il Ritorno e finita nel sangue,
“Macchine private, bus, carretti motociclette, perfino cammelli sono stati usati dalle famiglie per arrivare ai cinque punti di raccolta nella Striscia di Gaza: Abu Safia e Malka al nord, Al Bureij al centro, Khoza’a e Al Shoka al sud. Si parla di circa 30.000 persone.
“A circa 700 metri dalla barriera di separazione israeliana sono state allestite tendopoli con possibilità di far riposare i bambini, preparare cibo; spazi ricreativi per i bambini, un campetto da calcio e una struttura allestita dal Ministero della Salute per la prima accoglienza dei feriti. Un ritrovo per affermare il diritto al ritorno sulla loro terra nella Palestina storica.
“Tanti cartelli con le scritte dei villaggi di provenienza e altri con la scritta “non siamo qui per combattere, ma per tornare alla nostra terra”.
Israele aveva promesso il pugno duro e ha mantenuto la promessa. Cecchini e gas lacrimogeni per fermare i manifestanti che si sarebbero avvicinati al border, e utilizzo dell’artiglieria pesante.  A Khosa’a, a sud della striscia di Gaza, il giorno 30 aprile, c’è stato il primo assassinio.
“I Palestinesi hanno sfidato le minacce di Lieberman e hanno affrontato le pallottole vere, i proiettili di gomma e i gas lacrimogeni lanciati da droni speciali. Era incredibile vedere come la massa di persone si spostava al lancio dei gas e subito dopo riprendeva la postazione davanti alla barriera di separazione a sfidare con le loro bandiere al vento la barbarie di una generazione che a 18 anni gia’ impugna un mitra, tira al bersaglio, spara con l’artiglieria.(www.bocchescucite.org- Voci dai territori occupati).
Altre immagini si trovano sul sito di Gazzella, un’associazione senza fini di lucro che si occupa di assistenza, cura e riabilitazione dei bambini palestinesi feriti da armi da guerra, essenzialmente nel territorio di Gaza.
“Anche oggi (4 aprile) centinaia di Palestinesi sono a Malka, Gaza City  a manifestare pacificamente per il diritto al Ritorno sulla loro Terra. Donne e bambini, uomini e ragazzi sono a poche centinaia di metri dal border: c’e’ chi vende sigarette, il padre con i figli tranquillamente seduto. 
“I   soldati israeliani armati di fucili a precisione e gas lacrimogeni  pronti all’aggressione L’impunità di Israele è anche quella di sparare lacrimogeni contro le ambulanze, i giornalisti e i bambini.
“Le immagini di oggi non hanno bisogno di  parole.”

Argo

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