“Tutti gli insegnanti felici si assomigliano fra loro, ogni insegnante infelice è, invece, infelice a modo suo”, con questo aforisma di tolstojana memoria inizia il romanzo ‘Bella Cohen’ di Adriano Fischer, edito Nulla Die.
Anticipando l’argomento che costituirà il contenuto del libro, l’autore prosegue dicendo che “questo potrebbe essere un buon inizio” per riassumere gli anni vissuti a scuola e per raccontare la storia di Bella Cohen, una scuola con una intestazione molto singolare e dissacratoria che si richiama alla maitresse di un postribolo frequentato da Bloom nell’Ulisse di Joyce. Anche se nessuno dei docenti che la frequentavano si era mai interrogato sulla origine di quella denominazione.
La scuola dalle “mura grigie” dove il protagonista ha trascorso cinque anni, “troppi per un diploma”, come sottolinea lo stesso, e dove ha incontrato i suoi insegnanti dagli sguardi “tristi e bigi”.
Quale motivo lo ha spinto a fare memoria del suo passato scolastico? Lo chiarisce subito precisando che non è stata “né la nostalgia, né quel senso di incompiuto che induce le persone a fare quadrato, ma un puro caso”. Proprio casualmente un pomeriggio vede passeggiare davanti la scuola il professore Carapace, docente di latino e greco e a quel tempo anche vicepreside della scuola.
“Quella figura – scrive – mesta e sconfitta, invecchiata e spenta, mi sradicò in modo violento dal mio presente per catapultarmi in quegli anni: anni che dovevano essere raccontati, fatti rivivere”.
Tornano così sulla scena di un virtuale palcoscenico tutti gli altri docenti di quel passato, dalla Bardolino docente di inglese alla Cordiali di matematica, ai prof Laconi di religione, Caltabellotti di italiano, Belmondo di storia e filosofia e infine alla Preside Rampini.
Da quel momento si snodano e si intrecciano lungo tutto il romanzo le storie e le vite di quei suoi insegnanti che diventano personaggi di una umanità variegata e sofferente, con problematiche complesse a tal punto da poter diventare singoli romanzi a sè stanti.
A metà racconto il romanzo entra in una nuova dimensione perché assume una venatura di noir ed entra in scena un nuovo personaggio che è il commmissario Gentilomo, figura anch’essa problematica ma non priva di una certa comicità.
La cifra di questo libro sta nell’uso di un linguaggio chiaro, scorrevole, corretto da uno stile ironico, penetrante e soprattutto acuto nella descrizione sia degli ambienti sia dei personaggi, senza mai scadere in caricature infamanti o grottesche.
Il romanzo è stato presentato ieri, con entusiasmo e passione, da Vincenzo Maimone al folto pubblico presente presso la Feltrinelli di Catania.
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