Fino a 29 sostanze migrano dalla plastica all’acqua, quell’acqua imbottigliata che scegliamo di bere ritenendola più sicura rispetto a quella che sgorga dai nostri rubinetti.
Alcune delle sostanze ‘migranti’ sono cancerogene, altre vengono classificate come disturbatori endocrini. Lo studio condotto dal Lawrence Berkeley National Laboratory, su commissione del Dipartimento Californiano per il Riciclo e Riuso ha dettagliato la lista delle sostanze e valutato sperimentalmente gli effetti della durata di permanenza dell’acqua nelle bottiglie e quelli dell’esposizione alla luce e al calore.
Paladina di una crociata di sensibilizzazione per la riduzione del consumo di acqua in bottiglia è oggi, a Catania, Manuela Coci, una biologa con dottorato di ricerca sui microorganismi acquatici ed esperienza di ricerca in Italia e all’estero.
Ha deciso di tornare nella sua città, Manuela, nella terra e (al mare) che ama e dove vuole far crescere i suoi figli. Da Catania mantiene i vecchi contatti, e ne tesse di nuovi, con vari centri di ricerca internazionali e sta di fatto portando un contributo al superamento dei vecchi schemi culturali in cui – spesso da provinciali – ci chiudiamo.
Ecco allora la campagna ‘Bevi meno plastica’, promossa dalla associazione di divulgazione scientifica Microb&co di cui Manuela è presidente.
La campagna è rivolta alle scuole di Catania e provincia per tutelare soprattutto i bambini, i maggiori fruitori di acqua in bottiglia, sensibilizzando genitori, docenti e dirigenti scolastici.
Lontana da qualunque forma di allarmismo per ‘deformazione professionale’ e rigore scientifico, la campagna ha lo scopo di informare e scuotere da vecchie abitudini.
Vogliamo tutti avere il meglio e soprattutto darlo ai nostri figli. Dobbiamo sapere che l’acqua in bottiglia non è sempre sicura, perché la plastica in cui viene conservata rilascia sostanze, cancerogene e mutagene, le cui concentrazioni aumentano più di 9 volte se la temperatura passa da 20 a 30 gradi e di quasi 4 volte se l’acqua rimane imbottigliata per più di 3 mesi.
Non si tratta di ipotesi remote, considerato che l’acqua in bottiglia viene trasportata nei camion, spesso lasciata al sole o stoccata a lungo nei depositi.
Nessun produttore, per quanto utilizzi processi di imbottigliamento tecnologici e sicuri, può garantire la conservazione delle bottiglie in condizioni ottimali.
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Il tema è sicuramente di rilevante interesse per la salute, tanto è vero che le concentrazioni di composti originati dalla plastica sono oggetto di normative comunitarie e nazionali che ne stabiliscono i limiti.
I limiti di legge non considerano, tuttavia, le sinergie tra i composti presenti in tutte le bevande e i cibi, da noi consumati, che stanno a contatto con la plastica.
L’esposizione a cui siamo sottoposti è quindi non solo prolungata ma proveniente da più fonti. Considerato che mancano sufficienti dati tossicologici su ciascun composto, potremmo sentirci in un vicolo cieco.
Eppure c’è una cosa semplice che possiamo fare – ribadisce Coci – cominciare a ridurre, in via preventiva, il consumo di acqua imbottigliata ed usare l’acqua del rubinetto, che ci viene fornita come potabile e per la quale paghiamo una bolletta.
Se ne avvantaggerebbe anche l’ambiente, invaso da plastica monouso pressoché indistruttibile che inquina le coste, il mare, intossica uccelli e pesci, costituisce un “vettore di diffusione di specie invasive da un continente all’altro”.
Dell’acqua del rubinetto, però, non riusciamo a fidarci, non ci basta sapere che la sua qualità dell’acqua è controllata dai distributori e certificata dalle aziende sanitarie locali.
Ammesso che l’acqua arrivi come potabile al nostro contatore, come essere sicuri della sua qualità dopo che ha attraversato le vasche di raccolta, spesso presenti nelle strutture pubbliche e private, le tubature e gli stessi rubinetti?
La campagna ‘Bevi meno plastica’ prevede – nelle scuole che aderiscono – l’analisi gratuita dell’acqua del rubinetto, svolta dalla A2D Analisi acqua a domicilio, il cui risultato viene comunicato ai genitori con un report di campionamento e analisi.
Viene effettuata anche la manutenzione della rubinetteria e dei punti di acqua e nel caso di anomalie si attivano procedure di segnalazione al distributore e si assiste la scuola nella risoluzione. Un dirigente scolastico deve poter avere certezze sulla qualità dell’acqua della scuola.
La prima scuola ad aderire alla campagna ‘Bevi meno plastica’ è stato l’Istituto comprensivo Sante Giuffrida di Catania, dove a maggio sono stati effettuati, campionamento e analisi dell’acqua, la manutenzione della rubinetteria negli edifici di Viale Africa e di via Salemi, con l’invio finale di un report alla Dirigente e la distribuzione a tutti gli studenti delle buste Bevi meno Plastica.
Ciascuna busta contiene informazioni sulla campagna, il risultato delle analisi della scuola, e un questionario da compilare a casa con domande sulle abitudini di consumo dell’acqua del rubinetto e dell’acqua in bottiglia.
Con la riapertura, altre scuole stanno aderendo con entusiasmo alla campagna, per avere e dare certezze sulla qualità dell’acqua, ridurre l’esposizione ai contaminanti della plastica e educare alla sostenibilità ambientale. Come dice il motto della campagna, #per un futuro migliore, bevi meno plastica.
Buongiorno è ancora possibile aderire alla campagna?
mi interessa per una scuola di Catania.