Lo scrive il Coordinamento provinciale di Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie a Catania ribadendo “il proprio impegno di memoria e testimonianza per tutte le vittime delle mafie e la vicinanza ai tanti familiari che ancora aspettano di conoscere i motivi e i contesti nei quali sono maturati gli omicidi dei loro cari”.
Il caso specifico a cui il Coordinamento di Libera fa riferimento è quello di Francesco Vecchio e Alessandro Rovetta, uccisi ventisette anni fa, il 31 ottobre 1990, alla zona industraile di Catania, in un agguato di cui ancora non si conoscono esecutori e mandanti.
Alessandro Rovetta era comproprietario della Megara spa ed era subentrato al padre nella conduzione dell’azienda di cui Francesco Vecchio era amministratore.
Megara, collegata al gruppo bresciano Alfa Acciai, era un’azienda leader della siderurgia in Sicilia ed aveva il monopolio della produzione del ferro per il ciclo del cemento armato.
Una azienda che, fin dai primi anni ’80, orbitava nel raggio di protezione di Provenzano, di Santapaola, dei ‘Cavalieri del Lavoro‘ di Catania e quando il giovane Rovetta, insieme a Vecchio, cominciò a rompere con le scelte di organizzazione aziendale e le “abitudini di connivenza che avevano garantito fino a quel momento la pace per l’azienda, si scatenò l’inferno”.
In una lettera a Mattiello, che si può trovare a questo link, Salvatore Vecchio, figlio di Francesco ripercorre le ultime vicende relative alle indagini sulla morte del padre.
Dopo l’archiviazione disposta dal GIP di Catania nel luglio dello scorso anno, è intervenuta la Corte di Cassazione che ha annullato l’atto e disposto la trasmissione degli atti alla Procura di Catania. Quest’ultima, tuttavia, ha fatto un’altra richiesta di archiviazione, a cui lo stesso Vecchio si è opposto giudicandola infondata e contraddittoria.
La Procura – scrive Salvatore Vecchio – chiede l’archiviazione perchè gli autori del reato sono ignoti ma nella motivazione della richiesta fa riferimento a 3 diverse ipotesi investigative nelle quali vengono individuati nominativamente non meno di 6/7 possibili autori del duplice omicidio. Questa la prima contraddizione.
La Procura individua, inoltre, tre possibili ricostruzioni della vicenda, in base alle quali si può ricondurre l’omicidio o al clan Santapaola o alla mafia palermitana o al ‘gruppo Sciuto’. Ipotesi che, a parere di Vecchio, rientrano in quadro complessivo illogico e confuso.
I pubblici ministeri, a suo parere si sono limitati ad ascoltare i collaboratori di giustizia che dichiaravano di avere informazioni sul duplice omicidi senza attivare indagini mirate ad individuare i necessari riscontri o verificare tutte le circostanze.
Lo stesso Vecchio ha infatti richiesto una nuova consulenza tecnica sulla dinamica dell’omicidio.
La lettera si conclude esprimendo fiducia nella ripresa delle indagini, “perchè la Giustizia non può arrendersi”.
Una analoga fiducia esprime il Coordinamento catanese di Libera nel suo Comunicato, che così si conclude:
“I processi di mafia rinnovano costantemente il dolore dei familiari, uniti tutti dal desiderio di giustizia e di affermazione della legalità. Riteniamo che la richiesta di verità debba e possa trovare ascolto, anche rispondendo alle domande poste nell’opposizione della famiglia Vecchio alla richiesta di archiviazione.
Siamo certi che saranno percorse tutte le strade necessarie affinché i responsabili dei delitti possano essere assicurati alla giustizia”
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