E’ possibile aggiungere qualcosa alla ricostruzione della vicenda Falcone?
Sì, “anche per chi, come me, è cresciuto a pane e storie di magistrati e poliziotti uccisi dalla mafia”, come ha detto di sè Fabio Regolo, coordinatore di Area Democratica della Giustizia a Catania, nel presentare il recente libro di Giovanni Bianconi, “L’assedio. Troppi nemici per Giovanni Falcone”.
Una scelta coraggiosa, da parte di ADG, proporre un libro che ‘scava’ anche dentro le contraddizioni della magistratura, ricostruendo il ruolo svolto – nella storia di Falcone – dall’organo di autogoverno dei magistrati (CSM) oltre che dai “colleghi della porta accanto”.
Colleghi che non lo amano, lo considerano troppo ‘protagonista’, uno che cerca i riflettori, criticano le sue esternazioni, guardano con sospetto ai suoi rapporti con la politica.
Alcuni non capiscono le piste nuove che percorre, la sua individuazione della struttura unitaria e verticistica della mafia, la scoperta del rapporto tra mafia e appalti, di politici non solo contigui a Cosa Nostra ma esecutori dei disegni mafiosi, qualcosa di più di quello che si definiva terzo livello.
Falcone ha un rapporto problematico anche con gli uomini di potere e con gli intellettuali, compresi i giornalisti.
Sono molti, infatti, i contesti in cui nasce ‘l’assedio’ che determinò l’isolamento che rende tragica la sua figura ancor prima della morte violenta.
Bianconi ricostruisce questi contesti, anche quelli interni alla mafia, e prende in esame l’ultimo periodo della vita di Falcone con particolare riguardo non tanto ai suoi successi, quanto alle sue sconfitte.
Non solo la più nota, quella del 1987, quando a Falcone – per l’incarico di capo dell’Ufficio Istruzione di Palermo che era stato di Caponnetto – venne preferito il più anziano Antonino Meli, che avrebbe cambiato metodo di lavoro, di fatto smantellando il pool antimafia.
Ma anche le altre, la ‘bocciatura’ da parte del governo che gli preferì Domenico Sica come alto commissario antimafia, la mancata elezione al CSM, l’esposto presentato contro di lui al Consiglio superiore per aver tenuto nascoste la carte relative al ‘terzo livello’.
E fu andando a difendersi da questa accusa che spiegò come le indagini giudiziarie vadano distinte dalle valutazioni etiche e politiche sui rapporti tra mafia e politica, perchè – se non ci sono le prove – si va verso assoluzioni che faranno dei politici delle vittime, dei martiri.
Per spezzare l’accerchiamento e fare capire all’opinione pubblica che non si trattava di sue ambizioni personali ma della “offensiva di una organizzazione criminale che non poteva tollerare di essere combattuta con efficacia” (pag 51), rilascia alcune interviste.
Pochissime quando era inquirente, diventano più frequenti quando va al Ministero per dirigere la sezione Affari penali. Vuole fare capire il suo progetto, le nuove norme a cui intende lavorare proprio per fornire strumenti agli inquirenti, tra cui voleva tornare ad operare.
Vuole anche proteggersi. Dopo l’assassinio di Chinnici, Montana, Cassarà, e la delegittimazione di cui si sente oggetto, è consapevole di essere un ‘cadavere che cammina’ e pensa che sia più difficile colpire un personaggio molto esposto.
Bianconi approfondisce anche le fasi del maxi processo, la vittoria della sentenza di primo grado, l’arretramento della sentenza di appello, la delicatissima fase del passaggio in Cassazione.
Molte delle problematiche sono tutte interne alla magistratura e su questo torna anche il Procuratore generale di Roma Giovanni Salvi, emozionato di essere nella città dove ha diretto per alcuni anni la Procura dando una svolta alla sua organizzazione.
E’ convinto che l’isolamento di Falcone sia stato determinato soprattutto dal fatto di essere troppo ‘avanti’ rispetto ai suoi colleghi, che non avevano capito le sue intuizioni investigative.
Innovativo il suo modo di immaginare la struttura del processo, di impostare il lavoro del pubblico ministero, di stabilire i i criteri di formazione dei collegi, una attività non di tipo burocratico che poteva portare a sentenze in grado di cambiare la storia d’Italia
Ma il meglio di sé Salvi lo dà nella fase finale dell’incontro quando – rispondendo ad una domanda – ricorda quello che è cambiato da allora, quando molti strumenti non c’erano, non si facevano le indagini patrimoniali, c’era l’ostacolo del segreto bancario, l’uso delle intercettazioni era limitato, si stava definendo la figura del collaboratore di giustizia.
Ora che gli strumenti ci sono, abbiamo le strutture idonee di polizia giudiziaria, cosa manca? Un cambiamento di ‘testa’, di mentalità e che vengano investite risorse per ridare efficienza alla giustizia. E invece, niente assunzioni, niente investimenti strutturali, sebbene ‘dare giustizia’ sia un obbligo verso i cittadini.
Non una commemorazione quella di lunedì sera nel cortile della CGIL ma una proposta di analisi per continuare un percorso, come ha detto Pina Palella facendo gli onori di casa e rivendicando il ruolo del sindacato nella lotta alla mafia, da Portella delle Ginestre al caporalato.
Un esercizio di memoria non basato sulla retorica perchè, come ha sottolineato Regolo, la memoria è importante se crea resistenza e contrasta ipocrisia e assuefazione.
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Celebrare i martiri Falcone e Borsellino assomiglia a volte alle celebrazioni dei martiri cristiani operate in passato da un clero in attesa di promozioni vaticane. Nel caso in esame però respingiamo che il Magistrato Fabio Regolo venga sospettato, come si legge, dai “colleghi della porta accanto” per i “suoi rapporti con la politica”. Lo conferma in particolare, il suo impegno nell’avere ripreso le indagini su quello che il Commissione Nazionale Antimafia venne definito “porto delle nebbie” e che venne documentato e denunciato dalla società civile catanese. In particolare ha indagato sulla devastazione della Plaia avvenuta per far posto in una nuova costosissima “darsena” al servizio di trasportatori, non esclusi alcuni sotto indagini e sequestri della DIA. La conferma di tale impegno del Magistrato Regolo e della Procura a cui appartiene, avverrà alla prossima udienza del 15.11.17 che in atto stranamente vede un solo imputato e ben tre degli altri responsabili dei reati e dei danni non solo ambientali commessi, chiamati a difenderlo testimoni di una sua innocenza!
Non mi piacciono le lodi e le celebrazioni dei magistrati.Sono spesso vittime delle leggi ignobili che il Parlamento ha varato. Credo però che sia utile studiare le teorie e le tesi del senatore Violante condensate nella teoria dell’uso alternativo del diritto.