Un fenomeno descritto e discusso durante il seminario di formazione organizzato presso la Prefettura – lo scorso 23 giugno – da UNHCR e Commissione nazionale per il Diritto d’Asilo del Ministero degli Interni, “Identificazione delle vittime di tratta tra i richiedenti protezione internazionale ed i meccanismi di referral per la loro adeguata assistenza.”
Sebbene sia stato evidenziato che la tratta e lo sfruttamento sono di tipo non solo sessuale ma anche lavorativo, e riguardano uomini e donne provenienti da vari paesi, l’attenzione maggiore è stata riservata alle ragazze nigeriane, di cui c’è forte richiesta.
Le cifre parlano chiaro e Caterina Ajello, della Procura Minorile, le ha esposte con precisione. Mentre su 8672 minori non accompagnati (MSNA), i maschi sono decisamente la maggior parte, vale a dire 7000; nel caso di chi proviene dalla Nigeria troviamo 655 femmine su un totale di 1109, più della metà.
Parliamo di donne giovanissime, spesso minorenni, che si dichiarano maggiorenni, che sono consapevoli di essere state ‘comprate’ ma non intendono denunciare i propri sfruttatori né collaborare con le organizzazioni umanitarie che si mettono in contatto con loro.
Solo poche unità sono state quindi inserite in comunità protette.
L’unico desiderio di queste ragazze è quello di pagare velocemente il riscatto, del quale sono sempre a conoscenza, e ottenere così la libertà senza avere più il timore di essere punite con la malattia o con la perdita del senno per la rottura del patto di alleanza, come ormai un’efficace etnopsichiatria ha ampiamente spiegato
Quando arrivano, forse l’unica cosa che non conoscono è la durezza estrema del ‘lavoro’, ad esempio che saranno costrette a stare 14 ore al giorno in piedi sotto il sole cocente o – mezze nude – al gelo, con un solo panino e una bottiglia d’acqua.
Dagli interventi dei relatori, molto qualificati, non sono emerse solo informazioni ma anche indicazioni operative molto concrete e molto utili. Oltre ad ad Antonella Basilone dell’UNHCR ha dato un importante contributo Gilda Violato dell’OIM che ormai vive quasi continuativamente a Catania ed è presente agli sbarchi per l’individuazione veloce delle vittime di tratta.
Se ne ricava la consapevolezza che non è consentita nessuna improvvisazione da parte di chi entra in contatto con queste ragazze e la complessa realtà della tratta. Indispensabile, inoltre, la stretta collaborazione tra le organizzazioni e i soggetti istituzionali che se ne occupano, Procura, Tribunale dei minori, tutori (che devono essere persone molto preparate) e associazioni come OIM e Penelope, per la quale ha parlato Cettina Restuccia
Ricco di consigli pratici l’intervento appassionato di Lina Trovato, sostituto procuratore e neo-coordinatrice del gruppo contro la tratta, al quale ha deciso di dedicarsi anima e corpo.
Innanzi tutto mai concedere telefonate ai familiari, anche perchè la famiglia è a conoscenza di tutto e non vuole perdere la ‘fonte’ del sostentamento né essere esposta a ritorsioni.
E poi, mai fare ricevere pacchetti, mai fidarsi di chi le accompagna perchè, nella migliore delle ipotesi, è un ticket-man, una sorta di amico di famiglia/parente/accompagnatore/aiutante, oppure una maman, figura ormai ben definita di guardiana/custode/consulente ex prostituta …
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