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Antiracket, cambiare si può (si deve)

“Molti si sono improvvisati paladini dell’antimafia e non c’è stata nessuna valutazione sul loro reale operato. L’antimafia è stata utilizzata più come un brand per fini personali. Si è verificato in Sicilia così come in altre regioni. Tutto questo finisce per creare disdoro all’antimafia vera”, Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione.
Riflessioni simili sono emerse, sul tema della lotta alle estorsioni, nel recente convegno “Progetto per una nuova idea di associazionismo antiracket”, promosso a Catania dall’Associazione Asaec Antiestorsione ‘Libero Grassi’.
Anche in questo caso, l’obiettivo era quello di ridare credibilità all’associazionismo, che dovrebbe rappresentare, ma, purtroppo, non sempre lo ha fatto, un importante collegamento fra coloro che denunciano, le forze dell’ordine e la magistratura.
Non a caso, l’Asaec ha presentato una proposta di legge per modificare i criteri di accesso e di permanenza delle associazioni antiracket nell’albo prefettizio ex l. 44/99.
Molte le presenze istituzionali (fra gli altri, il questore di Catania, i capi della Direzione Investigativa Antimafia e della polizia postale), serrato il confronto, moderato dal giornalista de La Repubblica, Attilio Bolzoni.
Quest’ultimo ha sottolineato che, ancora, “ ci sono troppi silenzi, troppa omertà. Tantissimi spot sui temi dell’antimafia e una lettura del fenomeno ferma a 30 anni fa”.
Il presidente dell’Asaec, Nicola Grassi, ha contrapposto l’antimafia di strada, volontaria, gratuita, composta per la maggior parte da imprenditori che hanno vissuto le medesime vicende estorsive, a quella “retorica, ubbidiente e addomesticata, sottomessa alle benevolenze di funzionari pubblici.
Quest’ultima gode di un fiume incontrollato di denaro e da tempo ha abdicato al suo ruolo di denuncia perché consociativa con i poteri e propensa al carrierismo e agli incarichi”.
Ha sottolineato, inoltre, quanto sia necessario supportare e ‘proteggere’ la prima dai continui attacchi che subisce.
Tema ripreso dal Procuratore della Repubblica di Catania, Carmelo Zuccaro, che, partendo dalla constatazione che “mele marce ci sono in tutte le istituzioni”, ha ribadito la necessità di creare filtri più efficaci degli attuali per evitare che su questioni tanto importanti e delicate abbia diritto di parola chi non dovrebbe averlo.
Ha denunciato, in particolare, quanto siano blandi – e perciò inadeguati – gli attuali controlli sulle associazioni che operano in questo campo.
Per superare queste contraddizioni, Nicola Grassi ha proposto di “ritornare allo spirito fondante che ha mosso le prime associazioni antiestorsione negli anni novanta”.
“Per questo – ha proseguito il relatore – la proposta di legge che abbiamo scritto parte da un presupposto fondamentale: se l’associazione riuscirà ad essere efficace ed efficiente nella sua azione sul territorio, non avrà alcun problema a superare il controllo effettuato dalle Prefetture per l’iscrizione e/o il mantenimento nella lista dell’Albo prefettizio, che ne dovrebbe garantire l’affidabilità”.
Nella proposta di legge, conseguentemente, si individuano criteri ‘stringenti’ come, ad esempio, il numero di denunce che si risolvano in un rinvio a giudizio e il numero di richieste di accesso al fondo su delega del danneggiato. Così come centrale rimane garantire l’accompagnamento della vittima dal momento della denuncia sino allo sviluppo di tutto l’iter processuale.
“Vogliamo invertire la rotta, ha concluso il Presidente dell’Asaec, le nostre riflessioni hanno dato fastidio a quanti ha fatto dell’attività associativa antiracket una fonte di guadagno, ora sentiamo di essere sulla buona strada.
Ci auguriamo che questa nostra proposta di legge, modificabile e migliorabile, sia accolta dai rappresentanti del potere legislativo che manifestano sensibilità verso questa annosa crisi che attraversa il mondo associativo antiestorsione”.

Argo

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