Come farà un papà ( o una mamma) che svolge un lavoro precario a compilare la schede preparatoria ai test Invalsi programmati per suo figlio? La tabella relativa alla professione svolta dai genitori rappresenta, infatti, un mondo del lavoro in gran parte ormai inesistente o comunque minoritario.
Lo denuncia un genitore di cui oggi pubblichiamo la lettera. Il suo disagio ci è sembrato significativo perchè rispecchia i profondi cambiamenti sociali del nostro tempo e l’incapacità della scuola di interpretarli e intervenire in modo costruttivo al loro interno.
Gentile redazione, ho un figlio di sette anni che frequenta la seconda elementare e dovrà sostenere le prove Invalsi come tutti gli alunni di seconda e quinta elementare, oltre che di terza media. Oggi il bambino è arrivato a casa con una scheda preparatoria che noi genitori dovevamo riempire.
Essendo il test anonimo, niente nome e cognome ma “Dati per la raccolta delle informazioni di contesto”, dalle valutazioni ricevute dallo studente fino al lavoro svolto dai genitori.
Tralasciando l’incomprensibile codice “SIDI”, vorrei soffermarmi soprattutto sulla tabella in cui sono indicate le professioni dei genitori. Non sono, infatti, riuscito a trovare nessuna casella da sbarrare.
La griglia fa riferimento ad un mondo del lavoro in gran parte ‘immaginario’, soprattutto nella generazione a cui appartengo, quella dei trentenni.
Sono presenti le figure dei dirigenti, degli imprenditori, dei dipendenti e dei lavoratori in proprio. Sono previsti anche i disoccupati, le casalinghe e i pensionati. E i precari? Devono sbarrare tutti la decima casella e riconoscersi nella dicitura “non disponibile”?
A quale categoria devono ‘iscriversi’ i lavoratori con contratto di somministrazione ex contratto interinale? O con contratto a chiamata, lavoro accessorio (quello pagato con i voucher), apprendistato? e così via discorrendo con altre tipologie che nemmeno conosco.
Se le informazioni di contesto sono richieste per inquadrare la situazione dell’alunno, spiegare il suo rendimento e magari motivare l’inserimento di correttivi che bilancino le differenze tra Nord e Sud o tra città e campagna, c’è qualcosa che non quadra.
C’è anche dell’altro. Che la griglia proposta non corrisponda alla realtà, è un dato di fatto. Ma anche se ci fossero altri voci, e dovrebbero essere molte, per descrivere il variegato attuale mondo del lavoro, i punti oscuri resterebbero tanti.
Un papà o una mamma precari possono fare lavoro di ricerca, non strutturato, all’Università. Oppure possono lavorare all’interno di progetti del cosiddetto “terzo settore” o, ancora, possono essere impiegati in strutture (quasi sempre cooperative) socio-assistenziali.
L’incertezza del futuro può essere comune, lo sfruttamento differenziato, sicuramente è diversa la base culturale. E per un bambino che va a scuola non mi sembra un elemento secondario.
Non capisco davvero il motivo di questa miopia. Non so se la segnalazione sia inutile o possa in qualche modo servire. Quanto meno è servita a me per esprimere il mio disagio.
Grazie comunque per l’ospitalità.
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Casalinghe ma non ci sono i “casalinghi”. Perche’ non soltanto la scheda propone modelli di lavoro di favola moderna (per Catania si intende) ma e’ anche sessista. Manca di rispetto agli uomini che stanno a casa a sgobbare tutto il giorno e a crescere i figli mentre la moglie lavora.