mi svegliò un fischiettio e andai alla finestra.
Sul mio ciliegio – il crepuscolo empiva il giardino –
c’era seduto un giovane, con un paio di calzoni sdruciti,
e allegro coglieva le mie ciliegie. Vedendomi
mi fece cenno col capo, a due mani
passando le ciliegie dai rami alle sue tasche.
Per lungo tempo ancora, che già ero tornato a giacere nel mio letto,
lo sentii che fischiava la sua allegra canzonetta.
Felice Rappazzo (Università di Catania) ha utilizzato questa poesia di Bertolt Brecht per ricordare ai partecipanti al convegno di aggiornamento su: “La didattica dell’italiano nella scuola secondaria”, promosso a Catania dal CESP in collaborazione con i Cobas Scuola, quanto sia importante appropriarsi del patrimonio culturale ed essere in grado di utilizzarlo criticamente, anche per ridare senso e dignità al mestiere di docente.
Nell’introdurre i lavori Nino De Cristofaro (docente, Cesp Sicilia) aveva sottolineato come negli ultimi venti anni da un lato si è progressivamente abbassata l’asticella relativa alle conoscenze degli studenti e, dall’altro, è cresciuta la logica dell’addestramento, dei test standardizzati, funzionali alla formazione di moltitudini acritiche.
Ci si è, infatti, concentrati quasi esclusivamente su questioni metodologiche marginali, spesso inseguendo le mode del momento, e si è dimenticato che una “vera preparazione” non può che essere quella che aiuta il discente a comprendere autonomamente il mondo.
Nel suo intervento, Andrea Manganaro (Università di Catania) ha legato l’acquisizione della competenza letteraria allo sviluppo della capacità di interpretare criticamente i testi, ricostruendo, innanzitutto, il nesso fra scuola e vita.
In un processo che non deve mettere al centro né l’emittente, né il messaggio, ma il destinatario, lo studente. Le procedure ermeneutiche, conseguentemente, devono servire a stimolare i processi/percorsi di problematizzazione, facendo sì che l’educazione letteraria contribuisca alla sopravvivenza delle stesse democrazie occidentali.
Comprendere e valutare (nel senso di dare valore) diventano, in questa prospettiva, essenziali.
Patrizia D’Arrigo (docente I.I.S. Vaccarini) ha ripercorso il lavoro sviluppato rispetto alla competenza letteraria all’interno del progetto “Compita”.
Un progetto che, utilizzando soprattutto una procedura laboratoriale, attraverso l’articolazione degli studenti in piccoli gruppi, ha permesso a questi ultimi di accedere al testo letterario, comprenderne forme e significati storici, indagarlo e manipolarlo, acquisire consapevolezza.
Il docente, in questa prospettiva, svolge una funzione di mediazione e gli alunni, alla fine del percorso, possono essere in grado di elaborare autonomamente testi, coerentemente con le varie tipologie incontrate.
L’importanza di legare insieme sapere teorico ed esperienza è stata sottolineata da Katia Perna (docente L.S.S. Boggio Lera, che ha messo in guardia dal lasciarsi sedurre da termini apparentemente nuovi (competenze) nati, però, nel contesto militare e adottati in quello aziendale, prima di giungere a scuola.
E ha denunciato il rischio di guardare, nello studio, solo alla quantità (a un certo numero di pagine, nell’università, corrisponde un certo numero di crediti) e alla “utilità” (cui mira la didattica per competenze) rinunciando alla qualità e alla visione della conoscenza come strumento “per guardare il mondo”.
Questa logica, in un contesto più generale, ha subordinato la ricerca di base a quella applicata, che da anni riceve più attenzioni e più finanziamenti.
La vivacità del dibattito (a partire dalle diverse interpretazioni sul ruolo del docente: magister, facilitatore, “allenatore”) ha determinato la scelta di rivedersi, nei prossimi mesi, per approfondire stimoli, sollecitazioni, dubbi.
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