Viene delegata al Governo la riorganizzazione della Difesa a vari livelli, in attuazione del «Libro Bianco per la sicurezza internazionale e la difesa», a cui lavora da anni la ministra Roberta Pinotti insieme al suo staff.
Il sito del Ministero della Difesa ne parla enfaticamente come di “un grande lavoro” che tiene conto delle nuove sfide globali, ricalibra gli obiettivi generali e conserte di perseguirli con “efficacia, efficienza ed economicità”.
Tra coloro che hanno colto le insidie contenute in questo testo c’è Pax Christi che ha diffuso un Comunicato molto duro.
Individua, innanzi tutto la distorsione del senso dell’articolo 52 della Costituzione, in cui si parla di “difesa della Patria”, concetto ben diverso daquello di “contributo alla difesa collettiva dell’Alleanza Atlantica” e di “mantenimento della stabilità nelle aree incidenti sul Mare Mediterraneo, al fine della tutela degli interessi vitali o strategici del Paese”.
Il “ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, stabilito dall’articolo 11 della Costituzione, è stravolto dall’idea di «gestione delle crisi al di fuori delle aree di prioritario intervento, al fine di garantire la pace e la legalità internazionale».
Un esito verso cui già conduceva – leggiamo nel Comunicato – “la Legge quadro entrata in vigore nel 2016, che istituzionalizza le missioni militari all’estero con un fondo specifico presso il Ministero dell’economia e delle finanze”. da
Allarmante il fatto che il nuovo modello apra le porte delle Forze armate a «dirigenti provenienti dal settore privato» che potranno ricoprire gli incarichi di massimo livello.
L’industria militare viene definita nel Libro Bianco «pilastro del Sistema Paese» poiché «contribuisce, attraverso le esportazioni, al riequilibrio della bilancia commerciale e alla promozione di prodotti dell’industria nazionale».
Le conclusioni del Comunicato dell’associazione sono dunque che
“Il Libro Bianco annulla, in tal modo, il fondamento ideale, promotore di pace, della Costituzione italiana, più volte ricordatoci da persone come Giuseppe Dossetti, Giorgio La Pira, Sandro Pertini, Oscar Luigi Scalfaro.
L’Italia viene ridisegnata e snaturata come potenza che si arroga il diritto di intervenire militarmente sia in aree vicine come Nordafrica, Medioriente o Balcani, sia ovunque siano in gioco gli interessi di potenze rappresentati dalla Nato sotto comando degli Stati Uniti.
Siamo al suicidio della politica costituzionale? Il Parlamento per ora tace. Viene messa in disparte ogni proposta riguardante la riduzione delle spese militari con l’eventuale loro riconversione sociale; la verifica dell’attuazione della legge 185/90 sul commercio delle armi; l’iniziativa ONU per il disarmo nucleare; il progetto per una Difesa non armata e nonviolenta.
Su tutto questo “Pax Christi non ci sta!”
Del tutto convergente la valutazione espressa da Manlio Dinucci sul Manifesto che parla di “golpe bianco, che sta passando sotto silenzio” e di demolizione dei pilastri costituzionali della Repubblica italiana. Analoga anche la preoccupazione che l’utilizzo delle Forze armate all’interno del paese con “compiti di straordinaria necessità e urgenza” si presti a misure autoritarie e strategie eversive.
“Il nuovo modello – scrive Dinucci – accresce fortemente i poteri del Capo di stato maggiore della Difesa anche sotto il profilo tecnico-amministrativo e apre a «dirigenti provenienti dal settore privato» incarichi chiave che “permetteranno ai potenti gruppi dell’industria militare di entrare con funzioni dirigenti nelle Forze armate e di pilotarle secondo i loro interessi legati alla guerra”.
In conclusione. “Non resta che riscrivere l’Articolo 1 della Costituzione, precisando che la nostra è una repubblica, un tempo democratica, fondata sul lavoro dell’industria bellica”
Le modifiche al codice dell’ordinamento militare e il disegno di legge applicativo del “Libro Bianco” starebbero destando allarme, inquietudine e malumore anche all’interno delle Forze Armate, che temono che “chi sarà in grado di condizionare il Capo di Stato Maggiore della Difesa finirà per controllare tutto l’apparato delle stellette, comprese le carriere e i vertici delle Forze Armate per decenni”.
Nonostante l’aumento delle spese militari, la Difesa intende anche risparmiare sul personale.
I dipendenti passeranno da 190 mila unità a 150 mila, entro il 2024 ed è prevista anche la riduzione dei contratti a tempo indeterminato. Mentre oggi l’82 per cento dei dipendenti della Difesa ha un contratto a tempo indeterminato, il modello proposto preveda un 60 per cento del personale a tempo indeterminato ed un 40 per cento che “dopo alcuni anni di esperienza militare venga accompagnato a lavori diversi”.
Motivo addotto, la riduzione dei “drammatici effetti sull’invecchiamento del personale”.
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