La marcia è durata 14 giorni ed è stata organizzata dal movimento Donne per la pace (Women Wage Peace)>. Fondato nell’estate del 2014 da un piccolo gruppo di israeliane, durante un attacco a Gaza, il movimento è cresciuto rapidamente e adesso può contare sul sostegno di migliaia di donne in tutto il paese.
Da incontri nelle case per individuare strategie creative che costringessero la politica a impegnarsi nella realizzazione di un accordo di pace, le ‘Donne per la pace’ sono passate all’organizzazione di momenti pubblici di notevole impatto, anche mediatico.
Nel 2015, per commemorare i bombardamenti su Gaza del 2014, hanno organizzato l’Operazione digiuno, montando una tenda bianca davanti alla residenza di Benjamin Netanyahu e digiunando a turno per 50 giorni, l’equivalente della durata del conflitto.
La ‘Marcia della speranza’ di quest’anno ha incluso micro-marce in tutto Israele e ha coinvolto migliaia di persone, anche donne palestinesi e giordane che hanno marciato dalla loro parte del confine.
Laiche, religiose, di vario orientamento politico, provenienti da ogni settore della popolazione, sono unite da una richiesta: «Che i nostri leader politici lavorino con rispetto e coraggio, includendo la partecipazione delle donne per trovare una soluzione al conflitto. Solo un accordo politico onorevole può assicurare il futuro dei nostri figli e nipoti».
Hanno in programma altri eventi e stanno cucendo relazioni con altre realtà che camminano nella loro direzione. Agli ultimi tre giorni della marcia è stata presente Leymah Gbowee, l’attivista liberiana che ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace (assieme a Ellen Johnson Sirleaf e alla yemenita Tawakkul Karman) per aver guidato il movimento nonviolento composto da donne cristiane e musulmane che ha contribuito a porre fine alla guerra civile in Liberia.
«Questi giorni sono stati per me un tonante sì: la pace è possibile. Questi giorni sono una manifestazione e un messaggio: davvero c’è un partner per la pace», ha detto. E ha lanciato alle donne un messaggio chiaro: «Fare la pace è una cosa difficile, richiede un prezzo. Richiede di avventurarsi in luoghi che non avete mai immaginato assieme alle vostre sorelle palestinesi. Vi farà perdere amici e sacrificare la famiglia. Se non siete pronte, fate un passo indietro».
Della marcia hanno parlato diversi giornali on line, in particolare il sito ‘Bocche Scucite, voci dalla Palestina occupata‘, a cui lavora don Nandino Capovilla di Pax Christi, il movimento internazionale di cui fa parte il PuntoPace di Catania, da sempre impegnato nella difesa dei diritti del popolo palestinese.
Per la Marcia della Speranza cantanti israeliane e palestinesi hanno composto e cantato la Preghiera delle Madri e hanno realizzato un video che oggi vi riproponiamo.
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