E’ trascorso un anno dalla demolizione della villa di via Ciccaglione 56, un edificio di inizio novecento, un tempo di proprietà del marchese Spinelli. Tra lasciti e vendite, è passato successivamente nelle mani di enti pubblici, associazioni no profit e privati cittadini.
La demolizione indusse la città a riflettere, come in occasioni analoghe, sulla perdita dei beni architettonici di valore storico, sostituiti in genere da anonimi condomini.
Ma forse c’è qualcosa di più da capire su questa demolizione, che potrebbe avere profili di illegittimità.
Ricostruiamo la vicenda sulla base dei dati in nostro possesso, quelli di dominio pubblico.
Tra gli eredi designati dal marchese ci sarebbero la Croce rossa, l’ospedale Vittorio Emanuele di Catania e l’arcivescovo di Palermo.
Quest’ultimo avrebbe monetizzato subito il bene vendendo la propria quota a dei privati. Croce rossa e Vittorio Emanuele avrebbero invece conservato la proprietà fino alla recente cessione, a cui è seguito l’abbattimento e un progetto di ‘ricostruzione’.
‘Lavori per la costruzione di un edificio di civile abitazione’, leggiamo sul cartello esposto davanti al cantiere, in cui i lavori sembrano attualmente sospesi.
Da nessuna parte, però, abbiamo trovato citato un parere espresso dalla Soprintendenza, un parere necessario anche se l’immobile non ricadeva – sia pure per poche centinaia di metri – all’interno del Centro storico.
Il Codice dei beni culturali (decreto legislativo 22 gennaio 2004 n° 42), infatti, definisce così un bene culturale:
“Sono beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etno-antropologico”. (articolo 10)
La Croce rossa, “persona giuridica di diritto privato” anche se “di interesse pubblico” è una “associazione senza fini di lucro”. Rientra quindi in una delle categorie indicate dal primo comma del suddetto articolo.
A maggior ragione l’ospedale Vittorio Emanuele, ente pubblico a tutti gli effetti.
Essendo per un terzo di proprietà dello Stato/Regione, per un altro terzo di “persona giuridica privata senza scopo di lucro”, e ricorrendo le condizioni previste dall’articolo 12 del Codice (“opera di autore non piu’ vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre cinquanta anni“) la villa doveva – a nostro giudizio – essere considerata un bene culturale e quindi vincolato,
Di questi beni va comunque verificata la sussistenza dell’interesse artistico e storico (articolo 12, comma 2), d’ufficio o su richiesta dei soggetti cui il bene appartiene.
Il bene può anche essere riconosciuto privo di interesse e può quindi essere “sdemanializzato” (comma 6) e liberamente alienato.
Se invece ne viene riconosciuto l’interesse, il bene resta sottoposto “alle disposizioni del presente Titolo” e la relativa scheda descrittiva confluisce in un apposito archivio.
Sempre nel Codice dei beni culturali (articolo 59) leggiamo che, in caso di trasferimento, “in tutto o in parte, a qualsiasi titolo”, della proprietà del bene culturale, l’atto deve essere denunciato entro trenta giorni al competente Soprintendente, anche per salvaguardare il previsto diritto di prelazione da parte dello Stato.
In caso di mancata denuncia, l’atto è nullo.
Non sappiamo se la villa del marchese Spinelli fosse un edificio di pregio che andava tutelato e conservato. Sappiamo però che, sulla base di quanto rilevato, solo il parere negativo della Soprintendenza poteva permetterne l’alienazione.
Ecco perchè, al di là del fatto che la demolizione di un edificio del passato rincresce a chi abbia a cuore la memoria storica della nostra città, le domande sono altre.
E riguardano non solo la richiesta di parere alla Soprintendenza e la relativa eventuale risposta ma anche l’esistenza di un censimento – effettuato dalla stessa Soprintendenza – delle opere di interesse culturale presenti a Catania, periodicamente aggiornato e, soprattutto, messo a disposizione dei cittadini.
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Alla cortese attenzione del Movimento 5 stelle
Si legge in questo articolo uscito su sudpress relativo al centro san leone:”si potrebbe ridurre la spesa degli affitti passivi, ma il Comune preferisce rinnovare gli affitti stellari ai Virlinzi”
si legge nel provvedimento del comune di catania:
” il canone annuo di locazione, da pagare a mensiiità anticipate, resta convenuto ed accettato
in € 208.000000 ”
Questo l’indirizzo ove è pubblicato l’articolo di sudpress:”
http://www.sudpress.it/gli-affitti-milionari-del-comune-di-catania-e-il-centro-san-leone/
Si legge sul sito della agenzia delle entrate per la sede di catania:”considerato, pertanto, che la Direzione Regionale della Sicilia ha avviato
una ricerca pubblica di mercato, in esito alla quale è pervenuta un’unica
offerta da parte della società “VIR Immobiliare S.p.A.”, già proprietaria
dell’attuale sede degli Uffici dell’Agenzia a Catania, la quale ha proposto
lo stesso immobile con superfici minori con un’offerta economica della
proprietà pari a euro 1.526.705,10 annui al netto IVA, euro 1.862.580,22 al
lordo IVA;”
Ma quale è stata la ricerca compiuta dalla agenzia del demanio, conduttore unico delle pubbliche amministrazioni, per la sede di via orlando?
con lettera protocollo 27 luglio 2016 si pubblicava avviso in cui si legge, a pagina 3, che le offerte dovevano pervenire entro il 15 settembre 2016.
Quindi il periodo dell’avviso era sostanzialmente il mese di agosto 2016.
Adesso si eccepisce che non c’e una sede e che l’unica offerta è quella della vir immobiliare.
E perchè mai l’immobile che era pubblico e già adibito a sede è stato dismesso a una srl privata che lo ha acquistato ridandolo in affitto dalla agenzia delle entrate?
quale è il significato economico di tutta l’operazione? quale il profitto per l’amministrazione?
E’ la scelta economicamente conveniente quella di vendere, riprendere in affitto, rinnovare i contratti di locazione, pubblicare avvisi ad agosto per la ricerca degli immobili, senza contemporaneamente avviare un programma completo di valorizzazione di immobili pubblici ove ubicare la sede?
non è il caso di rescindere il rinnovo e comprare una sede, ad esempio perchè non acquistare palazzo bernini invece di cederlo a privati, per valorizzarlo?
Ma gli immobili pubblici non mancano, per cui queste scelte proprio non potrebbero mai trovare alcuna giustificazione e nel frattempo si continua a rinnovare l’affitto.