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#OpenEurope, un progetto anti Hotspot

Hotspot, in italiano punto di crisi, e cioè, nel contesto dei flussi migratori verso l’Unione europea, punto di primissimo smistamento o anche zona di frontiera esterna dell’Unione europea.
Dovrebbe essere, secondo la definizione della stessa Commissione Europea una “soluzione operativa per situazioni di emergenza”, ufficialmente creata per accelerare l’elaborazione delle richieste di asilo e garantire un ritorno più rapido delle persone respinte.
Di fatto l’Europa tende sempre più ad allontanare i migranti oltre le sue frontiere.
Oxfam Italia, Borderline Sicilia e Diaconia Valdese vogliono combattere l’esclusione e la marginalità sociale contrastando questa tendenza e avviando un progetto, #OpenEurope, a favore di coloro che risultano esclusi dal sistema di accoglienza a causa della crescita dell’approccio hotspot, voluto dall’Unione Europea.
Oxfam Italia è un attore globale specializzato nel rispondere alle emergenze globali e ha come primo obiettivo, sempre e ovunque, salvare vite. Lavora in Sicilia dal 2015 nel settore dell’accoglienza.
Borderline Sicilia  fornisce una rete di propri avvocati che istruiscono numerose pratiche di ricorso verso i provvedimenti di respingimento .
Diaconia Valdese ha un rapporto di collaborazione con Oxfam sui temi dell’accoglienza e dell’integrazione anche a livello nazionale e contribuisce in Sicilia ad offrire centri di accoglienza e mediatori linguistico culturali.
Più specificamente il  loro progetto si propone di assistere: i destinatari di un decreto di respingimento differito o di un illegittimo provvedimento di cessazione o revoca dell’accoglienza, i minori stranieri non accompagnati e neomaggiorenni esclusi dall’accoglienza,  i richiedenti asilo sottrattisi alla relocation forzata, cioè al trasferimento. Sarà loro garantita assistenza legale e alcuni posti letto in una struttura a Pachino.
Si teme infatti – come leggiamo nella presentazione del progetto – che molte persone, spinte fuori dal sistema nazionale di accoglienza, restino “abbandonate a loro stesse, senza certezza su quali siano i loro diritti, in condizione di estrema vulnerabilità“.
Anche perchè “le persone respinte, lasciate senza documenti e in una situazione nella quale il loro status è irregolare, sono a rischio di cadere nella rete del traffico di persone e del lavoro nero, e la paura impedisce loro di chiedere aiuto”.
Gli Hotspot attivi in Sicilia sono quelli  di Lampedusa,  Pozzallo e Trapani. Oltre stretto ce n’è uno a Taranto. E poi ci sono i punti mobili con il personale delle Agenzie Europee e del Ministero dell’Interno che si sposta sul territorio siciliano presso i diversi luoghi di sbarco, in attesa della formalizzazione di un vero e proprio Hotspot mobile team.
Il tutto all’interno di un quadro legale poco chiaro e con possibili violazioni dei diritti dei migranti per quanto riguarda le richieste di protezione internazionale. Per liquidare le richieste solo poche domande fatte in fretta a persone stressate da un viaggio lungo, difficile e doloroso. Migliaia gli esclusi.
Le organizzazioni suddette ritengono che l’Europa debba urgentemente riconsiderare il trattamento che offre alle persone che arrivano ai suoi confini e assicurarsi che ogni essere umano, a prescindere dal suo status, veda garantito il rispetto dei suoi diritti fondamentali e della sua dignità.
Per questo Oxfam, Borderline Sicilia e Diaconia Valdese vogliono fare pressione sulle istituzioni a livello regionale, nazionale e internazionale per lo sviluppo di un sistema di garanzie legali al momento inesistenti e per la definizione di un opportuno quadro giuridico che garantisca tutela dei diritti e definizione di chiare responsabilità.
Chiedono inoltre al governo italiano e all’Unione Europea di garantire, alle organizzazioni indipendenti, l’accesso regolare ai punti di sbarco e nei centri hotspot  di modo che possano offrire supporto ai migranti e monitorare il rispetto dei diritti umani.
Per eventuali segnalazioni, scrivere a openeurope@oxfam.it

Argo

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